“Energie Contemporanee”, dal Gazometro emergono nuovi immaginari

Totem, altari e personaggi fiabeschi fanno della mostra romana una piattaforma di ricerca per nuovi punti di riferimento

Nel 1974, all’interno del parcheggio sotterraneo di Villa Borghese, Achille Bonito Oliva curava Contemporanea, una grande manifestazione che convogliava nello spazio progettato da Luigi Moretti i fermenti più intensi del panorama artistico del tempo. Trascorsi cinquant’anni, lo spirito dell’iniziativa torna nella Capitale con Energie Contemporanee, una collettiva che si rifà all’antecedente degli anni Settanta, ricalcandone la scelta dell’allestimento e creando assonanze rispetto ai criteri programmatici.

Pensata per il sito del Gazometro di Roma Ostiense, la rassegna è stata ideata e curata da Spazio Taverna, progetto curatoriale fondato nel 2020 da Ludovico Pratesi e Marco Bassan, ed è stata promossa da Eni. La mostra rappresenta infatti il primo appuntamento di “Arte al Gazometro”, un nuovo format lanciato dall’azienda con lo scopo di portare anche l’arte in un complesso dalla vocazione industriale, sfruttando le sue potenzialità come luogo di innovazione in ottica transdisciplinare. D’altra parte, il progetto rinnova il rapporto con l’arte e la cultura, «un’eredità storica di Eni», come ha ricordato all’inaugurazione Mattia Voltaggio, Responsabile di Joule – Scuola di Eni per l’Impresa, che ha presentato la mostra con Ludovico Pratesi e Marco Bassan. La rassegna sarà esposta dal 2 giugno al 30 ottobre 2024 e potrà essere visitata durante le giornate di apertura al pubblico che Eni organizza con FAI – Fondo Ambiente Italiano, oltre che nel corso di eventi come Videocittà e Maker Faire Rome – The European Edition.

“Energie Contemporanee”: da Villa Borghese al Gazometro

Energie Contemporanee si trova al piano -1 del Gazometro 3, in un parcheggio sotterraneo. «La coincidenza con la grande esposizione di Achille Bonito Oliva, la più ampia dal dopoguerra, l’abbiamo scoperta un po’ in corso d’opera», ha dichiarato Ludovico Pratesi. Disposta in uno spazio circolare, la mostra si rifà all’allestimento che l’architetto Piero Sartogo aveva realizzato nel 1974 per Contemporanea, in cui un flusso di neon azzurro orientava la suddivisione della rassegna in aree tematiche. Qui l’elemento cromatico viene applicato alla luce naturale, con l’installazione di filtri della stessa dominante agli oblò del parcheggio, in genere vuoti. Una scelta, questa, che conferisce allo spazio l’aspetto di un acquario.

Davanti a ciascun oblò, il campo d’azione per ciascun artista. Camilla Alberti, Giulio Bensasson, Benni Bosetto, Ambra Castagnetti, Giovanni Chiamenti, Numero CromaticoBinta Diaw, Federica Di Pietrantonio, Clarissa Falco, Andrea Mauti, Lucas Memmola, Lulù Nuti, Katya Ohii, Iacopo Pinelli, Matilde Sambo, Alberto Scodro e Agnes Questionmark sono i diciassette protagonisti di Energie Contemporanee. «Achille Bonito Oliva definì Contemporanea un’antologica dell’esistente, perché offriva uno sguardo sull’arte dal 1955 al 1973», ha spiegato Pratesi. «Questa mostra invece è l’opposto – ha proseguito – perché presenta un’idea di quello che verrà. Infatti, abbiamo scelto tutti giovani artisti italiani o attivi in Italia dall’età compresa tra i 25 e i 35 anni e abbiamo chiesto loro che idea hanno dell’energia contemporanea, quali sono le frontiere verso le quali il mondo si sta muovendo. Mentre Contemporanea prendeva le mosse dal passato per arrivare al presente, Energie Contemporanee crea una tensione dal presente al futuro».

Costruire nuovi immaginari: come si supera la postmodernità?

Energie Contemporanee incarna in primo luogo una distanza. Come anche altrove tra le recenti occasioni espositive – si pensi a RENAISSANCE da Museion – gli artisti, i loro lavori e le scelte curatoriali rivelano nuovi fermenti costruttivi, esito di un crollo dei punti di riferimento ormai digerito. Se nel caso bolzanese l’operazione era rivolta al passato, trattandosi di un’elaborazione dell’eredità culturale, la mostra romana accoglie nello spazio circolare del Gazometro un caleidoscopio di forme e contenuti che, finita l’era della decostruzione, sperimentano inediti impulsi positivi, volti a costruire nuovi immaginari.

Dissolvendo i confini tra le discipline, le opere in mostra uniscono le humanities alla ricerca scientifica, muovendosi tra esplorazione materica e intelligenza artificiale. «Gli artisti scelti – ha dichiarato Marco Bassan – hanno nella loro indole il desiderio di immaginare il futuro, sia pure in maniera inconsapevole». E il futuro, nella proposta espositiva, è fatto di materiali trovati, come le “rovine” di Camilla Alberti assemblate in un altare, di processi di decomposizione dalle rotte impreviste, di cui Giulio Bensasson restituisce un’istantanea, o ancora di animali fiabeschi e mostri marini, protagonisti dei lavori di Katya Ohii e Agnes Questionmark.

Come quest’ultima, che combina video e scultura, anche Numero Cromatico intreccia linguaggi, con un’installazione che riporta le poesie elaborate da un’intelligenza artificiale programmata dal collettivo, o Andrea Mauti, che racconta l’immaginario urbano parigino tra l’incendio di Notre-Dame e le barricate. O ancora, il futuro si compone di elementi aurorali, come il suono montano che proviene dal totem pubblicitario di Lucas Memmola, o l’opera di Lulù Nuti, ispirata al gesto iconico di San Giorgio, o la nascita della vita restituita nel video di Giovanni Chiamenti.

In mostra anche cyborg destrutturati e frammenti corporei che riversano cavi, come nei lavori di Clarissa Falco e Benni Bosetto, e i girasoli galvanizzati realizzati da Alberto Scodro, fino all’architettura di tubature costruita da Federica Di Pietrantonio per il suo avatar. Costellato dalle forme acrobatiche proposte da Binta Diaw e Ambra Castagnetti, oltre che dalla macchina “stanca” di Iacopo Pinelli e dal simulacro di Matilde Sambo, il percorso «richiede di essere letto – ha affermato Bassan – perché non si tratta di una mostra concettuale». E una lettura che sembra emergere da Energie Contemporanee risiede nella capacità della rassegna di catalizzare i più vivaci fermenti della scena artistica odierna in uno spazio che ne valorizzi il carattere rifrangente. In altre parole, la mostra rivolge in positivo lo smarrimento che le humanities hanno sperimentato di fronte alla dissoluzione degli auctores, accogliendo la molteplicità e configurandosi come una piattaforma di ricerca del nuovo. Ed è in uno dei luoghi della città contemporanea che quei subbugli creativi, non più solo sotterranei, cominciano ad affiorare.

info: eni.com