Le parole di Jenny Holzer (ri)accendono il Guggenheim di New York

Jenny Holzer, poetessa dell'arte per eccellenza, riproduce al Guggenheim di New York una sua iconica installazione del 1989. Arricchiscono il percorso dipinti e opere su carta

Light Line, visibile al Guggenheim di New York fino al 29 settembre 2024, è la storica rivisitazione di una installazione di Jenny Holzer del 1989 sempre nella medesima istituzione e considerata ancora oggi capolavoro della word art. La mostra è stata organizzata da Lauren Hinkson, naturalmente affiancata dalla conservatrice dei media Lena Stringari.

L’opera Installation for the Solomon R. Guggenheim Museum (1989/2024) invade con potenza le sei rampe del museo sino all’oculus dell’edificio: un display ampio e un susseguirsi incisivo di parole, con una serie di testi illuminati e ripresi dalle sue serie più iconiche come Truisms e Inflammatory Essays, messaggi più complessi e articolati. Ad arricchire l’esposizione anche alcuni dipinti e opere su carta realizzate dagli anni ’70 fino ad oggi e che ben denotano la sua personalità artistica.

Verità ovvie come L’inizio della guerra sarà segreto o Proteggimi da quello che voglio, diventano status di una rappresentazione estetica concettuale che, a distanza di anni, continua a colpire il senso comune di ognuno e qualunque tipo di pregiudizio in cui tropo spesso anneghiamo. Un LED gigantesco in cui si susseguono pensieri che inconsciamente ci vengono indotti, discorsi interiorizzati in monologhi interiori ora dissolti nella rumorosa luminosità dei pixel, che sistematicamente si accendono e spengono.

La Holzer banalmente (e genialmente) inventa idiomi, comprende il potere della parola, trasforma i testi in luce, in una poesia artistica provocatoria e di impatto. Un linguaggio assertivo, imperativo e perchè no, talvolta esplicito, violento e contradditorio in un contesto di fruizione che raramente, in realtà, sceglie l’istituzione prediligendo supporti non a caso più alienanti, come cartelloni pubblicitari, portiere dei taxi, magliette o confezioni di profilattici.

Il suo obiettivo non è mai stato quello di parlare un determinato linguaggio dell’arte, bensì arrivare a chiunque nella sua arte – anche per caso – si imbattesse.  “I am awake in the place where women die” – sono sveglia nel luogo dove muoiono le donne –  scriveva tra il 1993 e il 1994 nella sua serie Lustmord (parola tedesca utilizzata per indicare un omicidio sessuale in relazione a un avvenuto stupro), lavoro creato per attirare l’attenzione sulle decine di aggressioni sessuali avvenute durante la guerra in Bosnia. Un linguaggio semplice, diretto, spaventoso. Parole e nient’altro, nient’altro da aggiungere.

info: guggenheim.org