Ecosistemi di convivenze tra corpo e malattia: la prima personale di Wynnie Mynerva in Italia

Alla Fondazione Memmo di Roma ha preso forma Presagio, la mostra dell'artista peruviana che rompe i pregiudizi sulla malattia

È possibile concepire gli affreschi barocchi di Roma come un contemporaneo invito alla riflessione? È possibile collegare i corpi nerboruti dei personaggi alla “malattia”?
Wynnie Mynerva, artista peruviana nata Villa El Salvador, nella periferia di Lima, lo ha fatto, portando avanti una ricerca approfondita sia da fonti teoriche che iconografiche. Presso la Fondazione Memmo di Roma ha aperto la sua prima mostra personale in Italia: il progetto si articola come punto di chiusura di una residenza artistica svolta nel mese di febbraio nella capitale, in cui Mynerva ha abitato e ha passato molto tempo con il naso all’insù ad osservare i corpi e le figure che prendono vita nei palazzi e nelle chiese romane.

Ha aperto il 7 maggio Presagio, mostra curata da Alessio Antoniolli che racconta una linea estetica densa e complessa ma allo stesso tempo avvolgente e ipnotica. Il percorso raccoglie anche alcune “prime volte” di Mynerva: l’uso del carboncino, di nuove tecniche di pittura e l’utilizzo del vetro soffiato, vengono raccontati in alcune opere presenti che tracciano tappe importanti per la riflessione dell’artista. Lo studio dei corpi barocchi la porta a ragionare sulla sua realtà, quella di una malattia cronica: nelle grandi tele si dispiegano forme mescolate e sinuose, espressione della volontà dell’artista di sottrarre la visione del corpo dalla distinzione binaria tra malato e sano. Gli studi di Mynerva giocano un ruolo importante per questo ragionamento: del corpo e “le sue metafore” di Susan Sontag, l’artista condivide il portato culturale e politico e intende costruirne (pittoricamente o scultoreamente) degli organismi in relazione. Essi diventano entità ecologiche itineranti, un holobiont, dalla definizione della biologa Lynn Margulis, ovvero un organismo composto da più ecosistemi che vivono in simbiosi tra loro. Così Mynerva intente sfatare i pregiudizi verso la malattia, con una visione unita di corpo e organismi abitanti.

La pratica dell’artista è multidisciplinare, approfondita e lavora sui traumi collettivi e sulla risposta ad essi: in questa mostra il punto di vista è quello del corpo malato, che guarda sé stesso e ciò a cui si rapporta. Il percorso porta lo spettatore in un ambiente liminale, tra il fisico e lo psichico: la prima sala presenta una serie di disegni fatti a carboncino, posizionali al centro della sala e non a parete. Qui i corpi lottano e si muovono, in spazi bui fatti di ombre in movimento. L’allestimento sembra voler includere lo spettatore in questo continuo mescolarsi di forme: il suo corpo entra in relazione con le opere e ne sente la presenza fisica.

installation view at Fondazione Memmo; courtesy Fondazione Memmo, Rome, photo Daniele Molajoli

La seconda sala si articola come un moderno soffitto affrescato, con grandi tele rotonde apposte al soffitto: riconoscere il corpo in queste tele è un processo più labile e ciò fa perdere quasi la centralità di esso, o meglio, sottolinea quanto possa fondersi con le altre forme, in perfetta simbiosi con il concetto di holobiont. L’idea di un affresco contemporaneo deriva sia dallo studio dei soffitti romani ma anche dalla volontà di approfondire il gesto del guardare in su: visitando un luogo affrescato, ma anche rimanendo costretti nel letto a causa di una malattia.

Questa riflessione deriva dallo studio di Mynerva sul saggio di Virginia Woolf, Sulla Malattia, scritto nel 1925: da esso si sviluppa il ragionamento sul “punto di vista del malato”, a cui l’artista vuole dare un universo diverso da contemplare. Fatto di fusioni, tendente allo spirituale e quasi al mitologico, lo spazio che Mynerva dipinge vuole ragionare anche sulle metafore legate alla malattia: il corpo, soprattutto quello malato, viene spesso raccontato come “in battaglia”. Le metafore riportate da Sontag, come “vincere la lotta contro il cancro”, si rivelano profondamente centrali nell’esistenza di una persona malata, che vive anche in relazione all’immagine di sé che viene diffusa socialmente. Mynerva crea con le sue opere un ambiente in cui virus, malattia e corpo convivono, scardinando le narrazioni discriminanti.

La sala finale ospita una serie di sculture in vetro realizzate in collaborazione con gli artigiani di Venezia: mescolando forme animali, vegetali e umane, la convivenza tra esistenze si materializza in uno spazio accogliente, imbevuto di blu Klein dalle pareti al pavimento. Quest’ultima sala testimonia ancor di più quanto gli intenti artistici di Mynerva rispecchino le sue esperienze: le convivenze tra le forme che realizza rappresentano l’ecosistema di relazioni avute, dalla famiglia a Venezia, fino alla residenza romana. La tessitura di compresenze assolute riporta il senso spirituale della sua pratica: una spiritualità non religiosa, che ambisce invece ad un rapporto con una “grandezza” che vada oltre l’umano.

Visitabile fino al 3 novembre, Presagio rappresenta una passeggiata di riflessioni contemporanee, come quella che ha operato Mynerva tra le strade di Roma.

photo Daniele Molajoli

Wynnie Mynerva, Presagio
a cura di Alessio Antoniolli
fino al 3 novembre 2024
Fondazione Memmo – Via della Fontanella di Borghese, 56/b, Roma
info: fondazionememmo.it