Basile Contemporary ha inaugurato la mostra Trialogo con le opere di Matteo Basilé, Danilo Bucchi e Paolo Grassino, a cura di Gianluca Marziani, il 23 marzo. La collettiva è stata fortemente voluta dalla gallerista Rosa Basile in collaborazione con l’art dealer Giuliano Rocca. La Basile Contemporary è nata nel 2021 ed ha immediatamente vinto il Premio “Young” come migliore galleria under 5 con il progetto “Sulla Linea”di Paolo Grassino nella prima edizione di “Roma Arte in Nuvola”.
Rispetto alla politica della galleria nei confronti delle Fiere, Basile commenta: «La fiera è un mezzo ulteriore per far conoscere la galleria e gli artisti, qualora si trattasse di un giovane, ma in generale promuovo i middle carrier quindi artisti noti nel panorama del contemporaneo. Mi affaccerò ad altre fiere, già penso per l’anno prossimo di partecipare alla Fiera di Bologna, con uno sguardo a kermesse estere.” Un commento di Giuliano Rocca sulla mostra: “Insieme alla gallerista Rosa Basile abbiamo pensato che i tre artisti in mostra dialogassero bene insieme e, grazie all’intervento di Gianluca Marziani, siamo riusciti a trovare la liaison per creare questo trialogo interessante, scegliendo poche opere emblematiche degli sviluppi della produzione di ognuno con uno scambio di visioni».
Il “Trialogo” è in realtà un dialogo tra tre artisti differenti per stili e linguaggi, ma uniti da qualità estetiche e tematiche, non da ultimo, si sono affacciati alla scena artistica negli anni Novanta del Novecento. Dalle parole di Gianluca Marziani: «Lo spunto è nato da Giuliano Rocca che immaginava un triangolo generazionale. Paolo Grassino è stato l’artista da cui siamo partiti perché artista della galleria di Rosa, poi Danilo Bucchi e Matteo Basilé sono due artisti molto legati alla mia storia di critico e a Giuliano come art dealer. Volevamo delle comunanze delineando però tre storie molto precise e stratificate nel tempo sia per Danilo come pittore che per Matteo come fotografo digitale che per Paolo come scultore. Ho cercato di immaginare non una collettiva ma una sorta di installazione unica scegliendo lavori di ognuno che insieme agli altri rendessero l’idea di un dialogo tra le parti che si incentra sulla chiave del segno, evidente in Bucchi, ma anche nelle linee e nei tagli di Basilé che tende ad incidere con una personalità molto forte nel suo lavoro, e nelle materie che girano seriali che ricoprono un movimento continuo di Grassino, ad esempio con la scultura Maree. Infine c’è una riduzione all’essenza cromatica di bianco e nero quindi una sorta di riduzione iconografica che poi è la chiave che secondo me lega bene tutto».
Matteo Basilé, classe ’74, lavora da molti anni con la fotografia digitale unendo tecnologia e arte con una tendenza al surreale, ad indagare la materia del sogno senza abbandonare un appiglio alla realtà che rimane un ancoraggio al volo della fantasia. In questa mostra presenta un dittico di grandi dimensioni e due ritratti. Così definisce queste opere: “Il dittico rappresenta due frammenti di un grande viaggio unico del 2016 da cui nasce un progetto ampio che si chiama Pietrasanta. Sono due finestre che guardano queste cave immaginarie da una parte e fisiche e reali dall’altra dove all’interno, sono le cave di Colonnata a Carrara, ci sono alcuni miei personaggi; il titolo Marble Adam nasce perché la figura presente è per me l’ultimo uomo e, allo stesso tempo, il primo uomo ritrovato in questo mio viaggio onirico: è come se fosse un Adamo contemporaneo che si riscopre in questa cattedrale, luogo sacro dove ai suoi piedi c’è una balena come se il mare si fosse ritirato e gli unici testimoni di un mondo che sta cambiando sono questo uomo e questo mammifero gigantesco all’interno della cava. Mentre i due ritratti di donna all’interno della mostra sono parte di un ciclo che arriva dopo, nel 2022, e che è un omaggio alla femminilità dove bellezza, religione e inquietudine si incontrano. Ciò che unisce i due lavori è che nel caso di Pietrasanta è l’inizio di un percorso che guardava al bianco e nero mentre i ritratti sono i miei primi bianco e neri.”
Danilo Bucchi, classe ’78, è un artista che incentra la sua creatività principalmente sul disegno e la pittura: ha un corpo a corpo con l’opera nel tracciare le sue linee e acuisce l’impatto visivo con segni di grande coinvolgimento emotivo. I suoi tratti si avvicinano alle creazioni degli street artists, ma anche al dripping di Pollock o alla tradizione dell’astrazione europea delle prime avanguardie. Si discosta da tutto ciò per arrivare ad un linguaggio del tutto personale. Si situa tra figurazione e astrazione, così commenta: “Non posso parlare io del mio rapporto con il confine tra astrazione e figurazione. Achille Bonito Oliva mi ha definito “figurabile” per il fatto che mi colloco tra questi due poli, però penso che all’astrazione ci si arriva, è un percorso lungo, sicuramente arriverò all’astratto, ma per ora ci sono ancora delle tracce figurative.” Le opere presentate in mostra fanno parte dell’ultimo ciclo di lavori dell’artista che nasce nel 2023 che non a caso si chiama “Volumi”: “La denominazione del ciclo è una metafora che si accosta al volume della musica, quindi ho alzato di livello il segno, gli ho dato più spessore, aumentando ciò attraverso il “volume” dò ancora più forza al mio tratto.” Il segno diventa quasi tridimensionale, quasi tattile. Il ritmo si raffigura come nuovo leitmotiv nel suo percorso.
Paolo Grassino, classe ’67, è uno scultore che utilizza dalla gomma sintetica, al legno, al polistirolo, alla cera, al cemento, al ferro e all’alluminio. Ciò che lo guida è la tematica, per ogni tematica differente usa un metodo ed una tecnica diversi con materiali ed oggetti diversi. Lo interessano riflessioni sulla nostra esistenza, temi perenni dell’uomo dai suoi albori fino alla contemporaneità. Ad esempio dichiara che: «in Maree il grumo di cani l’uno sull’altro rappresentano la condizione dell’uomo contemporaneo perché non hanno né orecchie né coda e quindi sono carenti dei sensi che ci permettono la vicinanza con la natura; la marea invaderà il nostro spazio vitale, come quello dei cani in questa scultura, se non cambiamo atteggiamento verso la natura, e la cosa sta già accadendo». Continua parlando dei calchi di teste in mostra: «per queste opere – Testa I e Testa II – ho utilizzato cemento e tondini di ferro facendo un calco sul mio volto da cui partono delle orbite. I materiali sono quelli dell’edilizia, quindi molto terreni, ma nelle orbite c’è l’aspirazione ad andare verso gli astri, il cosmo, ciò che non conosciamo. È un mio desiderio che però accomuna l’umanità». Della sua scultura Ali, dice: “l’ispirazione mi è venuta dalla poesia di Montale Meriggiare Pallido e assorto che indica una situazione di prigionia dell’uomo che non può andare oltre un muro invalicabile. La scultura è composta di un busto di donna in cemento e le ali che ha che sono di vetro. Quindi, nonostante gli ostacoli, le ali, seppur di vetro, indicano che si può sempre fuggire.” Infine descrive Resa: «il dittico in acrilico su carta indica un sentimento forzato di resa: mentre si tengono le mani alzate il sangue defluisce a poco a poco, quindi le mani saranno disegnate da linee sempre minori. È un ciclo più complesso di cui ho portato solo una parte».
«Per l’installazione della mostra – dice Gianluca Marziani – ho cercato un file rouge tra gli elementi che avevo a disposizione: ad esempio la testa scultorea di Grassino che guarda lo spazio, la sua scultura con i cani verso il cetaceo del dittico di Matteo sullo sfondo della galleria. Per trovare delle linee invisibili sono dovuto partire dall’opera Maree di Paolo, essendo una scultura importante, rappresentava un po’ l’asse centrale dello spazio su cui dovevano ruotare attorno le altre opere. Nella parete entrando a destra vi è un lavoro bidimensionale di Grassino, Resa, molto interessante e in dialogo perfetto con i tondi di Danilo perché non sono simili ma hanno assonanze visive; abbiamo poi scelto due ritratti di Matteo di un formato che funzionasse in quella parete e che testimoniano il suo lavoro più recente. Tutti e tre realizzano quel suono che rende le cose familiari sempre nel rispetto del bianco e nero. Sulla parete di sinistra spicca Volume 005 di Bucchi, un pezzo importante e inedito di grande formato, accanto un quadro nero.“ Conclude il curatore: “escono fuori tre racconti generazionali di tre grandi artisti italiani con una maturità ormai acquisita, quindi anche nella scelta dei lavori abbiamo cercato di esporne tre museali, il dittico di Basilé, il grande quadro di Bucchi e la grande scultura di Grassino, che poi abbiamo completato con una serie di altre opere».