Jacopo Benassi e il suo ‘Autoritratto criminale’ in mostra alla GAM di Torino

In uno spazio tra visione e nascondimento, Jacopo Benassi crea una tensione tra pittura, fotografia e calchi in gesso

Apre al pubblico il 27 febbraio Jacopo Benassi. Autoritratto Criminale, la mostra che la GAM di Torino dedica all’artista ligure. In esposizione fino al 1° settembre 2024, la rassegna curata da Elena Volpato prende il via dall’arrivo nella collezione del Museo dell’opera Panorama di La Spezia (2022), acquisita dalla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT

Panorama di La Spezia consiste in un autoritratto, in cui però l’artista non compare mai, così come non compare la presenza umana. Appaiono invece foto di piante scattate di notte ai giardini pubblici, piante che coprono parzialmente alcuni panorami della città ligure dipinti dal gusto ottocentesco. Nell’installazione si sovrappongono foto e tele che, tenute insieme da grosse cinghie, sono appese a due pareti di cartongesso. Proprio le pareti sono state utilizzate da Jacopo Benassi come studio temporaneo mentre preparava una sua mostra proprio a La Spezia, sua città natale.

Da questa occasione il lavoro dell’artista si è spostato progressivamente dalla fotografia a un linguaggio che sconfina tra foto e dipinti, fino ai calchi in gesso, in cui l’interesse primario rimane la tensione tra luce e buio, visione e nascondimento. A partire dal contrasto tra il buio di fondo e la luce del flash sparata sui soggetti, Jacopo Benassi ha momentaneamente scelto come suo luogo d’elezione e nascondimento la parte non visibile delle cose, quella che resta custodita o prigioniera tra una cornice e l’altra, tra un’immagine e l’altra.

Dietro all’installazione di Panorama di La Spezia compare serie di Ritratti appesi (2024). Realizzata per la mostra, l’opera porta alle estreme conseguenze il processo di cancellazione, presentando sospeso nel vuoto un insieme di cornici di cui si vedono solo due retri. Sono ritratti fotografici di personaggi famosi (Valentino, Nan Goldin, John Wayne, Biancaneve, Ando Gilardi…) mescolati a qualche autoritratto, e tutti condannati all’invisibilità. Ma così, paradossalmente, i ritratti sono riattivati nella loro capacità di essere immagini, acquisendo un nuovo potere evocativo per via di negazione.

Tra gli autoritratti nascosti c’è anche quello scelto per la comunicazione della mostra, in cui Jacopo Benassi guarda l’obiettivo con lo sguardo contornato da una lunga frangetta di una pettinatura da donna. Innescando una riflessione sul travestimento, l’artista propone come immagine della mostra un vero e proprio autoritratto criminale, non solo perché potrebbe idealmente appartenere alla tradizione che voleva i travestiti, fino a pochi decenni fa, effettivamente schedati e fotografati, ma anche perché presenta i codici tipici dei ritratti segnaletici che Benassi mette in gioco in quella immagine e in molte altre, sin dai suoi inizi, grazie all’insegnamento di Sergio Fregoso e alla lettura di Wanted! di Ando Gilardi, sillabario di estetica della fotografia giudiziaria.

Nel segno di questa esperienza dell’artista, la mostra espone anche il grande bozzetto in gesso, conservato nelle Collezioni della GAM, che Leonardo Bistolfi realizzò per il monumento all’amico Cesare Lombroso, poco dopo la sua morte, attorno al 1910, testimone di uno sguardo che seppe fissarsi impietoso su alcuni aspetti marginali e deviati del reale con la stessa determinazione con cui agisce il flash di Benassi.

I legni che tengono insieme l’opera di Bistolfi, infragilita e frantumata, risuonano con le cinghie che stringono le foto e i dipinti in mostra. Benassi risponde in mostra allo sguardo buio del teschio di Bistolfi con altri teschi in gesso, dispersi, ripetuti, deformi, crani inquieti, anche inclusi in un video.

Un dialogo ideale, insomma, che Benassi intreccia con Lombroso e con Ando Gilardi, ma non solo. La mostra ritrae anche il più grande criminale della storia, “chiamato in scena – scrive la curatrice – forse per tentarne un’impossibile cancellazione sotto uno spesso strato di vetri. Non vetri qualsiasi, ma recuperati dallo studio di un pittore spezzino, Manlio Argenti, come se oltre allo spessore ci fosse la necessità di un’ulteriore sovrapposizione, del frapporsi di un ricordo di altre immagini dipinte, della distanziante evocazione di opere altrui, per accrescere la capacità dei vetri di fare velo, di sfumare l’insostenibile dimensione del crimine che il ritratto di Hitler porta con sé, anche quello scattato da Benassi, in perfetto stile segnaletico, al suo fantoccio presente al museo delle cere di Londra. Nonostante siano le fattezze di una maschera, nonostante sia la rappresentazione di una rappresentazione, nonostante il numero ingente di vetri frapposti, la nota effige continua a emergere. E così si riavvia il ciclo vitale dell’immagine che continuamente sparisce per riapparire, tra rumore visivo e profondo silenzio, fra sovraesposizione e buio. In Benassi, tutto ciò che affiora affonda, e tutto ciò che affonda riaffiora”.

Jacopo Benassi. Autoritratto Criminale
dal 27 febbraio al 1° settembre 2024
Galleria d’Arte Moderna (GAM) – Torino
info: gamtorino.it