In Egitto suscita polemiche il rinnovamento della piramide di Giza

La decisione di ristruttura la piramide di Giza ha suscitato non poche polemiche sul tema della conservazione dei beni archeologici

Il piano di ristrutturazione della piramide di Micerino sull’altopiano di Giza, la più piccola delle tre sull’altopiano roccioso. All’epoca della sua costruzione la piramide era ricoperta di granito e ovviamente con il tempo ha perso gran parte del suo rivestimento originario. Scopo del progetto, che durerà 3 anni, è quello di ripristinare lo stato di granito per riportare la piramide al suo stato originale. Il capo delle missione egiziano-giapponese Mostafa Waziri, responsabile dei lavori ha assicurato che per la prima volta sarà possibile vedere la piramide così come era stata costruita nell’antichità. Secondo il team si tratterebbe del «progetto del secolo» e «un dono dell’Egitto al mondo».

Il video pubblicato sui social network, che mostra l’inizio dei lavori, ha generato varie polemiche da diversi utenti inorriditi tra cui anche diversi egittologi e archeologi. Spiccano commenti taglienti e ironici come “A quando il raddrizzamento della torre di Pisa?”. Questa ristrutturazione infatti si inserisce nel complesso progetto che riguarda la conservazione delle opere archeologiche, da alcuni considerati beni sacri e intoccabili e di una storia che non è permesso riscrivere. Secondo altre correnti di pensiero sarebbe invece possibile intervenire nel momento in cui l’ingerenza apporta un miglioramento.

L’Egitto è un paese con un alto tasso turistico e che punta tutto sul patrimonio, sopratutto per le piramidi che ne sono l’emblema assoluto. La vicenda della ristrutturazione si inserisce nelle ultime sommosse cittadine causate dalla recente distruzione del centro d’arte Darb 1718, vera istituzione per gli amanti della cultura nella capitale egiziana, annidato nel cuore di un antico quartiere de Il Cairo e recentemente distrutto per consentire l’allargamento di una strada. Nei giorni scorsi poi il dibattito riguardava invece sulla moschea del XV secolo di Abu al-Abbas al-Morsi ad Alessandria: è stata aperta una indagine dopo che un appaltatore incaricato dei lavori, avrebbe autonomamente deciso di dipingere in bianco i soffitti plurisecolari della più grande moschea egiziana.

Da qui nasce una riflessione: è giusto autorizzare il restauro di opere considerate intangibili con interventi così invasivi? O è giusto che ne rimanga inviolabile il segno del tempo?