Lorenzo Montinaro e Giuseppe Lo Cascio protagonisti di “Quasi niente”, la nuova bipersonale del Contemporary Cluster 

I due giovani artisti presentano nuove audaci ricerche pronte a riflettere coraggiosamente sul lascito di generazioni lontane ma solo apparentemente troppo distanti per essere ancora influenti sull’arte delle nuove generazioni.

Riflettere, rileggere, riscrivere. Sembra questo l’unico mantra che risuona dentro la testa quando si cammina per le sale del Contemporary Cluster allestite per la nuova bipersonale, tuttora aperta al pubblico, di due giovani artisti che mettono in scena il rimaneggiamento di una memoria storica impossibile da ignorare.

Classe ’97, Lorenzo Montinaro e Giuseppe Lo Cascio fanno riferimento allo stesso anno di nascita.
Arrivano dal meridione entrambi, il primo originario di Taranto e il secondo di Palermo. 
Il Contemporary Cluster con Quasi niente propone un’esposizione che è in grado senza dubbio di investigare a fondo quale sia l’approccio di questi due giovanissimi artisti, così tanto acerbi da lasciare di stucco lo spettatore per la buona sintesi che così in breve tempo sono riusciti a raggiungere. Lo stupore insorge nel momento in cui si riesce a cogliere la consapevolezza e il senso di responsabilità che entrambi sanno immettere nel recuperare dal passato un così evidente ventaglio di estetiche, che i due, in qualche caso in maniera più azzeccata, in altri meno, riescono a fare proprie. 

La questione di prendere ispirazione da un patrimonio culturale passato è un tema complesso e dipende da vari fattori, tra cui l’intenzione dell’artista, la modalità di appropriazione e il modo in cui viene rielaborato e contestualizzato l’immaginario preso in prestito. In questo specifico caso vengono evocate le anime di quei giganti che oggi adombrano una generazione, quella attiva dagli anni ’90 in poi, evidentemente incapace di essere un modello per dei giovani artisti come quelli che potremo trovare in mostra nella galleria d’arte di Palazzo Brancaccio fino all’11 febbraio.  Innegabili i rimandi alla produzione di artisti come Jannis Kounellis e Luciano Fabro – le lavorazioni con la pietra e con il fuoco sono elementi di tangenza indiscutibili – ma anche Salvo

La capacità di riflettere e rivalutare suggerisce una maturità concettuale sia nella ricerca di Montinaro, sia di Lo Cascio. Se un artista giovane è in grado di andare oltre una mera imitazione, dimostrando una comprensione approfondita dei concetti e delle idee sottostanti a un arte che non appartiene al suo tempo, nonché una capacità di applicarle in modo critico al proprio contesto allora è giusto che questo processo si analizzato con lucidità. Non può essere dato per scontato che questo atteggiamento, in grado di certo di far storcere più di una bocca, sia invece da considerarsi coraggioso e sopratutto meritevole di lode. 

Nel caso di Montinaro l’azione e l’interazione con il materiale diventano parte integrante della creazione, enfatizzando l’aspetto dinamico e vivo del processo generativo nel tempo. Al di là del puro atto creativo, l’artista sviluppa una relazione critica con il tempo storico. L’interpretazione e la rivalutazione di oggetti del passato suggeriscono una connessione intrinseca tra l’arte e un contesto temporale più ampio di quello strettamente legato all’oggi. Il tempo ascende, si trasforma. L’idea che viene suggerita è quella di ridurre ai minimi termini e impoverire i segni, per ridurli ai loro archetipi: viene rivendicata la natura archetipica dell’oggetto. 

Lo stesso vale per Lo Cascio: gli archivi e la memoria sociale sono elementi che spesso e volentieri l’artista reperisce e inserisce nei suoi lavori sono la proiezione degli strumenti attraverso i quali una società costruisce la propria identità collettiva e negozia il potere. L’utilizzo di cartelline vuote nei suoi lavori presenti nelle sale del Cluster evidenzia questo carattere: la defunzionalizzazione dell’oggetto – anche qui è vivida la voce fuoricampo di Germano Celant – ha l’ardire di sfidare le convenzioni consentendo a Lo Cascio di comunicare nuovi messaggi o di esplorare nuove narrazioni.

E’ corretto infatti dire che è da una sorta di attitudine dada che si sviluppa il lavoro dei due protagonisti di quasi niente: la non magnificenza dell’opera, l’adattabilità ai contesti del luogo dove viene esposta, l’apparente reperibilità dei materiali che la compongono e il significato poetico rintracciato come un tesoro nascosto nelle cose comuni, ne permettono infatti una probabile lettura di casualità. Una graffiante casualità che poi tanto casuale non può essere…nella bocca dei leoni infatti non si entra mai davvero per caso. 

Quasi Niente – Giuseppe Lo Cascio e Lorenzo Montinaro a cura di Lorenzo Madaro
dall’11 gennaio al 10 febbraio 2024
Contemporary Cluster – Palazzo Brancaccio, via Merulana 248, Roma
info: contemporarycluster.com