Che ruolo ha la pittura al giorno d’oggi e che fine ha fatto? A replicare a queste domande si è fatta avanti Triennale Milano con una grande mostra collettiva e celebrativa dedicata alla pittura italiana, Pittura italiana oggi. Inaugurata da qualche giorno, l’esposizione si inserisce nel contesto delle celebrazioni del centenario dell’istituzione e si ricollega idealmente alla sua storia, riprendendo le suggestioni delle mostre della pittura murale, organizzate a partire dal 1933 nel Palazzo dell’Arte.
L’intento coraggioso e titanico ha portato il curatore, Damiano Gullì, dopo anni di ricerche e studio visit, a selezionare minuziosamente centoventi artisti che lavorano in Italia, tutti nati tra il 1960 e il 2000. Tutte le opere esposte, una per artista, sono state realizzate negli ultimi tre anni per creare «una mappatura generazionale ed emozionale», come ha spiegato lo stesso curatore. I lavori in mostra catturano i riflessi dei cambiamenti storici, sociali ed economici che hanno caratterizzato questo periodo: dall’era della pandemia alle quarantene, dalle guerre sempre più vicine all’ingerenza dell’intelligenza artificiale che ha messo in crisi il tema della creatività e dell’autorialità. La grande collettiva in questo modo parla di tutti noi, delle fragilità che abbiamo incontrato in questi anni, di identità e di corpi, di ibridazioni tra diversi generi, di fuga verso il surreale, in risposta ai tempi difficili che siamo stati chiamati ad affrontare.
In tutti i lavori degli artisti è presente una grande conoscenza e consapevolezza di un passato più o meno lontano, che è stato fondamentale per il medium pittorico stesso, ma con anche una considerevole capacità di saperlo fare proprio, di rileggerlo e reinterpretarlo in maniera contemporanea e originale. Il lavoro curatoriale è mosso dall’idea principale di superare una bidimensionalità, di valicare l’estensione della tela per invadere le superfici e gli spazi. Per compiere questo ardito compito è stato particolarmente significativo il lavoro allestitivo creato dallo Studio Italo Rota, con un sistema modulare che permette ai visitatori di muoversi liberamente tra le opere, si sperimenta in questo modo una disposizione dinamica. Questo criterio mette in luce la fluidità dei confini tra figurazione e astrazione, offrendo un’esperienza visiva coinvolgente: i visitatori e le opere si perdono e si ritrovano.
Complice il lungo corridoio ricurvo nel quale trova spazio l’esposizione, tutto sembra, pertanto, in movimento. I lavori sono esposti senza un preciso ordine cronologico ma sulla base di un rapporto che mette in relazione liberamente arte figurativa, astratta o concettuale. Opere figurative come Cover Up di Patrizio di Massimo che fonde momento quotidiano con una leggerissima pittura trasparente. Apparentemente figurativo è anche il lavoro di Nicola Samorì, Irene che cura l’Informale: una lastra di onice caratterizzata da una pittura irregolare al centro che si trasforma in ferita, come nei corpi caravaggeschi a cui si ispira. Se da una parte Pietro Capogrossi e Thomas Berra si relazionano con una pittura più astratta, Erik Saglia e Adelaide Cioni propongono una pittura molto vicina all’architettura, come in Songs: una tenda sospesa, svolazzante e molto leggera, diviene rifugio nel quale ripararsi e invita lo spettatore ad entrarvici e sentirsi così protetto in un mondo fiabesco tipico della poetica di Cioni.
Nell’esposizione, si è come circondati in una danza, in cui, attraverso un mirabile gioco combinatorio, si intravedono frammenti colorati attraverso un’apertura e con la coda dell’occhio nuove opere si rivelano dietro l’angolo, annullando in questo modo i confini. Alcuni artisti sono stati invitati a misurarsi con lo spazio espositivo di Triennale per dare vita a speciali commissioni di opere site-specific, come classici rimandi agli storici interventi pittorici ambientali presentati negli anni nell’Istituzione. La grande tela site-specific di Roberto Coda Zabetta, Frana e Fango, esposta nel cavedio esterno è fruibile dallo spettatore attraverso una delle grandi vetrate del curvone, il tutto è intensificato ancora di più dalla pioggia autunnale di questi ultimi giorni che cade sulla tela in modo incessante.
Pittura italiana oggi è anche il perfetto esempio di arte sostenibile, traducendosi in una riduzione quantitativa del materiale d’origine nella fase produttiva, la mostra si indirizza così verso il 100% di non produzione di CO2 e di non uso di materiali di finitura, di colle, pitture, stucchi e saldature. Un progetto ambizioso quello di questa grande rassegna che, come dichiara Damiano Gullì, «collegandosi alla storia di Triennale, accetta la sfida di presentare nella sua complessità questa moltitudine e vivacità della scena pittorica contemporanea italiana, offrendo l’occasione e l’obiettivo di valorizzarla e sostenerla nel nostro Paese e nel mondo».