È fresca di inaugurazione la mostra del Talent Prize 2023, che riunisce le opere dei finalisti e dei premi speciali negli ampi spazi del Mattatoio. E accanto agli artisti fa la sua comparsa un gigante dell’arte contemporanea sulla scena internazionale: Emilio Isgrò, che in vista del ventennale della rivista, fondata nel 2004 da Guido Talarico, ha dedicato le sue cancellature a Inside Art. Un dialogo felice tra le nuove leve dell’arte contemporanea e chi ne ha già fatto la storia, con un focus prospettico che muove dall’opera di Isgrò fino al lavoro del vincitore, Giulio Bensasson.
Il Talent Prize, ora alla sua sedicesima edizione, promuove il giovane talento. Co-curato da Fabrizia Carabelli e da Elena Pagnotta, managing editor e product manager di Inside Art, il premio quest’anno ha valorizzato uno spettro ampio di linguaggi, dalle grandi installazioni alla fotografia, ora raccolti nella mostra al Mattatoio, dove rimarranno esposti fino al 19 novembre.
«Questo posto una volta era un mattatoio, un luogo cruento. Oggi, qui, avete la visione plastica di come l’arte possa cambiare le cose», ha commentato Guido Talarico durante la cerimonia di premiazione del 26 ottobre.
La mostra del Talent Prize
Proprio gli spazi del Mattatoio, nella loro profondità, si prestano alle opere esposte, con cui entrano in sinergia. Un luogo prospettico, che preannuncia dall’inizio l’opera vincitrice, Come funghi di Giulio Bensasson, collocata iconicamente alla fine della mostra. In una poetica intessuta tra decomposizione e rigenerazione, i calchi dei funghi lignicoli di Bensasson risaltano fin dai primi passi: rampicanti sull’ultima parete frontale del padiglione, davanti a loro si staglia solamente, al centro del corridoio, la grande installazione di Axel Gouala, Falaise, un’opera site-specific che riproduce l’immagine di pareti rocciose composte da mattoni scolpiti. Un lavoro che è valso a Gouala il Premio Speciale Fondazione Cultura e Arte – Internazionale.
Procedendo lungo il corridoio centrale, i primi due spazi che si incontrano, più raccolti, sono quelli dedicati a Emilio Isgrò, che presentano al pubblico l’opera dedicata ai vent’anni di Inside Art e il documentario sull’artista diretto da Guido Talarico. Una partecipazione straordinaria, quella di Isgrò, la cui presenza funziona quasi come un presupposto alle nuove generazioni di talenti.
Alla distorsione sono poi votate le opere di Gianluca Brando, con Quiete, e di Daniele Di Girolamo, con Beautiful things fading away (conversation). La prima, in origine un cestello di lavatrice ritrovato in mare – modellato dall’acqua – e poi galvanizzato in oro dall’artista, è un trionfo della metamorfosi, mentre la seconda consiste in lastre di metallo piegate a caldo, la cui forma finale contiene e amplifica il suono.
Si accostano a questi lavori, entrambi collocati nell’ampio spazio centrale in cui campeggia l’installazione di Gouala, anche le opere di Marco Rossetti, Diego Randazzo – che ha ricevuto la menzione della giuria – Camilla Alberti e Itamar Gov, che oltre ad essere finalista ha ottenuto il Premio Speciale Utopia. Se Slander di Rossetti innesca un movimento tra desiderio e delusione, consistendo in un tergicristallo montato su una cornice che in un movimento regolare e ripetitivo cerca di svelare la fotografia sottostante ricoperta da olio nero, non riuscendoci mai del tutto, l’opera di Randazzo sfrutta l’intelligenza artificiale. In FLAT/Perché un algoritmo elimina l’uomo da una stanza piena di solitudine? l’artista accosta immagini ottenute ri-fotografando i risultati di Google Immagini dopo aver inserito una fotografia dal suo archivio nel motore di ricerca, che non ha riconosciuto la figura umana ma solo elementi impersonali.
Alla riflessione di Randazzo sul rapporto tra l’umano e l’intelligenza artificiale si accosta poi un’altra opera fotografica. Quello di Itamar Gov è un lavoro sull’imperfezione: Il Mausoleo dei cedri rifiutati, in origine un’installazione di mille cedri imperfetti nella Chiesetta Gotica di Squillace, in Calabria, è un trionfo dell’unicità. Un’opera che si rifà, per contrasto, al rituale ebraico del Sukkot, in cui i rabbini raggiungono la Calabria alla ricerca del cedro perfetto.
Di fronte, l’opera di Alberti: Bizarre Remains, Remain 1 è un ricamo su tela che già nel titolo cita un tessuto del ‘600/ ‘700, il bizarre, di cui l’artista ha studiato le trame, mescolandole fino a ottenere un immaginario ibrido.
La mostra procede poi con Autoritratti [Odissea], l’opera video di Tommaso Spazzini Villa, terzo classificato e Premio Speciale Emmanuele Emanuele. Il progetto a monte prevedeva l’assegnazione a detenuti di diverse carceri italiane di una pagina dell’Odissea, di cui ognuno ha scelto parole che formassero una frase di senso. Dalla collazione di queste scelte, cerchiate sulla pagina, è emerso un meta-testo, ora proiettato alla mostra del Talent Prize.
L’ultima sezione della mostra è dedicata ai secondi classificati ex aequo Vaste Programme e Yuxiang Wang, al Premio Speciale Inside Art Luca Marcelli Pitzalis e al vincitore Giulio Bensasson. Vacava, l’opera con cui Wang si è aggiudicato anche il Premio Speciale Fondazione Cultura e Arte – Emergenti, è una riflessione sul tempo: un pendolo in una teca, il cui moto oscillatorio è rallentato dall’attrito dell’acqua posta al suo interno. All’opera del collettivo Vaste Programme è invece dedicata una stanza immersiva. Calentamiento è una canzone reggaeton che include stralci del trattato sul clima di Glasgow e rumori dell’incendio a cui hanno assistito gli artisti a Catania.
Una riflessione sul cambiamento climatico, quella di Vaste Programme, a cui si accosta quella sulla fragilità di Luca Marcelli Pitzalis. The flag on the highest tower è una bandiera installata nello spazio finale, di fronte ai funghi di Bensasson, e che il visitatore scorge solamente a questo punto. Un inno alla sconfitta, quello di Marcelli Pitzalis, ma che decanta anche una speranza collettiva.
*La mostra del Talent Prize 2023 al Mattatoio rimarrà aperta al pubblico fino al 19 novembre 2023.