Inaugurata il 12 ottobre dal Presidente della Repubblica, Favoloso Calvino. Il mondo come opera d’arte. Carpaccio, de Chirico, Gnoli, Melotti e gli altri, prosegue la vocazione letteraria delle Scuderie del Quirinale, che in passato hanno presentato percorsi espositivi sulle Metamorfosi di Ovidio e sull’Inferno di Dante. Come negli ultimi due casi – il bimillenario dalla nascita per il primo e il settecentesimo dalla morte per il secondo – anche il progetto di una mostra su Italo Calvino muove da un anniversario, il centenario dalla nascita, e si iscrive in un più ampio quadro celebrativo, il cui Comitato nazionale dedicato è presieduto da Giovanna Calvino.

Aperta al pubblico dal 13 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024, la mostra è curata da Mario Barenghi, docente di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università Bicocca di Milano e tra i massimi studiosi dello scrittore ligure. Il progetto, organizzato con la casa editrice Electa, si inserisce nella lunga collaborazione delle Scuderie con Regione Liguria e Comune di Genova Fondazione Palazzo Ducale: a partire dal 15 ottobre proprio nel Palazzo Ducale di Genova Favoloso Calvino vedrà la sua controparte nella mostra Calvino cantafavole.

Un orizzonte a sé, quello delle mostre letterarie. «Mostre che hanno l’ambizione di cogliere e diffondere il significato della letteratura utilizzando il linguaggio museografico, e in cui gli oggetti di natura letteraria vanno oltre la loro presentazione materiale per diventare strumenti di riflessione più generale, uniti alla fortuna iconografica dell’autore a cui l’esposizione è dedicata – ha dichiarato Mario De Simoni, presidente e amministratore delegato delle Scuderie del Quirinale – Al di là dell’occasione commemorativa, Favoloso Calvino si propone di illuminare attraverso il linguaggio visivo – pure molto caro allo scrittore – gli snodi del suo percorso, le esplorazioni e le suggestioni, in cui il procedere cronologico più che un criterio si configura come una spia d’orientamento.
Con le parole di Mario Barenghi, Favoloso Calvino «non è una mostra biografica, non è una mostra sui manoscritti di Calvino, non è una mostra in senso stresso sui rapporti tra Calvino e l’arte, o tra gli artisti e l’opera di Calvino, non è una mostra sulla grafica einaudiana, non è una mostra neanche su Calvino e l’esercizio della descrizione. Questa mostra vuole essere un’approssimazione all’immaginario calviniano», una sua evocazione per analogia realizzata con oltre quattrocento prestiti tra dipinti, installazioni – anche originali –, fotografie, prime edizioni dei testi e materiale autografo che mira a riprodurre lo sguardo di Calvino sul mondo sfruttando la dimensione visiva.

Un approccio allo scrittore quasi naturale: «spesso le sue opere traggono spunto da immagini», continua Barenghi, «lo dice esplicitamente nella nota del 1960 a I nostri antenati: “all’origine di ogni mia storia c’è un’immagine che si deposita nella mente e da lì inizia a dipanarsi una storia attraverso il lavoro della scrittura”. Poi ci sono tante altre opere di Calvino in cui potrebbe ripetersi questa stessa operazione: Le cosmicomiche traggono tutte spunto dalla visualizzazione di una teoria scientifica, Il castello dei destini incrociati ha come motore l’esegesi delle carte dei tarocchi disposti su un tavolo come le vignette di un fumetto in sequenza, ci sono esercizi di descrizione in Palomar e Collezioni di sabbia. Insomma, il visivo è assolutamente centrale nell’opera di Calvino».
L’elemento visivo delle opere suggerisce un modo di guardare il mondo rimarcando il proprio farne parte. Una premessa che si occupano di presentare i primi passaggi della mostra, dalla proiezione lungo la cordonata della descrizione stilizzata del paesaggio ligure che Calvino offre in Dall’opaco nel 1971, ma anche dall’installazione di Eva Jospin Forêt Palatine, una foresta che introduce e visualizza l’immaginario calviniano. Dalla seconda sezione si innesca un percorso cronologico che esplora i primi stimoli dello scrittore, dal cinema degli anni trenta all’ambiente familiare votato alla botanica e all’agronomia, ma a fare da protagonista è l’installazione originale di Emilio Isgrò sulla Formica argentina: un ponte tra il fenomeno naturale e i suoi rivolgimenti letterari. Nella terza sezione della mostra campeggia l’installazione di Giuseppe Penone, nel quadro di una visualizzazione dell’esperienza degli anni quaranta, tra la formazione, la Resistenza e la militanza politica.


Nelle due sezioni successive si prosegue ancora cronologicamente, esplorando ora la scelta di dedicarsi alla letteratura e i primi movimenti nell’orbita della casa editrice Einaudi, ora l’oscillazione tra un’istanza realistica e una fiabesca accanto alla difficoltà di scrivere un romanzo sull’Italia degli anni cinquanta. Ma a partire dalla sesta sezione, seppure rimanga come sottotrama l’elemento cronologico, l’articolazione delle sale appare più di carattere tematico: necessità che deriva dall’abitudine di Calvino di lavorare contemporaneamente su più tavoli. In questo senso, al centro della sesta sezione c’è il rapporto con la fiaba, mentre la settima indugia sulla passione dello scrittore per l’astronomia e la geografia con un particolare riguardo verso l’esperienza dei racconti cosmicomici, esponendo la mappa lunare di Gian Domenico Cassini ma anche la rappresentazione del Mediterraneo di Opicino de Canistris a cui fa riferimento in Collezioni di sabbia, oltre a una visualizzazione dell’immaginazione cosmicomica con l’installazione di Mark Dion.

Nell’ottava sezione si approfondiscono i rapporti di Calvino con il gruppo dell’Oulipo e con Raymond Queneau: una vicinanza di cui risente Il castello dei destini incrociati, che la sala focalizza con l’esposizione dei tarocchi quattrocenteschi dell’Accademia di Carrara. Inoltre, viene qui presentato San Giorgio del Carpaccio. Prima di un percorso sui viaggi dello scrittore, tema della sezione decima, la nona è interamente dedicata a Le città invisibili, dalla scacchiera di Enrico Baj alle città di De Chirico e Borbottoni, all’opera di Fausto Melotti, a cui Calvino si è ispirato per la serie delle città sottili.

Fedora, da Le città invisibili

San Giorgio che uccide il drago e quattro scene del suo martirio,
1516, photo Mauro Magliani
Quello di Calvino è un percorso interrotto: oltre al romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore, a ispirare Cominciare e ricominciare, la sala conclusiva della mostra, sono cantieri aperti nell’ultima fase dello scrittore. Un approdo finale a cui ha condotto un percorso che dimostra come l’arte fosse per Calvino un bacino d’ispirazione, a partire dalle scelte di copertina, mai casuali, agli scritti dedicati agli artisti e alle opere che ne hanno alimentato la creatività, oltre alle trasposizioni visive che i suoi lavori hanno innescato.
L’esposizione delle Scuderie del Quirinale offre una prospettiva sullo sguardo di Calvino, sul suo fitto immaginario costruito nel tempo da una posizione ben chiara: nel mondo, esplorandone la superficie “inesauribile”, dicendolo con Palomar. Ed è proprio con una visualizzazione di questo personaggio, dalla visione telescopica rivolta alla superficie delle cose, che il percorso volge al suo compimento: una volta usciti dalle Scuderie del Quirinale, nelle ore serali lungo via ventiquattro maggio sarà accesa Palomar, l’opera di luce che Giulio Paolini ha dedicato nel 1998 a Italo Calvino e al suo doppio, Palomar appunto, «funambolo nel cosmo celeste».

Favoloso Calvino. Il mondo come opera d’arte. Carpaccio, de Chirico, Gnoli, Melotti e gli altri
Dal 13 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024
Scuderie del Quirinale – Via Ventiquattro Maggio 16, Roma
info: scuderiedelquirinale.it