Untrue Unreal, i giochi percettivi di Anish Kapoor

La Fondazione Palazzo Strozzi presenta la mostra “Anish Kapoor. Untrue Unreal”, aperta al pubblico dal 7 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024

Palazzo Strozzi

Firenze

Nello scenario della Florence Art Week, Palazzo Strozzi inaugura Anish Kapoor. Untrue Unreal, la grande mostra dedicata alle opere di Anish Kapoor. Il percorso a cura di Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, si snoda in una varietà di sculture del maestro, insieme a cui è stata pensata e realizzata l’esposizione. Aperta al pubblico dal 7 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024, la mostra offre uno sguardo su Anish Kapoor, afferrandone in un colpo d’occhio poetiche e tensioni. In quest’ottica Palazzo Strozzi espone opere storiche e recenti di Kapoor, ma anche una nuova produzione che l’artista pone in dialogo con l’architettura rinascimentale dello spazio ospitante.

Palazzo Strozzi è di fatto interlocutore della mostra ed espone l’arte di Anish Kapoor nella sua versatilità e discordanza. Nelle sue installazioni di grandi dimensioni e nelle opere più raccolte, l’artista esplora i confini tra vero e falso, sfruttando il proprio linguaggio come porta d’accesso a mondi altri, dominati dall’irreale e dall’inverosimile. E proprio untrue e unreal sono le parole d’ordine della mostra, in cui le opere di Kapoor interagiscono con lo spazio di Palazzo Strozzi, ora integro e ora frantumato, generando un’esperienza percettiva fuori dalla realtà, tendente a un mondo impossibile.

«Tutta la grande arte si trova a metà tra il significato e il non-significato, tra l’essere e cosa voglia dire l’essere. Penso che ci siano tanti, forse troppi, colleghi che danno significati, io preferisco piuttosto rifarmi alla poetica degli oggetti e alla poetica dell’essere. Credo che sia questo il nostro compito», ha dichiarato Kapoor in conferenza stampa rispetto alla sua ricerca sull’inverosimile. È una poetica perseguita con la trascendenza della materialità stessa e che conduce a un fenomeno immersivo, in cui le coordinate spaziali e temporali saltano, seguendo un ordine proprio e irreale.

Nell’evaporazione dei punti di riferimento si genera un’incertezza nella differenza tra realtà e finzione. E in questo processo gioca un ruolo cardine la sperimentazione che Anish Kapoor fa attorno al vuoto, con cui il pubblico si confronta attraverso il Vantablack, materiale costituito da nanotubi di carbonio capaci di assorbire il 99,9 per cento della luce visibile, provocando il dissolvimento dei contorni dell’oggetto e della terza dimensione. Un gioco sulla nozione dell’essere: tra le opere esposte a Palazzo Strozzi, Non-Object Black (2015) e Gathering Clouds (2014), ma anche l’opera site specific Void Pavilion VII (2023), sfruttano la dimensione di immaterialità in «una narrazione senza racconto […] che permette di introdurre psicologia, paura, morte e amore nel modo più diretto possibile. Questo vuoto […] è uno spazio potenziale, non un non-spazio».

In conferenza stampa, l’artista continua affermando che «il Rinascimento si basa su due grandi scoperte: una è la prospettiva, l’altra è il drappeggio. Soprattutto nelle opere del primo Rinascimento, le figure sono avvolte in mantelli con queste pieghe. Ma la piega è più di una piega: è il segno dell’essere. Da anni lavoro con un materiale nero, definito il più nero dell’universo, addirittura più nero di un buco nero. In tutti i casi, se questo materiale si mette su una piega, questa scompare, e quindi questa realtà diventa una finzione. [Il Vantablack] mi consente di portare l’oggetto aldilà dell’essere e di spostarmi dalla terza alla quarta dimensione, come ha fatto Malevič con il suo quadrato nero. È in questo gioco, tra la finzione dell’oggetto e l’oggetto stesso, che sta il ruolo dell’artista».

Di fronte al nero si sperimenta un senso di vertigine. È un aspetto che, connesso alla distorsione spaziale, contraddistingue anche Vertigo (2006), Mirror (2018) e Newborn (2019), le cui superfici specchianti creano delle illusioni ottiche che ribaltano le leggi della fisica. Nella mostra assume importanza anche lo spazio riflesso: le sculture disseminate nelle sale interagiscono con l’architettura classica di Palazzo Strozzi, intervenendo sulla sua sistematicità. Il dialogo con lo spazio si innesca già nel cortile: qui è situata Void Pavilion VII (2023), una sorta di tempio quadrato realizzato appositamente per Palazzo Strozzi e in cui i temi del confronto con il vuoto e della sua contemplazione sono proposti dalle tre bande nere al suo interno. In modo programmatico, Void Pavilion VII preannuncia ora lo sfondamento, ora l’assecondamento dell’architettura di Palazzo Strozzi da parte delle opere esposte, che agiscono in sinergia e generano in entrambi i casi uno spazio rinnovato.

Chiaramente il rapporto tra le opere di Kapoor e Palazzo Strozzi non è privo di complicazioni. Come racconta l’artista, «il palazzo presenta una successione classica di ambienti. La difficoltà di creare questa mostra è stata proprio quella di attraversare e assecondare questa successione, ma anche di romperla o sconvolgerla. Tutta la tematica della mostra è sull’oggetto vuoto, ma essendo io pieno di contraddizioni, gli oggetti che vedete in mostra non sono vuoti. Sono pieni di oscurità, di riflessi degli specchi. E questa è una complicazione che ho voluto inserire nel gestire le sale, che sono così classiche».

Un rapporto con gli spazi che, oltre agli specchi e ai neri, si avvale dell’attraversamento. Così nelle prime sale, dove sono esposte Svayambhu (2007) ed Endless Column (1992). La prima, in cera da un colore acceso che tornerà successivamente, riproduce un vagone ferroviario stilizzato che si muove su rotaie di quasi venti metri poste tra due sale, di fatto attraversandole. Un colore che ricorda il sangue, le cui tracce intaccano le strutture del palazzo, e una penetrazione orizzontale dello spazio. Si sviluppa verticalmente l’attraversamento di Endless Column, una colonna in pigmento rosso che sembra oltrepassare il pavimento e il soffitto, alludendo al legame tra terra e cosmo.

Le altre opere in pigmento dalle dimensioni più ridotte sembrano invece assecondare gli spazi. L’estensione architettonica delle sale viene esaltata da To Reflect an Intimate Part of the Red (1981), una serie di forme in pigmento rosso o giallo che emergono dal pavimento, e Angel (1990), pietre di ardesia ricoperte da un pigmento blu intenso.

Le opere in mostra esplorano gli spazi possibili, anche quello corporeo. L’attenzione di Kapoor per la carne e per il corpo, oltre che per il sangue, emerge nella sala dedicata a quella che l’artista stesso nel 2000 ha definito la «fase del sangue», a cui già preludeva Svayambhu nella mostra. Torna il rosso in First Milk (2015), Tongue Memory (2016), Today You Will Be in Paradise (2016) e Three Days of Mourning (2016), opere dalle sembianze viscerali in cui Kapoor unisce pittura e silicone, mentre A Blackish Fluid Excavation (2018) è realizzata in acciaio e resina.

Corpo e spazio, realtà e finzione ruotano attorno all’elemento del vuoto in un complesso e innovativo dialogo con gli spazi classici di Palazzo Strozzi. Come alcuni hanno suggerito alla conferenza stampa, la mostra Anish Kapoor. Untrue Unreal si muove verso la messa in discussione del centralismo dell’Umanesimo, anche in una realtà – Palazzo Strozzi, ma nel complesso la città di Firenze – che gli è indissolubilmente legata.

Anish Kapoor. Untrue Unreal
Dal 7 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024
Palazzo Strozzi, Piazza degli Strozzi, Firenze
info: palazzostrozzi.org