Ad Alghero si è conclusa la seconda edizione di ArtiJanus/ArtiJanas. Quest’anno il festival è stato dedicato al concetto di Genius Loci / Lo spirito dei luoghi. Si è tenuto a Lo Quarter dal 14 al 16 di settembre e ha cercato di coniugare il saper fare artigianale con arte contemporanea e design. Questo progetto sperimentale è stato promosso dalla Fondazione di Sardegna, con la direzione scientifica e artistica di Triennale Milano e Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte.
Il Genius Loci era il nume tutelare per i romani ma cosa significa in questo contesto? Christian Norberg-Schulz nel 1979 lo accosta a paesaggio e architettura e scrive: «un’entità intangibile definita da memorie e storie collettive, da processi culturali e forze naturali, con cui l’uomo può identificarsi…il Genius Loci, lo “spirito del luogo” che gli antichi riconobbero come quell'”opposto” con cui l’uomo deve scendere a patti per acquisire la possibilità di abitare».
UN FESTIVAL RICCO DI APPUNTAMENTI
Barbara Argiolas e Barbara Cadeddu sono state le abili coordinatrici del programma del festival che ha visto partecipi molti sponsor legati al territorio. Tra questi, anche Sella e Mosca, impresa vitivinicola che ha più di 650 ettari sul territorio. Le nuove bottiglie della cantina sono state vestite da etichette disegnate dall’artista e stilista sardo Antonio Marras.
Il nome della manifestazione gioca sulla “Mitosi oscillante…(che) innesta l’arte nella classicità del doppio”, come scriveva il visual designer Stefano Asili che ha creato il logo della manifestazione prima di morire ad aprile 2021. Janas riprende il nome delle figure mitologiche sarde – per alcuni fate di piccola statura, per altri più simili a streghe benevole – che risiedevano nelle domus de janas, abitazioni prenuragiche. Il maschile Janus si riferisce a Giano, Il dio degli Inizi, dalla doppia faccia.
Se Carla Morogallo (Direttrice Generale Triennale Milano), insieme a Giacomo Spissu (Presidente della Fondazione di Sardegna), al sindaco Mario Conoci e ai rappresentanti dei partner tecnici hanno aperto le danze, le tre giornate di festival si sono rivelate intensissime di attività svariate nella città sarda. Si sono alternati dialoghi, laboratori, mostre ed eventi serali come la performance “Come neve”, vincitrice del Premio Danza&Danza 2022 con Rosaria di Mario, Noemi Caricchio e la coreografia di Adriano Bolognino per Körper – Centro Nazionale di Produzione della Danza.
LE RESIDENZE DI AJU/AJA E L’IMPORTANZA DEI MESTIERI D’ARTE
Il primo dialogo ha investigato il concetto di “insolitudine”, termine clonato dal siciliano Gesualdo Bufalino, in confronto Antonio Marras e l’architetto Stefano Boeri, Presidente di Triennale Milano.
Alberto Cavalli ha presentato invece il programma della Fondazione Cologni che punta a favorire un ricambio generazionale nell’ambito dell’alto artigianato anche grazie alla consulenza di Jean Blancheart. Il gallerista viaggia per il mondo alla ricerca di pietre grezze o talenti già formati, abilissimi creativi che vengono, infatti, spesso coinvolti nella manifestazione Homo Faber.
Alberto Cavalli ha inoltre curato con Roberta Morittu la sezione “Residenze di AJU/AJA” alla sua seconda edizione, un progetto che mira a incentivare la collaborazione tra esperti artigiani (nei settori della ceramica e della tessitura) e designer. Durante la prima edizione del festival, svoltasi ad Orani nel 2021, erano stati presentati i risultati dei designer Zanellato/Bortotto con la bottega ceramica Terrapintada e Sonia Gonfalonieri con il Laboratorio Tessile Medusa di Samugheo. Nell’appuntamento settembrino di Alghero le opere dei precedenti artisti sono state esposte insieme ai nuovissimi risultati da una parte, del designer Gianni Cinti (originario di Marciano, in Umbria) con l’azienda Artessile di Elena Mulas di Urzulei, dall’altra di Sonia Pedrazzini con l’azienda di ceramiche Walter Usai di Assemini.
Nel primo caso, apprezziamo due arazzi con le scritte ricamate nero su bianco “play” e bianco su nero “game over”. I tessuti sono stati sì lavorati con il tradizionale punto a grani sardo “a pibiones” ma si è deciso di utilizzare ferri di diverso spessore per ottenere un effetto meno compatto e una lavorazione che appare più grossolana e imprecisa, con sbuffi che trasbordano come collinette su una superficie piatta. Inoltre, la lana grezza è stata “sporcata” con materiali insoliti, sempre per dare alla trama un aspetto irregolare.
Nel secondo caso, Sonia Pedrazzini è partita dal cavallino, simbolo domestico benaugurale sardo, solitamente monocromo, che spesso viene rappresentato in ceramica. All’opposto di Gianni Cinti (partito da coperte coloratissime e approdato al minimalismo cromatico), Pedrazzini ha voluto semplificare le forme e giocare con gli smalti…come? Scomponendo il vaso in due o tre parti assemblabili, ciascuna di un colore distinto: il cavallo ossia la base-recipiente con in sella uno o due cavalieri, come fossero il coperchio.
Particolarmente interessanti sono i vasi della coppia Giorgia Zanellato Daniele Bortotto le cui forme sono ispirate ad alcune icone della cultura sarda come il cesto da corredo, il pane carasau e l’ampia gonna del costume tradizionale. Entrambe le edizioni di Residenze AJU/AJA sono restituite nel video a due canali di Giulia Camba che ha miscelato le nuove riprese con antiche immagini e documentari di repertorio.
I TALK E I LABORATORI
Non sono mancati momenti coinvolgenti e persino commoventi. Sono stati condivisi, d’altronde, gli esiti di progetti artistici e di anni di ricerca: l’azione pubblica portata avanti a Bolzano da Angelika Burtscher e Daniele Lupo della piattaforma Lungomare; la riflessione disincantata di Margherita Marri (Captcha Architecture) Verso un paesaggio post pittoresco che ha messo a nudo gli stereotipi estetici delle colline toscane; l’architettura come strumento per la comunità e lo spirito dell'”imparare facendo” nell’esperienza di Elena Barthel, architetta che ha insegnato in Alabama e conosce, come le proprie tasche, le perle formative di Rural Studio (realtà che compie quest’anno 30 anni). Si è posto in luce il ruolo delle università come promotrici di valori e sapienza creativa ed è stato esposto l’esito di Atelier 3# – Nuove narrazioni contemporanee, un progetto curato della Fondazione Alghero, partner del festival con Sonia Borsato, responsabile delle residenze e della produzione artistica dell’iniziativa. Alcune piccole realtà di handmade hanno proposto e realizzato per la linea esclusiva “Alghero ti amo” oggetti come portachiavi – graziosi quelli di Marseille Macrame’ a forma di guscio dei ricci marini -, cordini per occhiali, nastri per capelli, zainetti e asciugamani da spiaggia. Poi ancora il racconto di Andrea Margaritelli, Brand manager di Listone Giordano, che ha sottolineato l’importanza delle fratture all’interno delle aziende come promotrici di sviluppo e cambiamento – senza demordere, si rimboccano le maniche e si trova una soluzione adatta ai tempi che corrono – e ha descritto il progetto culturale “Natural Genius” della Fondazione Guglielmo Giordano. Ha poi posto l’indice su come il progresso scientifico-tecnologico porti con sé un aumento del peso specifico di ogni essere umano e, di conseguenza, una crescita esorbitante dell’impronta ambientale del nostro genere sulla terra. Tutte le aziende – non solo quelle che si dichiarano ecosostenibili – non possono quindi non assumersi le responsabilità delle proprie azioni.
Da incentivare sono infine i laboratori che hanno la capacità di richiamare a livello capillare l’attenzione della comunità e degli abitanti. Hanno avuto successo sia “Daisy Soul’s soap”, workshop sulla cosmesi (come realizzare uno shampoo solido) a cura di Manuela Pisanu, sia le iniziative de L’Accademia Sarda del Lievito Madre che – oltre a organizzare una dimostrazione su come creare questo speciale impasto fermentato da microrganismi (batteri lattici e lieviti) – ha allestito una mostra sui pani tradizionali regionali e invitato l’artigiana Rita Solinas a modellare dal vivo i “pani rituali”.
Il programma completo è disponibile sul sito https://www.aju-aja.it/alghero/