“Le geografie del nostro tempo”: al via la nuova edizione del Romaeuropa Festival

Dal 6 settembre al 19 novembre la trentottesima edizione del Romaeuropa Festival presenterà un “atlante della creatività contemporanea”

«La trentottesima edizione del Romaeuropa Festival è una fotografia della geografia delle arti, un invito alla scoperta della pluralità delle prospettive offerta dalle sensibilità degli artisti e dal loro racconto di quel “mondo fluttuante” che è il presente». Sono le parole di Fabrizio Grifasi, a cui è affidata la Direzione Generale e Artistica della nuova edizione del Romaeuropa Festival. Nel corso di oltre due mesi – dal 6 settembre al 19 novembre – molti spazi della capitale ospiteranno infatti eventi artistici di ogni tipo, dalla danza al teatro, dalla musica alle arti digitali, all’insegna di una molteplicità di forme e contenuti.

E il proposito, di fronte a questa pluralità smisurata, è di «rendere l’Italia e la sua capitale centro del dialogo e del confronto della cultura nazionale dello spettacolo con la creatività internazionale, nel segno dell’attenzione alle nuove generazioni e dell’incontro». Con queste parole Guido Fabiani, che presiede il Festival, ne chiarisce il significato della denominazione. Le geografie del nostro tempo suggerisce infatti l’intento esplorativo del Festival, che attraverso i vari eventi mette in luce la pluralità spaziale, storica ed estetica, di un mondo fluido, per ricordare l’espressione di Grifasi. E così tenta di cogliere gli elementi che concorrono alla costruzione della soggettività nella contemporaneità.

L’elemento di fluidità che Grifasi sottolinea, ampiamente incarnato e promosso dal trailer, è l’aspetto distintivo della coreografia Ukiyo-e, firmata da Sidi Larbi Cherkaoui e che verrà portata in scena il 6 e 7 settembre presso la Cavea dell’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone” per l’inaugurazione del Festival. Si tratta chiaramente di un momento programmatico nel dettare la matrice che intersecherà i vari eventi, essendo uno spettacolo all’insegna di un mescolamento tra musica e danza, elemento proprio della settimana inaugurale in Cavea, ma soprattutto di generi e forme differenti, sia in senso spaziale che cronologico. La coreografia è infatti realizzata da un artista fiammingo – Sidi Larbi Cherkaoui è tra l’altro il primo a entrare in scena del percorso dedicato alle Fiandre, preponderante in questa edizione – e si ispira a un movimento culturale giapponese del periodo Edo, che fornisce il titolo alla rappresentazione.

Uno spazio, quello della Cavea, in cui si valicheranno i confini tra generi e discipline, alternandosi coreografie di varia ispirazione e generi musicali diversi tra loro, dalla techno al folk. E ciò conduce a una minore dilatazione dello spazio, del tempo e nel rapporto tra le culture, innescando un percorso di indagine delle molteplici radici culturali con uno sguardo al futuro. Una via, questa, battuta di certo dal regista Ivo van Hove, che porta in scena il suo allestimento – presso il Teatro Argentina – de Lo zoo di vetro di Tennessee Williams con la celebre Isabelle Huppert, ma anche dal Jungle Book reimagined del coreografo Akram Khan e dalla pièce del collettivo italo-spagnolo Kor’sia, che rielabora Ascesa al monte ventoso di Francesco Petrarca.

Nel complesso, l’idea che ne risulta è quella di un movimento tra geografie reali e culturali molto diverse tra loro, nel segno della fluidità di generi, linguaggi e forme. Il proposito rimane evidente anche negli spazi dedicati alle arti digitali, primo fra tutti il Mattatoio. Nella sezione Digitalive, curata da Federica Patti, si esplorano infatti percorsi di carattere musicale, digitale e coreografico, a partire dallo spettacolo multimediale del collettivo NONE, per arrivare alle creazioni artistiche performative in spazi virtuali degli studenti RUFA (Rome University of Fine Arts). Il Mattatoio ospita inoltre i progetti speciali del Festival, tra cui va menzionata la giornata dedicata al graphic design curata da Stefano Cipolla e dallo studio creativo Mistaker.

Insomma, quello del Romaeuropa Festival sembra configurarsi come uno spazio di trionfo della molteplicità culturale e formale, una presa di coscienza dell’impossibilità di raccontare il presente con grandi narrazioni e con forme univoche.

Info e programma: romaeuropa.net