Teresa Giannico, la labile percezione del reale nella cultura dell’immagine

L'artista prosegue la sua riflessione sulla cultura visiva odierna e sulle implicazioni del ruolo delle immagini prelevate da internet

Archives of Empathy è una riflessione in corso che riguarda il ruolo dei linguaggi digitali nella cultura visiva odierna e la loro influenza nei cambi di percezione del reale. Questo percorso di analisi è portato avanti da diversi anni da Teresa Giannico, classe 1985, barese di nascita, alla sua seconda personale negli spazi di Viasaterna. Un progetto espositivo quello all’interno della galleria milanese che si compone di oltre venti opere che celebrano il tema delle rinnovate emozioni e stati d’animo nell’esperienza estetica attraverso l’esplorazione percettiva di nuove immagini.

Teresa Giannico, I used to look at your photographs, 2023, stampa su carta cotone, cm 110×136, ©Teresa Giannico, Courtesy Viasaterna

Come nella mostra precedente mostra, nel 2019, Kaleidos, qui Giannico attinge a due diverse serie di opere: i suoi ritratti e i paesaggi, per lo più di piccolo formato, provengono da Tornerai, tornerai (2022), mentre i ritratti di gruppo – o almeno quelli con ambientazione – appartengono a un set concepito all’inizio del 2023, qui presentato al pubblico per la prima volta time. L’atto del rinnovamento in Archives of Empathy emerge prima di tutto dal punto di vista narrativo. Gli sguardi di giovani donne e uomini ritratti nelle nuove immagini sembrano trascendere la condizione isolata in cui si trovano quelli raffigurati sugli intensi sfondi monocromi della sua produzione precedente.
Gli ambienti asettici scompaiono qui, lasciando il posto ad ambienti più dettagliati arricchiti da una tavolozza di toni più accesi, dove i soggetti entrano in un nuovo rapporto con lo spazio e il tempo. In queste opere, infatti, i soggetti riscoprono un approccio più empatico nei confronti della comunità attraverso gesti premurosi, abbracci, riferimenti alla maternità e pose più morbide. Ad essi si aggiungono altri paesaggi e nature morte con temi floreali e domestici che, oltre a conferire un senso di equilibrio cromatico e ritmico all’intera mostra, continuano a evocare una dimensione sensoriale generativa.

La mostra segna anche un ulteriore rinnovamento, o meglio una costante progressione, anche dal punto di vista della pratica artistica. Se guardiamo alla sua produzione in chiave comparativa, notiamo che con questo nuovo corpus di opere Giannico prosegue una importante riflessione sulla cultura visiva odierna e sulle implicazioni del ruolo delle immagini prelevate da internet. All’origine del processo creativo dell’artista troviamo la volontà di collocarsi all’intersezione tra pittura, collage e fotografia, ma anche la scelta programmatica di sperimentare nuove soluzioni formali. Giannico parte da un grande bacino di immagini amatoriali e non, da una raccolta a-gerarchica – tanto imponente quanto coerente – di segni scaricati via web. In questo modo, attraverso esplorazioni per parole chiave su motori di ricerca e algoritmi, Giannico attinge all’enorme disponibilità di stimoli visivi già esistenti nel mondo e, dopo averli stoccati nel suo archivio personale, li riusa con un approccio quasi “ecologico”: gli esiti non provengono più dall’assemblaggio più o meno accurato di icone di oggetti d’uso quotidiano che, frammento dopo frammento, vanno a comporre un diorama fatto da centinaia di porzioni di fotografie.

Nei nuovi lavori presentati in mostra, l’artista traccia sempre più liberamente dei gesti pittorici e, trascinando sulla tavoletta digitale delle scaglie di colore e forma, dà vita a composizioni in cui significazione e realizzazione dell’opera stessa evolvono di pari passo. In queste opere Giannico si stacca dall’esigenza di rappresentare in maniera realistica e impersonale una realtà di ambienti per esplorare le possibilità emotive dell’opera attraverso la composizione analitica di nuovi immaginari. L’immagine prende forma lentamente, maturando a mano a mano, con un tempo lungo e meditativo dove l’inconscio dell’artista lascia stratificare diversi livelli di lavorazione che stimolano quello dello spettatore a trovare un punto di congiunzione nelle pennellate digitali. Dal punto di vista percettivo, dunque, queste immagini generano un doppio equivoco, lasciando da un lato spazio di interrogazione rispetto all’ambiguità del reale e alle sue differenti possibilità di manipolazione, dall’altro, consentono di interrogarci eternamente sulla responsabilità politica e sociale dell’immagine tecnologica.  

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