Is this real? Alla Fondazione Arti Visive di Modena l’arte nell’epoca della Game Engine Culture

Alla Palazzina dei Giardini del Parco Ducale di Modena va in scena un’interessante collettiva, curata da Valentino Catricalà, che indaga il dialogo tra le arti visive e l’immaginario videoludico contemporaneo

Inizialmente pensato come uno strumento utile agli sviluppatori di videogiochi, oggi il Game Engine «è la base per la creazione di qualsiasi esperienza audiovisiva, visiva, sonora, interattiva» e più in generale «uno dei media chiave del nostro tempo, il motore generatore della nostra attuale cultura». L’impatto della “Game Engine Culture” sul panorama artistico contemporaneo è il tema di Is this real? L’arte nell’epoca della Game Engine Culture, mostra collettiva curata da Valentino Catricalà per la Fondazione Modena Arti Visive. 

Federica Di Pietrantonio, Sorethroat, 2022, still da video © l’artista

Inaugurata il 23 marzo, la mostra riunisce artisti «che da anni, e in anticipo rispetto ai tempi, hanno esplorato e rielaborato questo nuovo territorio», avvalendosi della tecnologia per indagare i passaggi chiave della contemporaneità: il contrasto, presunto o reale, tra analogico digitale, tra naturale artificiale – e, più alla larga, tra passato e presente – è affrontato da Donato Piccolo, che assemblando una “scultura vivente” da un vecchio monitor anni Settanta e dotandolo di zampe robotiche, sensori a infrarossi e un’intelligenza artificiale, crea un “animale tecnologico” in grado di interagire con lo spettatore proiettando brevi filmati selezionati da un database. Le sculture di Oliver Laric esibiscono le “cuciture” materiali, introducendo il discorso sul soggetto nomade e sull’entità non-unitaria (Rosi Braidotti) che ribalta, nelle discontinuità materiali dei corpi ottenuti dalla scansione e dalla stampa 3D, la continuità superficiale della statuaria tradizionale.

Joshua Citarella & Jacob Hurwitz Goodman, DKP is market socialism, 2022, still da video © l’artista

Anche Auriea Harvey sembra nutrire un dubbio circa il presunto bivio tra analogico e digitale; situandosi nel territorio di soglia, l’artista consente alle sue sculture di esistere come codici binari e come manufatti: «la scultura è sempre stata fatta con le macchine – sostiene Harvey – Infatti, la storia della scultura è la storia della tecnologia». Federica Di Pietrantonio, agendo tramite modding sul codice sorgente di The Sims 4 dà vita al suo avatar androgino, una “ninfa moderna”, che mette nel mirino gli steccati di natura e cultura, arrivando a minacciare i limiti che delimitano i termini di soggetto oggetto: l’entità umanoide creata dall’artista, infatti, «nella realtà virtuale ha lo stesso valore di oggetto modificabile con uguali modalità di relazione» (A. Ioalè, “Inside Art”, n. 126). Dalle sperimentazioni androidi “limitate” allo spazio videoludico, si passa a dei robot veri e propri. Bina48 è un essere creato da Martine Rothblatt, fondatore di Terasem, movimento che per il robot, intervistato dal collettivo DIS, «crede che la tecnologia futura sarà in grado di recuperare persone informatiche completamente funzionanti». 

DIS, Bina48, 2015, still da video © l’artista

L’intelligenza artificiale è anche al cuore del progetto di Mishka Henner, che seleziona due “immagini madre” per creare trecento “figli” diversi, sfruttando una rete GAN (Generative Adversarial Network), che “compete” nel produrre variazioni infinite dagli stessi dati di partenza. La competizione si fa più strettamente politica in Ghostcode, graphic novel del collettivo AUDINT: nel 2056, anno in cui «la carne umana è stata rimossa dalle caotiche equazioni della turbolenza politica», le battaglie vengono «condotte da forze olografiche e olosoniche». Una soluzione obbligata, contro lo sfruttamento delle risorse naturali “decimate dai conflitti armati”. 
L’arena videoludica è anche il terreno in cui la logica dello scontro lascia spazio a dinamiche di cooperazione: Joshua Citarella & Jacob Hurwitz Goodman mostrano come la ridistribuzione dei bottini premio, in giochi come World of Warcraft, possa reggersi su un impianto socialista: «Citarella suggerisce che non c’è necessariamente bisogno di giochi “di sinistra” per portare avanti politiche “di sinistra”». (Matteo Bittanti)

Jakob Kudsk Steensen, Liminal Lands, 2021, still image. Courtesy l’artista

Gli ideali di comunione vengono poi applicati nella convivenza quotidiana con la natura: superando le foreste esplorate dai droni di Quayola e restituite in una rappresentazione digitale, Alexandra Daisy Ginsberg si avvale del Game Engine Unity per realizzare un’installazione video in cui una simulazione del suolo di Marte non lascia intravedere la presenza umana. Già in passato, Ginsberg aveva ribadito la sua linea decoloniale: «voglio che il lavoro inviti i visitatori (umani) a guardare il mondo da altre prospettive, come un modo per decentrarci». Lo zoom immersivo di Jakob Kudsk Steensen, infine, porta l’osservatore al livello della natura in formazione: un’esperienza dei “ritmi di vita iperlocali” dei microrganismi del delta del Rodano, accompagnata dalla consapevolezza che «viviamo più scale temporali di quelle che possiamo cogliere». 

Quayola, Promenade, 2018, still da video © l’artista

Is this real? L’arte nell’epoca della Game Engine Culture
a cura di Valentino Catricalà
fino al 20 agosto
FMAV – Palazzina dei Giardini – Corso Cavour 2, Modena

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