Raimund Girke, uno sguardo autonomo sulla pittura alla ricerca di nuove espressioni

Una mostra alla Galleria Axel Vervoordt in Belgio espone i lavori di Girke, accompagnata da una monografia che racconta la sua ricerca

Ogni tentativo di assegnare etichette a Raimund Girke sarebbe un errore. Anche chiamarlo pittore, ciò che era per natura, sarebbe in fondo riduttivo poiché, pur muovendosi per tutta la vita nella bidimensionalità e nella materia pittorica, l’artista mostrava nel suo tratto i segni vibranti di una continua trasformazione.
Eppure leggiamo spesso che il suo lavoro è stato inserito nelle sperimentazioni del Gruppo Zero o in quella che viene definita pittura analitica, un “movimento-non movimento” di artisti che negli anni Settanta esprimeva attraverso il disegno non figurativo una voglia di ripartire da zero, usando il colore nella sua purezza e riducendo ogni azione all’attività della pittura per la pittura. Questo è chiaro se si pensa che Girke appartiene alla generazione di artisti europei che superano sia il soggettivismo dell’Espressionismo astratto, sia la “violenza” dell’Informale, cercando nuove espressioni oggettive per comunicare.

Raimund Girke, courtesy Axel Vervoordt gallery

La Galleria Axel Vervoordt a Wijnegem, in Belgio, ospita fino al 15 aprile 2023 la mostra Raimund Girke, 1986/1999, che espone una selezione di dipinti degli ultimi due decenni dell’opera di Girke, presentando al pubblico tutta la potenza pittorica del gesto di Girke, la sua coerenza poetica e stilistica che lascia intravedere nelle maglie della pittura il confronto con alcune importanti tendenze sviluppatesi in Europa e Stati Uniti nella seconda metà del secolo scorso.

La pittura di Girke si costituisce immediatamente come avanguardistica nell’arte europea già un decennio dopo la fine del secondo conflitto. La sua arte si sviluppa verso un’indagine più concreta, rivolta ad un versante analitico, incentrata sullo studio di fenomeni fisici come la luce, il ritmo e il movimento. Alla fine degli anni Cinquanta, Girke sceglie il bianco come modo formale per esprimersi, alternando fasi di ricerca più intensa sul colore a momenti di dialogo e interazione con altri colori. L’aspetto cromatico, per Girke, acquista sempre di più un’autonomia di significato: i suoi dipinti non sono né astratti, né figurativi, sono pure esperienze percettive individuali, aperte all’interpretazione, flessibili, libere. La densità delle sue sperimentazioni rivela la stratificazione del gesto e la performatività che cela. La forma di comunicare di Girke è tutt’altro che statica ma rivela una continua tensione tra l’artista e il supporto, tra il colore e la forma, tra la mano e il pennello.

L’esposizione belga è anche l’occasione per presentare ufficialmente la bellissima pubblicazione Between White / Was weiss das Weiss a lui dedicata, edita in doppia lingue da Borgerhoff & Lamberigts nel settembre 2022, in stretta collaborazione con l’Estate Raimund Girke e con numerosi musei, archivi, kunsthallen, colleghi artisti e altri contemporanei che hanno fornito prezioso materiale storico. Per la prima volta, un volume interpreta il ruolo di Girke in un contesto internazionale di artisti (tra cui Günther Uecker e Otto Piene, ma anche, ad esempio, Dadamaino, Robert Ryman), gallerie (Galerie Seide, Galerie Diogenes) e curatori (Harald Szeemann, Udo Kultermann e Edy de Wilde). Inoltre, per la prima volta, si concentra sul ruolo che Girke ha avuto nella scena dell’arte d’avanguardia italiana. Nella pubblicazione, infatti, sono inserite fotografie uniche e toccanti dell’artista insieme a Dadamaino e Vedova, e fotografie della sua residenza a Castigliole d’Asti; documenti rari scannerizzati ricordano la sua prima mostra in Italia alla Galleria Milano, insieme a Josef Albers e Antonio Calderara; ritagli di giornale mostrano i primi accostamenti con Enrico Castellani e Piero Manzoni, tra gli altri.

Una carrellata di immagini a inizio catalogo mostrano Girke al lavoro, nel suo studio di Dusseldorf negli anni Cinquanta. Il bianco è presente anche nei fotogrammi come intrusione fortuita, come ospite costante.

“White is boundless dimesional space, is immaterial. White is pure energy”, si legge all’interno delle pagine una citazione datata 1966 che mette in evidenza la forza delle pennellate dell’artista, che per un lungo periodo della sua vita ha celato nel bianco l’evidenza di una struttura geometrica, la traccia di un segno che rappresentasse un punto di riferimento in quel vuoto pittorico, mai veramente vuoto, mai veramente privo di elementi segnici.

Seguono installation view delle mostre, di Berlino, di Wijngem, di Bonn, alternate a dettagli ingigantiti delle sue opere, che ci portano con lo sguardo all’interno della materia per capire meglio la stratificazione dei colori, quasi sempre mescolati al bianco. Un gigante dell’arte come Gottfried Boehm è intervenuto a parlare nel catalogo del lavoro di Girke: “I dipinti di Girke – scrive lo storico dell’arte – non raccontano storie; sono anche chiusi ai tentativi di leggerli come espressioni personali, di dedurre qualcosa su un soggetto che si manifesta in essi. C’è qualcosa di “oggettivo” in essi, una qualità che i primi lavori di Girke possiedono tanto quanto quelli degli ultimi anni, per non parlare di quelli dei decenni successivi”. Forza e Controforza si intitola il suo articolo incluso nella pubblicazione, un titolo che perfettamente descrive la gestualità pittorica dell’artista.

info: axel-vervoordt.com/gallery

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