Nicola Ricciardi con Miart punta a risollevare il mercato italiano. Obiettivo: continuare a crescere

Nicola Ricciardi porta avanti il progetto di rinnovamento di Miart. La fiera milanese continua a crescere ma la sfida di quest’anno è quella di confermare il successo anche dopo l’entusiasmo della prima edizione fisica post pandemia.

Miart è ai blocchi di partenza. Le porte della fiera apriranno dal 13 aprile – per gli addetti ai lavori – e dal 14 fino al 16 aprile tutti potranno accedere all’evento. La fiera milanese, presentata questa mattina in conferenza stampa, è al terzo appuntamento sotto la direzione di Nicola Ricciardi che per il 2023 prosegue con la tripletta dedicata all’immaginario musicale, scegliendo il titolo Crescendo. I numeri gli danno ragione. La fiera cresce e si ritaglia di anno in anno una credibilità forte sul piano internazionale. Il vento soffia a favore: la fase di uscita dal periodo pandemico dello scorso anno ha goduto degli entusiasmi naturali dovuti alla nuova libertà di incontrarsi fisicamente. Quest’anno si presuppone che la fiera possa avere l’occasione di seguire la stessa scia. Partner forti sono al fianco di Ricciardi per poter costruire un’offerta completa e inclusiva. La grande predisposizione della città di Milano a collaborare ai fini della migliore riuscita possibile del progetto è di fondamentale importanza. Le insidie però sono dietro l’angolo. Miart continua la sua scalata ma il mercato italiano è ancora attanagliato da un sistema fiscale fortemente penalizzante rispetto ai nostri vicini europei e questo è un ostacolo che è impossibile ignorare. Le gallerie dimostrano comunque tenacia e spingono verso una nuova compattezza: fare sistema è infatti l’unico dei sentieri possibili da percorrere al fine di creare una sinergia che premi il valore e l’intraprendenza imprenditoriale dei player dell’art system.

Abbiamo intervistato il Direttore Nicola Ricciardi per approfondire insieme la visione con cui sta conducendo con successo la rinascita di una fiera che si presenta come esempio di rinnovamento e innovazione. Forte dei successi recenti si trova oggi a dover confermare quanto fino a oggi è stato raggiunto, dando solidità a Miart e garantendone il ruolo di organo primario all’interno del mercato dell’arte nostrano e internazionale.

Miart 2023 si intitola Crescendo, un auspicio oltre che una chiave di lettura. In che direzione sta andando Miart in questo nuovo periodo post pandemico?
Crescendo è nato per proseguire il filone avviato da due anni a questa parte ma soprattutto per affermare la consapevolezza che siamo ancora totalmente immersi in un percorso di crescita. Per il 2023 abbiamo ricevuto più del doppio delle applicazione del 2022. Abbiamo visto una crescita a due cifre della percentuale delle gallerie straniere che parteciperanno alla fiera. Abbiamo visto più che raddoppiare i premi e i fondi di acquisizione che vengono distribuiti in fiera. Cresce tutto insomma ma Crescendo è un termine che indica anche un’aspirazione, in quanto sappiamo di non essere ancora dove desideriamo arrivare. Questo è un percorso in fieri e questa è una traiettoria sicuramente ascensionale rispetto a ciò che abbiamo trovato nel 2021 ma il nostro obiettivo è senz’altro continuare a crescere.

I temi art & sound, art & bodies e art & earth costituiscono l’espediente narrativo della fiera: in che modo l’arte si sta relazionando ai temi più attuali della nostra contemporaneità?
Abbiamo usato questi espedienti narrativi per costruire un racconto che viene inevitabilmente dalla consapevolezza che l’arte si sta intersecando sempre di più in queste tematiche. Guardandole uno a uno: Sound, elemento a me caro fin dalla mia esperienza in OGR ma che da sempre considero un linguaggio con cui è stimolante confrontarsi e interagire, oltre che molto in auge negli ultimi i periodi; Bodies, sempre di più vediamo mutare il nostro rapporto nei confronti del corpo. Siamo reduci da un 2020 in cui i corpi in giro non si vedevano. Piano piano i corpi sono continuati ad aumentare sempre più e ora ci stiamo abituando a relazionarci con il nostro e i corpi altrui in maniera nuova. Il corpo inoltre per me è il modo per sottolineare l’importanza dell’esperienza fisica in presenza. Tutti i sensi sono chiamati a esperire l’opera d’arte e tornare quindi a vivere un esperienza analogica piuttosto che digitale. Infine Earth, la terra è un tema sempre più centrale nella politica globale e la difesa del pianeta è qualcosa che sosteniamo anche attraverso l’adesione alla Gallery Climate Coalition, l’associazione delle gallerie nata in Inghilterra ma che noi fisiamo ci siamo impegnati ad attivare anche con il circuito delle gallerie italiane, che ha l’ambizione di migliorare le nostre pratiche. Le fiere per definizione sono degli eventi ad alto impatto ambientale, muoviamo persone, oggetti, per una manifestazione che dura pochi giorni. Anche se può sembrare una goccia nel mare, ormai è imprescindibile che ognuno di noi faccia la propria parte. 

Ann Veronica Janssens, Green, Yellow and Pink, 2017, Photo © Andrea Rossetti. Courtesy the artist and Esther Schipper

Sono anni ormai che si è in cerca di un nuovo bilanciamento tra esigenze di mercato e offerta culturale ed espositiva della fiera, in che modo Miart 2023 proverà a rincorrere questo equilibrio e accattivare l’attenzione del publico generalista?
La mia ricetta è data dall’aver capito che all’interno del padiglione fieristico bisogna concentrarci sugli aspetti economici. È giusto che Miart all’interno delle mura della Fiera sia una piattaforma per le gallerie, affinché queste vedano un ritorno del proprio investimento ma anche generare nuove risorse. Il nostro ruolo di generatori di occasioni è di fondamentale importanza per l’intero sistema, io sento la responsabilità di aiutare in questo difficile momento le gallerie perché se queste sono in salute allora lo sono anche gli artisti. Ho limitato molti degli aspetti alternativi e collaterali all’interno del padiglione per ridistribuirli in città. I talk si sono sempre tenuti in fiera mentre quest’anno il programma di queste conversazioni avrà luogo alla Triennale di Milano. Questi contenuti di Miart si aprono a un pubblico più ampio, generalista, che magari il sabato pomeriggio, mentre è immerso in una passeggiata per Parco Sempione si ferma a sentire storie legate dal filo comune dell’arte che esce dai suoi contenitori tradizionali. Lo stesso si può dire con la collaborazione con Radio DeeJay e M2O, due radio in cui non si parla solo di arte ma che possono essere efficaci per veicolare e tradurre i temi e i linguaggi dell’arte per chi non le frequenta spesso e avvicinarli a questa con minore diffidenza.

Come è cambiato il rapporto tra la fiera e la città di Milano dopo l’iniziale sinergia attivata dal suo predecessore Vincenzo De Bellis nel 2015 e portata avanti da Lei con Tommaso Sacchi fino allo scorso anno?
La lezione e l’idea che ha risollevato Miart e l’ha portata ad essere una fiera fondamentale sul piano europeo è stata proprio di Vincenzo De Bellis che ha capito che puntare sulla città, sull’amministrazione pubblica e sulle istituzioni era vincente. Da questo è nato tutto. Io mi sento estremamente fortunato a lavorare per una fiera che è riuscita a trovare un punto di contatto virtuoso tra pubblico e privato. Di questo si parla da sempre, a Milano però non si parla soltanto, si fa.  Quest’anno per la prima volta avremo il premio Henraux Foundation Sculpture Commission. La giuria, composta da Gianfranco Maraniello, Massimiliano Gioni, Edoardo Bonaspetti e Catherine Nichols, sceglierà all’interno della fiera un artista a cui commissionare una nuova opera in marmo che verrà esposta per un anno nel Museo del 900 di Milano. Qualcosa che nasce nella sfera del privato vivrà nella dimensione pubblica, sarà visibile da chiunque, cittadini e turisti. Questa è la prova tangibile di queste sinergie e posso testimoniare quanto sia stato facile portare a termine questo progetto in quanto nella città si comprende davvero quanta efficacia siano in grado di apportare collaborazioni come questa.

Giorgio Morandi, Natura morta. Courtesy Galleria d’Arte Maggiore

Ad oggi uno dei trend che sta cavalcando il mercato è quello della pittura: come giudica questo interesse tanto condiviso in un momento storico in cui il digitale si sta ritagliano uno spazio sempre più ampio?
Credo che ci siano due riflessioni da fare: la prima è che storicamente nei periodi di crisi il collezionismo guarda sempre alla pittura perché è più sicuro l’investimento in questa direzione. A mio avviso è anche il più facile degli investimenti anche per ragioni pratiche, quali il trasporto, l’esposizione e lo stoccaggio. In questo momento poi credo che ci sia una reazione naturale all’abbuffata di digitale che tutti noi abbiamo fatto tra il 2020 e 2021. Molti, e io in primis, ho sentito una sorta di rigetto per quella ondata di digitale forzata. Questo ha portato a un riavvicinamento al fisico. Ho cercato comunque nella fiera di portare avanti dei linguaggi alternativi: ha poco senso fare una fiera focalizzata solo sulla pittura, altrimenti si tornerebbe ai saloni della Parigi degli anni ’20. Ho sollecitato le gallerie a cercare far dialogare la pittura con qualcosa di scultoreo o che sfruttasse altri linguaggi.

L’edizione 2022 ha visto la presentazione dell’esposizione “Tra pennelli e immagini virtuali. La pittura italiana nei nuovi anni Venti” organizzata da Intesa San Paolo. Tale collaborazione in che modo si vedrà rinnovata quest’anno e quali benefici ha già portato alla Fiera? 
Il nostro rapporto con Intesa San Paolo è estremamente solido, loro sono main sponsor e main partner della Fiera e sono persone con cui è facile dialogare per via dell’affinità di linguaggio e ambizione. Insieme vogliamo sfruttare questo momento per creare contenuti nuovi e in questo caso viene rinnovato il rapporto di collaborazione, dedicando a loro uno spazio assestante. È sempre piacevole dialogare con loro perché sono in gradi di comprendere che Miart è l’occasione per creare qualcosa di diverso e interrogarsi su quali possono essere le modalità per percorrere delle strade alternative.

La recente notizia sulla disponibilità europea a voler fissare l’IVA 10% sulle transazioni inerenti beni di natura artistica sembra far intravedere all’orizzonte un forte cambiamento per il mercato Europeo qualora tale direttiva venga accettata tutti gli stati membri. Crede che il contemporaneo italiano sia pronto a competere con l’offerta internazionale fieristica odierna sia dal punto di vista qualitativo che dal punto di vista della solidità del mercato ? 
Assolutamente sì. Sulla questione dell’IVA ci siamo spesi anche noi come Fiera Milano. Tale  tema rappresenta senza dubbio un forte limite per il mercato italiano odierno. Abbiamo molte volte provato a fare pressione e organizzato tavoli di confronto per cominciare a presentarci come il grimaldello attraverso cui le gallerie possono ottenere un trattamento più equo e vantaggioso rispetto a tutti gli altri competitor internazionali. Il mercato italiano a mio avviso merita forte attenzione, ha un potenziale di crescita straordinario. Ci sono dei limiti fiscali che impediscono a fare il salto che molte gallerie del nostro paese potrebbero ormai permettersi. La mia relazione con la reti di galleristi mi ha continuato a dimostrare, anche in questi mesi, che il livello di professionalità nel nostro paese e la capacità di gestioni degli artisti è valida. Ricordiamoci che senza le gallerie non avremmo gli artisti e senza gli artisti non avremmo l’arte. Il mio lavoro è quello di trovare un modo per aiutarli e battaglie come quelle sull’IVA non possono che vederci schierati in prima linea. 

Marina Abramovic Artist Portrait with a Candle (B), 2012, LIA RUMMA

Info: www.miart.it