Fuoriscena. L’eterna sfida del teatro indipendente nel libro di Paolo Giorgio

Ricognizione sulla scena teatrale indipendente nella Milano di oggi: discese e risalite di un sistema che viaggia fuori dai circuiti ufficiali

Cosa vuol dire fare teatro indipendente? E nel momento in cui, finalmente, ci si interfaccia con istituzioni pubbliche e si accede a dei finanziamenti, possiamo ancora parlare di pratica indipendente? Come restare slegati dalle logiche dei bandi e del mercato e pure entrare in contatto con la comunità, diventare città?

Milano possiede uno dei sistemi teatrali più solidi e articolati sul territorio nazionale, all’interno del quale lavora una scena indipendente variegata nata negli anni Novanta, che mescola stili e approcci differenti sia dal punto di vista artistico che da quello organizzativo, portando avanti un importante lavoro sul territorio, che spesso però è castrato dalla mancanza di fondi, dalle difficoltà di sostentamento delle compagnie, dalla mancanza di spazi in cui svolgere le attività di ricerca e di spettacolo. Un settore privo di adeguate tutele per i lavoratori, che ha conosciuto una serie di crisi negli anni Duemila, compresa l’ultima generata dalla pandemia di Covid-19 che ha completamente paralizzato il settore dello spettacolo, già estremamente fragile. Fuoriscena. Teatro indipendente a Milano di Paolo Giorgio, uscito per postmedia books nel 2022, racconta i percorsi di questi spazi attraverso la voce dei suoi protagonisti, ripercorrendone gli inizi, i progetti più originali, i fallimenti e i successi. Un racconto di quello che è rimasto fuori dalla scena, dietro le quinte, di quello che non si vede quando cala il sipario e terminano gli applausi. Ostacoli e resistenze ma anche grandi atti di coraggio, riflessioni visionarie sull’atto teatrale, racconti di eventi formidabili e analisi di come sia stato possibile realizzarli. Il libro di Paolo Giorgio vuole essere un affresco su vent’anni di teatro sotterraneo, quello nato e cresciuto tra le parentesi di due eventi tragicamente epocali: il crollo delle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 e il lockdown iniziato a marzo 2020. Un manuale di sopravvivenza per continuare a farne esperienza e a renderlo vivo. 

Teatro della Contraddizione, Danae Festival e Teatro delle Moire, A.T.I.R., Animanera, Astorri & Tintinelli, Alma Rosé, Riserva Canini, PIM, ZONA K, IT Independent Theatre, Teatro dei Gordi, Compagnia Oyes, la Confraternita del Chianti, Kokoschka Revival, Phoebe Zeitgeist, Fattoria Vittadini e il Festival del Silenzio, Effetto Larsen, Tournée da Bar, Dopolavoro Stadera, Danio Manfredini. Sono tutti i protagonisti di Fuoriscena, che animano uno a uno i capitoli del racconto. Storie diverse ma che raccontano tutte quante l’incredibile passione dietro l’impegno artistico: «Se ti metti a fare teatro la tua scelta politica l’hai già fatta. Ma poi tutto sta nelle azioni che decidi di compiere e soprattutto nel come decidi di compierle», parla Alessandra De Santis, fondatrice del Danae Festival e Teatro delle Moire. «Che peso abbiamo come artisti, nel mondo, oggi, che peso vogliamo avere? Come possiamo ricostruire una relazione viva con il reale?». Una scelta di vita radicale tante volte, che implica il sacrificio, il tempo speso a fare altri lavori per vivere, le prove di notte, la ricerca di un contatto con lo spazio pubblico, nonostante tutto. Nelle interviste di Giorgio si alternano i ricordi delle esperienze che nascevano spontaneamente, “prima dell’era dell’iperconnessione”, avamposti culturali in cui è stato possibile assistere a spettacoli di primo piano che molto spesso non trovavano lo spazio su palcoscenici istituzionali. «C’era l’esigenza di rendersi visibili».

Per far vivere uno spettacolo è necessario creargli intorno un ambiente favorevole. La risposta di tutti i gruppi è sempre stata autarchica. «In quegli anni non c’erano contesti, andavano creati», ricorda sempre De Santis. Portando anche gli spettacoli fuori dal palcoscenico, lavorando internamente al tessuto urbano, in spazi non teatrali, per strada, trasferendo la pratica al Festival. Uno strumento che è diventato prezioso per l’inclusione e la condivisione di uno spazio creativo per tutti. Gli spazi urbani dismessi, restituiti alla comunità anche attraverso occupazioni illegali, ricorrono nelle biografie dei gruppi teatrali indipendenti. Milano oggi è la città della velocità, delle connessioni, degli eventi glamour e dei progetti. Proprio per questo il sistema teatrale cittadino è un unicum sul territorio nazionale, con due dei teatri italiani più importanti – il Piccolo Teatro e il Teatro della Scala – ma anche il Teatro Parenti, la Triennale Teatro Milano, il Teatro Manzoni, spazi ibridi sperimentali come ZONA K e altre realtà estremamente attive sul territorio. L’amministrazione comunale supporta la scena teatrale cittadina attraverso le Convenzioni Teatrali del Comune di Milano ma non è ancora abbastanza. Sicuramente la forza metropolitana della città, proiettata in larga parte sulla scena europea, ha permesso una serie di sperimentazioni avanguardistiche ma l’identità culturale della città si regge anche grazie alla sua ricca e appassionata scena indipendente che nel tempo è diventata un autentico punto di riferimento. «C’è tutto questo nel nostro lavoro, ma se devo dire la verità, se devo dire perché lo faccio – dice Manuel Ferreira di Alma Rosé – è perché mi fa stare bene».

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