Dopo il successo della collettiva The Expanded Body (gennaio – marzo 2022), la galleria 1/9unosunove di Roma ospita una nuova mostra curata nuovamente da Angelica Gatto e Simone Zacchini. Il 19 gennaio ha aperto Fou Rire, una mostra attuale, dalla pertinenza quasi politica, forte sia nell’estetica che nella riflessione retrostante. Rimane invariata l’idea di prendere come simbolo della mostra una carta dei tarocchi: se per The Expanded Body il simbolo era la carta de Il Mondo, questo nuovo percorso si articola prendendo ispirazione dalla carta de Il Matto.
La collettiva ospita opere di otto artisti che, in passato o appositamente per la mostra, hanno lavorato attraverso medium differenti su tematiche contemporanee, che i curatori hanno legato insieme prendendo spunto dalla lettura che Alejandro Jodorowsky ha dato alla carta de Il Matto. Le parole del drammaturgo, che risuonano nello studio alla base della mostra, elogiano la debolezza e la rendono forza liberatrice dalle imposizioni di una società iper-produttiva: Il Matto diventa così una figura simbolo di una produzione indipendente, fuori dai canoni della società post-capitalista, che libera l’ironia, il divertimento ma anche l’inutilità dalla logica alienante della società contemporanea. Non a caso la mostra si apre con un’opera di Mirella Bentivoglio (Klagenfurt, Austria, 1922 – Roma, 2017), una gabbia di H nere, tra le quali spicca una O rossa, simbolo di evasione e non omologazione.
Il percorso si articola poi attraverso una riflessione sulla dicotomia del burn in/burn out, ovvero l’effetto di permanenza delle immagini sullo schermo e la sindrome derivata da una condizione di stress cronico. Rendere quel “bruciare” (to burn) costruttivo è l’intento della mostra e delle opere che ospita. Questo tema diventa realtà attraverso una pluralità di tecniche: dall’istallazione di Jonathan Vivacqua (Erba, Como, 1986), che utilizza in modo a-funzionale le reti elettrosaldate da cantiere facendole diventare le protagoniste della scena (solitamente nascoste nel cemento dopo la costruzione), ai tre interventi di Francesca Cornacchini (Roma, 1991), ovvero performance, tela cucita e fotografia, che riflettono sui concetti di condizionamento e norma sociale. Nel trittico di Giulio Bensasson (Roma, 1990) Non so dove, non so quando (souvenir di una muscolatura animale) le diapositive d’archivio vengono immerse in un liquido composto di muffe, funghi ed elementi organici, decomponendo l’immagine e rendendola tela per il tempo e per la casualità. Il Matto nella grande tela di Cristiano Carotti (Terni,1981) prende le sembianze della morte che si muove con tre cani infernali verso una meta sconosciuta e poco importante, scortata anche dai due lupi in maiolica ai lati del dipinto: in una società alienata, la figura del matto sembra non avere più un posto, non può apportare “niente” al sistema produttivo e può invece solo “morire” e vagare invano.
Nella seconda sala della galleria le intriganti figure delle tre tele di Andrea Martinucci (Roma, 1991) fanno interrogare lo spettatore su ciò che realmente sta osservando: un guanto, una sedia, uno stivale; oggetti quotidiani che assumono tutt’altra entità, diventano mostruose e familiari allo stesso tempo, immagini perturbanti che deformano la figurazione pittorica tradizionale. Lo spettro delle tecniche utilizzate dagli artisti si amplia ancora di più con i cut-outs di Niccolò Moronato (Padova, 1985): la serie Golf is a violent sport, con l’annessa sonorizzazione in cuffia dello sferzare delle mazze da golf, indaga il rapporto tra iper-produttività umana e ambiente utilizzando i campi da golf come veicolo, la cui costruzione distrugge grandissime zone verdi per lo sviluppo delle basi del gioco. Riprendendo le riviste patinate che propongono la perfezione estetica dei campi, le immagini rivelano una sovrapposizione di piani visivi in cui quella stessa perfezione lascia spazio all’ambiguità. L’altro apporto scultoreo della mostra si incarna nelle tre istallazioni scultoree di Camilla Gurgone (Lucca, 1997): rotoli in carta termica tenuti in tensione da una barra porta comande in alluminio riportano immagini selezionate da algoritmi di intelligenza artificiale che tentano di rappresentare sogni, fatti dall’artista o a lei raccontati. La possibile e potenziale evanescenza delle figure dalla carta termica interroga ancora una volta lo spettatore sulla temporalità, in questo caso dei ricordi e della memoria che tende a sbiadire. “Cosa resta dopo l’incendio nell’immagine, negli occhi, nel corpo e nella mente?“.
Se il corpo era stato centro focale di The Expanded Body, in questa nuova mostra l’aspetto mentale e celebrale del corpo entra in conflitto con esso, rispondendo però alla domanda precedente, diventando cioè creazione di qualcosa di nuovo e non apatica stasi al sistema. Visitabile fino al 4 marzo, Fou Rire, invita a riflettere ma allo stesso tempo a non prendersi sempre sul serio, a essere curiosi ma anche a non cercare sempre una risposta o una soluzione per le proprie domande.
«Lo sai che in qualunque momento si può verificare un cambiamento di coscienza, lo sai che all’improvviso puoi cambiare la percezione che hai di te stesso? A volte si crede che agire significhi avere successo rispetto a qualcun altro. Errore! Se vuoi agire nel mondo, devi far esplodere la percezione dell’io che ti è stata imposta, appiccicata addosso fin dall’infanzia, e che si rifiuta di cambiare. Devi ampliare i tuoi limiti all’infinito, senza posa. […] Smetti di essere il testimone di te stesso, smettila di osservarti, sii attore allo stato puro, un’entità in azione. La tua memoria smetterà di registrare i fatti, le parole e i gesti che hai compiuto. Perderai la nozione del tempo. Fino a ora hai vissuto sull’isola della ragione trascurando le altre forze vive, le altre energie. Il paesaggio si allarga. Unisciti all’oceano dell’inconscio. Allora sperimenterai uno stato di supercoscienza in cui non esistono fallimenti né incidenti. Non hai una concezione dello spazio, diventi spazio. Non hai una concezione del tempo: sei il fenomeno che arriva. In questo stato di presenza estrema, ogni gesto, ogni azione sono perfetti». [A. Jodorowsky, La Via dei Tarocchi]
Fou Rire
Mirella Bentivoglio, Giulio Bensasson, Cristiano Carotti, Francesca Cornacchini, Camilla Gurgone, Andrea Martinucci, Niccolò Moronato, Jonathan Vivacqua
a cura di Angelica Gatto e Simone Zacchini
fino al 4 marzo
1//9unosunove – via degli Specchi 20, Roma
info: www.unosunove.com