Fine febbraio 2020. «Ero di rientro a Ferrara, quando arrivò sul cellulare una email dove si annunciava la chiusura del liceo in cui insegnavo e di tutte le scuole dell’Emilia Romagna; era l’inizio del lockdown. Una epidemia misteriosa e aggressiva, per la prima volta in modo concreto, minacciava e sconvolgeva la nostra tranquilla esistenza. Una brutta sensazione che preannunciava un radicale cambiamento delle abitudini di ognuno. In quell’istante è nata l’idea, definita nei giorni successivi, forzatamente rinchiuso in casa». L’idea a cui fa riferimento Gianfranco Vanni (alias Collirio), artista tra fumetto, illustrazione e pittura, è presto spiegata. «Mi sono tornati alla mente alcuni film, che hanno contribuito a delineare meglio (ed ampliare) un progetto che parlasse di paura e pandemia. Oltre alle pellicole di Friedrich Wilhelm Murnau (Nosferatu il vampiro del 1922) e di Werner Herzog (Nosferatu, il principe della notte del 1979), ho pensato a titoli come Andromeda (1971) di Robert Wise, La città verrà distrutta all’alba (1973) di George A. Romero, Il seme dell’uomo (1966) di Marco Ferreri».
Da queste basi cinematografiche Vanni ha costruito – a tavolino – il progetto Trilogia della peste, portato avanti nei due anni successivi, con la realizzazione di tre graphic novel dove l’epidemia è il treait d’union tra racconti diversi: Edipo re, di pasoliniana memoria, Marco e il seme dell’uomo e, appunto, Nosferatu, sinfonia di terrore. Pubblicato da Edizioni La Carmelina, quest’ultimo (92 pagine, 15 euro) ripropone visivamente sia il capolavoro espressionista di Murnau («il regista – e il suo personaggio – rimarrà collegato indissolutamente alle inquietudini della società tedesca degli anni Venti. Il suo film, che ho visto per la prima volta alle superiori, non mi ha mai fatto paura. Un po’ perché avevo già interiorizzato tutti i lungometraggi del conte Dracula/Christopher Lee del regista Terence Fisher, un po’ perché il terrore si genera, almeno secondo me, da ciò che non si vede o non si riesce a percepire, come i fantasmi e il paranormale») sia l’affascinante rifacimento di Herzog («una pellicola geniale, al pari del suo regista. Una riflessione filosofica sulla morte, che viene mostrata fin dalla prima inquadratura, attraverso una lenta carrellata che scruta freddamente una lunga fila di corpi mummificati»).
Già dalla prima tavola di Nosferatu, sinfonia di terrore si intuisce come sia basilare e fonte di ispirazione il film del 1979. «Per la cronaca, i disegni dei corpi mummificati, non sono stati ripresi dai fotogrammi di questa pellicola, ma da alcune fotografie delle catacombe dei cappuccini di Palermo», incalza Vanni – insegnante di storia dell’arte fino a pochi mesi fa, adesso in pensione – che quindi tratteggia la scelta di utilizzare il colore (e non il bianco e nero) per le tavole: «Mi interessava fare qualcosa che assomigliasse al Nosferatu di Herzog. Un’operazione estetica/concettuale similare. Strutturalmente mantenere e rispettare la base del film di Murnau, ma intervenendo in modo minimalista sul colore (legato soprattutto alle tonalità fredde, in particolare ai blu) evidenziando così la “penombra” e dando un tono crepuscolare al graphic novel».
A questo punto è d’obbligo chiedere all’autore – che ha cominciato a occuparsi di fumetto e illustrazione alla fine degli anni Settanta – la metodologia di lavoro applicata. Immediata la replica: «Per il mio Nosferatu ho operato utilizzando il solito metodo. All’inizio realizzo un brogliaccio con scene e sequenze sistemate in ordine cronologico poi, come un autore/artigiano, lavoro su ogni tavola, partendo sempre da uno storyboard fino alla conclusione della storia. Di solito, per concludere un volume a fumetti, impiego sette/otto mesi di lavoro». Eventuali criticità? «Le difficoltà che ho incontrato non si sono evidenziate nel lavoro quotidiano, ma con editori invasivi, legati a logiche di mercato sempre più pressanti, restii a pubblicare un graphic novel dove il testo è minimale. Per fortuna in Italia esistono molti piccoli editori indipendenti che se ne fregano delle mode e delle logiche di mercato», chiosa Vanni.