A ottobre era approdato in via Vittorio Veneto con un progetto di arte pubblica che portava nella strada simbolo della Dolce Vita delle enormi aragoste giganti.
L’artista britannico Philip Colbert torna nella capitale con The Lobster Empire, personale in mostra presso il Complesso di San Salvatore in Lauro, fino all’8 gennaio 2023.
Considerato tra i più innovatori dello scenario contemporaneo, attivista per l’ambiente al fianco di Platform Earth, pioniere del Metaverso, il lavoro di Colbert attraversa la storia dell’arte, il digitale e la Pop Art con un gusto satirico e provocatorio che gli è valso la consacrazione nell’arte internazionale come il “figlioccio di Andy Warhol”.
Nella mostra realizzata da Bam srl in collaborazione con Studio Philip Colbert e Catherine Loewe, l’artista presenta una selezione dei suoi lavori più celebri: diciotto opere, tra scultura e pittura che raccontano il mondo di Colbert racchiuso nel suo personaggio più iconico: l’aragosta.
«Un cartone animato contemporaneo protagonista del Surrealismo, quasi un alter ego», spiega l’artista che nei mesi scorsi ha anche lanciato un progetto comunitario sul metaverso, Lobstars: una collezione di 7.777 aragoste NFT, acquistando le quali i collezionisti hanno ottenuto anche la cittadinanza di Lobsteropolis City, l’intera città dedicata all’aragosta, che Colbert ha fondato sulla piattaforma del mondo virtuale in 3D, Decentrentraland.
Un progetto virtuale sì, ma con importanti ricadute nel modo reale: la cospicua somma ricavata dall’operazione è stata infatti devoluta alla ricerca a favore del benessere degli animali marini, in linea con le ultime direttive del governo britannico.
Esposta in mostra la serie di preziose sculture in marmo bianco di Carrara che riproducono l’aragosta in scene classiche, dal combattimento con il Minotauro al taglio della testa di Medusa, fino alla lotta con il serpente nel gruppo scultoreo del Laocoonte, e una selezione di opere pittoriche che raccolgono immagini pop in tableaux pieni di ironia. A una più attenta lettura emergono i livelli di studio che l’artista britannico inserisce nelle tele, la passione per la filosofia e la storia dell’arte, lo studio delle tecniche compositive degli antichi maestri. Un dialogo tra passato e presente che può risultare a tratti stridente e che si riverbera su tutta la città, in mezzo alla vivace vita contemporanea si scontra senza soluzione di continuità con le antiche civiltà.