Il caso delle influencer agli Uffizi, tra perbenismo e questioni legate al sex work

Il caso degli Uffizi, guardando oltre la bufera mediatica, mostra il complesso rapporto tra istituzioni culturali e tabù sessuali

26 ottobre – È una mattinata pacifica, nei placidi corridoi delle Gallerie degli Uffizi, turisti e curiosi si lasciano affascinare dai maestosi capolavori del Rinascimento e del Manierismo italiano, ignari del fatto che una tempesta mediatica è in procinto di avvolgere uno dei più prestigiosi e celebri musei d’arte della Penisola. Una bufera da smartphone, come quelle che di recente siamo sempre più abituati a dover vedere passare di fronte ai nostri sguardi di osservatori digitali. 

Il post della discordia 

Non si placa ancora la polemica che ha investito nelle ultime giornate Alex Mucci ed Eva Menta, account Instagram da quasi dieci milioni di follower, che senza timore reverenziale e qualsiasi forma di discrezione posano di fronte alla Venere di Sandro Botticelli. Le due giovani modelle non nascondono di produrre reddito sulla piattaforma web d’intrattenimento per adulti Only Fans, in cui foto di nudo vengono condivise con altri utenti in cambio di un compenso. Gli scatti vengono caricati sui profili personali delle due che attraggono in brevissimo tempo un più che discreto riscontro ma non passa molto prima che gli Uffizi facciano sentire la loro voce, richiedendo e ottenendo la rimozione delle fotografie dai loro account Instagram.

Le modelle acconsentono alla rimozione del contenuto ma non evitano di inviare al mittente un commento tagliente: «Sono le 4.30 del mattino – scrivono nei loro profili Instagram – e ci rendiamo conto che la situazione è sfuggita di mano. Sta diventando frustrante contenerla. Abbiamo deciso di archiviare (momentaneamente) il post per fare calmare le acque, almeno finché la situazione non rientri. Questa non è un’ammissione di colpa da parte nostra, che continueremo a far valere il nostro gesto come atto creativo e non denigratorio. Il post è solo archiviato, per ora».

Eva Menta e Alex Mucci

Nessun pomo della discordia, nessuna divinità e nessuna ninfa in quest’episodio, il tempo dei miti antichi è ormai lontano: non basta un pomo a seminare la stessa discordia che adesso riesce a produrre un semplice post sui social. La morale oggi emerge solo nella disputa: diventa mantello di cui fregiarsi per rimarcare il proprio ruolo, per definire il proprio status, il polo a cui appartenere, per poi dissolversi e non lasciare nulla dietro di sé, se non pugni di lettere destinati a essere spazzati via dal fiato di un algoritmo. 

Il commento delle istituzioni

Mucci e Menta non fanno troppa resistenza e il Museo ottiene ciò che è stato chiesto, disconoscendo una tale forma di mancanza di rispetto verso un capolavoro come quello finito, senza autorizzazione, sul loro feed di Instagram.

Il museo tiene a sottolineare, e a mostrare mentre lo fa, che a un tale «spot indecente», come lo definisce Alessandro Drago, consigliere comunale di Firenze in quota Fratelli d’Italia, non si assocerebbe mai. L’istituzione culturale si giustifica con una nota in cui spiega: «Evidentemente le due persone sono entrate al museo con le giacche chiuse, e si sono guardate bene, poi aprendole, di rimanere fuori la visuale dei custodi: altrimenti sarebbero state accompagnate fuori dal museo, come è avvenuto negli altri analoghi casi (rari) avvenuti negli ultimi anni». 

Uffizi

Draghi evidenzia che «agli Uffizi si entra secondo il regolamento» che prescrive «un abbigliamento consono all’ufficialità degli ambienti museali» e che «per le riprese fotografiche» è «permesso scattare fotografie alle opere ai fini di uso personale e di studio», mentre «per ulteriori diversi utilizzi (pubblicazioni o usi derivati anche per scopo commerciale) va richiesta apposita autorizzazione e corrisposto, ove previsto, il pagamento di un canone». Per Draghi quindi «il regolamento è stato violato due volte: gli Uffizi chiedano la rimozione dei post che sfruttano l’immagine della Venere del Botticelli e sbeffeggiano il patrimonio artistico italiano; per stare in abiti succinti ci sono tante discoteche, evitiamo di farlo nel museo più importante di Firenze».

Controcorrente è l’idea del critico d’arte Vittorio Sgarbi che si è espresso sula questione: «Queste due ragazze andrebbero utilizzate (e non osteggiate) se la loro popolarità (sono seguite da 10 milioni di persone) servirà a portare più visitatori nei musei». Un’intuizione che non procede quindi sulla linea segnata in precedenza ma che mette in evidenza il potenziale comunicativo dell’accaduto.

Il mondo della cultura non rinuncia ai suoi tabù

Il museo è un luogo sacro, un luogo di culto laico in cui rigide logiche e regole sociali dirigono il coro di comportamenti degli individui che lo visitano. Un assioma rigido e indiscutibile da cui il mondo della cultura, nella sua complessità, non si è poi così distanziato nell’arco degli ultimi secoli. Pensavamo che Chiara Ferragni con quella foto di fronte alla VenereNdR, Sandro Botticelli è sempre al centro di queste tanto popolari quanto amare vicende –  così contestata, avesse rotto il ghiaccio. L’episodio del 26 ottobre ci fa capire che non è così. Lo sguardo vigile e conservatore di un elìte che guida il fior fiore del nostro patrimonio culturale non sembra voler accettare che il mondo cambia, e in fretta. 

Oggi OnlyFans, la piattaforma dove operano le due modelle, conta più di 130 milioni di utenti con un guadagno stimato nel 2021 di circa 4 miliardi di dollari (fonte Open). La maggior parte di questi introiti deriva da contenuti sessuali di natura esplicita da parte di sex workers. Il picco di interesse per la piattaforma è derivato, naturalmente, dalla pandemia di Covid-19. 

Le giovani ragazze al centro dello “scandalo” potrebbero essere il simbolo di una nicchia sempre più folta di sex workers che oggi vive soggetta a un apparentemente inestinguibile stigma. Nell’immaginario collettivo lo scambio di sesso per denaro rimanda immediatamente a due stereotipi ben radicati: quello delle donne di strada straniere sfruttate, e quello di una piccola élite che esercita la professione d’alto bordo. A loro volta, le persone protagoniste di questa storia unica incarnano perfettamente il ruolo della vittima, da una parte, o della “puttana” dall’altra.

Uffizi

Forse, riuscendo a mettere a frutto il tanto intelletto che la nostra millenaria cultura ci ha dato modo di ereditare potremmo sforzarci di guardare oltre. Il museo è luogo sacro, certo, ma perché simbolo di libertà, collettiva. Il guizzo perbenista degli Uffizi, ai quali non si può certo negare il talento di uscire candidi da polemiche taglienti, come è stato nel caso della collaborazione con Chiara Ferragni e la più recente vendita del Tondo Doni di Michelangelo in forma di NFT, conferma lo spirito abolizionista che emerge in questioni analoghe, in cui si parla di sesso e  lavoratori che con esso sbarcano il lunario. 

Conclusioni 

La notizia della scorsa settimana quindi non si limita solo alla capacità degli Uffizi di uscire vittime innocenti da qualsiasi tempesta mediatica che li colpisca, non riguarda lo sdegno di un consigliere comunale che per formazione e valori non può condividere un atto del genere, non riguarda la censura. Il caso di Eva Menta e Alex Mucci mette sotto ai riflettori un’Italia che non sopporta le estremità, che si rifugia nella formalità, che accetta il politicamente corretto perché sicuro e non provocatorio, lasciandosi sfuggire l’ennesima occasione di mostrare al mondo come la cultura abbia il dovere di segnare il sentiero di una società autentica e pronta ad accettare il cambiamento. Un atteggiamento ipocrita che si incarna in un museo che gode delle luci della ribalta nascondendosi dietro il timore del giudizio del vicino, mentre si sazia il proprio bisogno voyeuristico.

Uffizi