Surrealismo e Magia alla Peggy Guggenheim Collection. La curatrice Gražina Subelytė ci racconta l’incanto della modernità

La mostra alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia ripercorre l'universo dei surrealisti per affrontare il presente

Troppo spesso il Surrealismo viene associato unicamente al sogno e agli artisti che lo hanno reso un movimento, potremmo dire, popolare, contrariamente alla sua natura avanguardista, ricca di sconosciuti saperi. Alcuni dei temi originari del movimento – il Manifesto di Breton è del 1924  – sono stati frequentemente (almeno nel panorama italiano) trattati in secondo piano. La magia, l’esoterismo, l’occulto, il potere femminile come ri-generazione del mondo, la trasformazione personale, il reincanto del mondo, sono tematiche che per la prima volta emergono realmente e con forza in Surrealismo e magia. La modernità incantata, mostra ospitata presso la Peggy Guggenheim Collection – sede veneziana dell’omonima e ben nota Fondazione – che è giunta all’ultima settimana di apertura, ma vedrà una seconda e ben più grande tappa al Museum Barberini di Potsdam. I temi sollevati dalla mostra evocano l’attualità e la possibilità sempre agognata dagli artisti, di poter trasformare se stessi e la realtà circostante mediante il potere taumaturgo dell’arte.
Abbiamo intervistato Gražina Subelytė, Associate Curator della Collezione Peggy Guggenheim e curatrice della mostra, su alcune questioni centrali nella mostra.

In Surrealismo e magia. La modernità incantata emerge il concetto di trasformazione, tema che forse per la prima volta assume così grande importanza in una mostra sul surrealismo. Viene immediato pensare ad un collegamento con l’attualità.
È sicuramente un paragone giustissimo. Di fronte all’insensata realtà delle due guerre mondiali, i surrealisti si sono rivolti all’inconscio e alla magia cercando modi alternativi di comprendere l’universo. Per loro la magia diviene il lasciapassare per una rinascita culturale e spirituale post-bellica, che permette loro di raggiungere l’obiettivo di una rivoluzione totale, soprattutto una trasformazione individuale che diventa il mezzo con cui cambiare il mondo. Quasi cento anni dopo, si possono trovare tanti parallelismi con la nostra era di angoscia pandemica e catastrofe climatica e, naturalmente, con le guerre, principalmente la catastrofica invasione dell’Ucraina. Come società stiamo vivendo tempi difficili, e i surrealisti essenzialmente credevano di poter cambiare il mondo, “reincantare” l’universo in un momento traumatico. Attraverso l’arte desideravano affrontare le paure dell’umanità e superarle. Il Surrealismo è una filosofia di vita che sceglie di approcciarsi al mondo positivamente per rinnovarlo a partire dalla conoscenza di se stessi. Credo che ognuno di noi possa trarvi ispirazione rispetto all’attualità che stiamo vivendo.  

Max Ernst, La vestizione della sposa, 1940, olio su tela. Peggy Guggenheim Collection, Venice (Solomon R. Guggenheim Foundation, New York) © Max Ernst, by SIAE 2022

L’alchimia è al centro del movimento surrealista. Possiamo dire che l’opera diviene per l’artista un processo di formazione personale? Se sì, in che senso?
Sì, certamente. Tanti artisti surrealisti credevano che l’arte possedesse inevitabilmente una sua dimensione magica, basata sui poteri illusionistici dell’artista e sulla sua capacità di evocare nuovi mondi con il pennello. Spesso raffiguravano l’artista come alchimista. “Non è difficile capire perché l’alchimia si chiami arte”, scrive nel suo libro Lo specchio della magia (1948), Kurt Seligmann, l’esperto di magia nel Surrealismo, osservando come entrambe “si fondano sull’immaginazione non meno che sull’abilità manuale”. Sottolinea, inoltre, l’intrinseca analogia tra alchimia e prassi artistica, dato che entrambe fanno affidamento sulla liberazione della mente da qualsiasi vincolo o limitazione. Così facendo, riprende perfettamente il Secondo Manifesto del Surrealismo di André Breton (1929), dove si sottolineano le analogie tra Surrealismo e alchimia, sostenendo che la raison d’être comune è il tentativo di “affrancare definitivamente l’immaginazione”.
Molti surrealisti inseriscono nelle loro opere simboli alchemici. L’alchimia era considerata una pseudoscienza dedita alla trasmutazione dei metalli grezzi in metalli preziosi e quindi una metafora di trasformazione fisica e spirituale per ottenere uno stato di perfezione. L’interpretazione surrealista dell’alchimia si concentra soprattutto sul concetto di maturazione psichica collegata alla ricerca di auto-realizzazione. I surrealisti sono attratti dal linguaggio alchemico di rinascita e rigenerazione e se ne servono come metafora di rinnovamento sociale e culturale. Inoltre, si rifanno al tropo delle Nozze sacre per esprimere il desiderio sessuale. L’interpretazione surrealista dell’alchimia si basa su molte fonti, dai libri sull’occulto di Émile-Jules Grillot de Givry ed Éliphas Lévi alle teorie psicologiche di Carl G. Jung.

Leonora Carrington, La cucina aromatica di nonna Moorhead, 1975, olio su tela. Charles B. Goddard Center for Visual Performing Arts, Ardmore, Oklahoma © Leonora Carrington, by SIAE 2022

Altro tema messo in luce nel percorso espositivo è il ruolo femminile all’interno della poetica surrealista. Che importanza ha la figura della donna per gli artisti surrealisti? 
La concezione surrealista della donna è poliedrica e anche contraddittoria: la donna può essere fatale, caotica, erotica, magica o potente, e trasformarsi o essere trasformata in fata, dea, sacerdotessa, profetessa, strega o bestia mitologica pericolosa, una chimera, una sirena o una sfinge. Tuttavia, il significato di queste figure spesso dipende dal genere dell’artista. I pittori uomini di solito attribuiscono alla donna qualità stereotipate: la donna è sessualizzata, fertile e legata alla natura. Eppure, in teoria, il Surrealismo sostiene le donne. Nel testo a tema alchemico, Arcano 17 (1945), André Breton guarda all’autorità matriarcale e ritrae personaggi femminili trionfanti. Insieme ad altri artisti ritiene che l’emancipazione femminile abbatterà i confini tra i sessi, annullerà la visione dominante e dualistica del mondo e porterà alla rivoluzione utopica per una società migliore, da un punto di vista tanto estetico quanto politico. 
Molte artiste e scrittrici si associano al Surrealismo, in particolare durante gli anni ‘30 del XX secolo. Le loro interpretazioni della donna sicura di sé e dedita alla ricerca, oppure maga e non più musa ispiratrice, destabilizzano le tipologie femminili tendenziose formulate originariamente da una cerchia esclusivamente maschile. Le artiste riconoscono il potenziale surrealista e le possibilità offerte dall’interesse del movimento per il mito e l’occulto, che impiegano per promuovere strategie e obiettivi di emancipazione femminile decisamente proto ­femministi.
Pittrici come Leonora Carrington, Leonor Fini, Remedios Varo e Dorothea Tanning rifiutano la nozione della donna come accessorio passivo nella ricerca di avventura e supremazia dell’eroe. Ritraggono le loro protagoniste come soggetti attivi di narrazioni che riflettono un profondo interesse per la magia, la mitologia e la stregoneria. In innumerevoli opere guardano alla sovrapposizione tra gli ambiti dell’umano, dell’animale e del vegetale e alla continuità incantata del regno della natura.

Leonor Fini, La fine del mondo, 1949, olio su tela. Collezione privata © Leonor Fini, by SIAE 2022

La mostra termina il 26 settembre nella sede veneziana ma seguirà una seconda tappa dal 22 ottobre 2022 al 29 gennaio 2023 al Museum Barberini di Potsdam. Può anticiparci qualcosa?
L’esposizione a Potsdam sarà più grande, perché gli spazi del Museum Barberini sono molto più grandi (soffitti alti di 5 metri). A Venezia abbiamo circa 60 opere, e a Potsdam invece ce ne saranno circa 90.  

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