“Incompiuto Terrestre”. La mostra di 108 per Spazio C21, a Reggio Emilia

Tra i maggiori esponenti del post-graffitismo in Italia, 108, all’anagrafe Guido Bisagni, espone le sue opere nella cornice di Palazzo Brami

Incompiuto Terrestre è la nuova mostra di 108, all’anagrafe Guido Bisagni (Alessandria, 1978), per Spazio C21. Spazio espositivo privato nato nel 2016 a Reggio Emilia, all’interno della cornice di Palazzo Brami. Un outdoor che dedica le sue vetrine e il cortile centrale al lavoro di artisti, nazionali e internazionali, con l’intento di promuovere quei linguaggi artistici che fondono al loro interno una pluralità di sottoculture metropolitane e globali, spesso distanti dalle esperienze e dalla cultura di provincia: writing, arte urbana e nuovo muralismo.
Tra i maggiori esponenti del post-graffitismo in Italia, 108 inizia la sua ricerca artistica con un approccio al graffito tradizionale. Dopo il trasferimento a Milano, alla fine degli anni Novanta, e la laurea in Disegno Industriale, la sua cifra stilistica evolve formalmente e concettualmente. Si allontana dai “ragazzi del Bronx” con cui non condivideva la stessa cultura: “volevo distruggere l’egocentrismo del tag, volevo combattere il mio ego. Volevo emanciparmi dalla parete”, racconta.
E poi il Punk. La cultura underground dello skateboard, i circoli della musica industrial e noise – che nella metà degli anni Ottanta e Novanta erano davvero avanguardia – hanno formato la sensibilità e la visione estetica di 108 e anche un certo utilizzo dello spazio pubblico e dell’arte come mezzo di appropriazione e comunicazione nelle mani del singolo.

L’esposizione da Spazio C21 comprende cinque grandi tele e un’installazione di opere su carta. La produzione dell’artista, infatti, oltre al muralismo si manifesta anche con sculture, suoni, dipinti e installazioni. 108 è solito lavorare su carta, dipingere su tela e tavole di legno, scolpire l’argilla o la cartapesta, stampare e fotografare anche. Un processo creativo plurale che utilizza soprattutto le mani, i pennelli, i rulli, la matita, gli spray e i pastelli. 
Ne viene fuori un codice distintivo, che si esprime nella predominanza del nero che inghiotte le figure quasi oniriche delle sue opere, cupe, semplici e ipnoticamente ripetitive, con riferimenti visivi che vanno dall’arte primitiva ai boschi della natura, dalla cultura numerologica e tribale fino al mondo urbano e caotico delle sottoculture. “Il nero simboleggia indistintamente tanto la mancanza quanto l’eccesso”, come scriveva il filosofo Alain Badiou, e in questo senso le figure di 108 richiamano sì, forme immateriali, ombre e buchi neri ma anche una densa corporeità, la pesantezza del monolite, la solidità del pieno.

Dicevamo l’incompiuto. Nelle tele esposte, il nero è questa volta squarciato da scie di colore, segni ortogonali rossi o azzurri spezzano la sinuosità della forma e aprono un varco, come una ferita. Però “la ricerca rimane fedele a sé stessa – raccontano nel testo critico i due autori Domenico Russo e Andrea Tinterri è solo la testimonianza di una variazione emotiva. La testimonianza di una forma a prima vista tendente verso la ricerca della perfezione e che svela invece qualcosa di incompiuto. Qualcosa da completare”. 108 lascia sempre spazi interpretativi aperti al fruitore, in modo da non incasellare mai nulla in uno schema statico, in un prodotto finito e confezionato che annulli l’occhio di chi guarda. Da quegli squarci, dagli intervalli delle aperture di colore, Incompiuto Terrestre richiama alla vista la stupenda imperfezione umana lasciando visibili i ripensamenti e gli errori. Un vuoto incompleto, qualcosa che laceri e poi lasci il segno.

Per tutte le info: www.spazioc21.com