Diritto e NFT: un po’ di chiarezza sullo stato dell’arte e sulla necessità di regolamentare il mercato delle riproduzioni digitali

Perché tutti ce l'hanno con gli Uffizi? Quanto sono pericolosi gli NFT per il nostro patrimonio artistico? Abbiamo chiesto a Virginia Montani Tesei, esperta di diritto d'arte

La tempesta mediatica che si è abbattuta sugli Uffizi continua a lasciare spazio a discussioni e perplessità e solleva domande utili a fare chiarezza sul rapporto tra l’opera d’arte e la sua riproduzione e vendita sotto forma di NFT. Quanto sono pericolosi i non fungible token per il nostro patrimonio artistico? Che cosa è necessario fare per regolamentare un mercato che rischia di trovarsi in balia della cryptojungla? Mentre dal Ministero, Franceschini assicura che si sono messi a studiare le linee guida per un fenomeno del tutto nuovo, noi ne abbiamo parlato con Avv.Virginia Montani Tesei dello Studio Legale Montani Tesei, esperta di diritto dell’arte.

Secondo te quali sono le ragioni che hanno provocato la bufera che si è scatenata in questi giorni sul tema NFT/Uffizi?
«Credo che questa bufera sia dovuta in primo luogo dalla non conoscenza degli NFT e dalla paura che possa essere usurpato o violato il nostro patrimonio culturale, attività che non è affatto semplice, e che di certo non può essere causata dalla riproduzione digitale di un’opera legata ad un NFT. Gli NFT sono uno strumento tecnologico che ha fatto irruzione nel mondo dell’arte in modo dirompente e culturalmente in Italia non siamo ancora abituati a vedere i Musei coinvolti nel mercato».

È evidente che la vicenda abbia fatto emergere delle “leggerezze” nel trattare la materia degli NFT in termini legali. Attualmente quali leggi regolano la questione dell’autorialità e della riproduzione delle opere?
«Attualmente non c’è un testo normativo nazionale o europeo dedicato alla regolamentazione sugli NFT. Ci sono stati degli interventi normativi europei e nazionali che hanno iniziato a definire e regolare le cripto-attività. L’Italia è stato uno dei primi paesi dell’unione europea con il Decreto Legge “Semplificazione” n. 35/2018 convertito in Legge 11 febbraio 2019, n. 12 a dare una definizione giuridica alla blockchain e smart contract. La Banca d’Italia con il “Rapporto sulla stabilità finanziaria n. 1/2018” – ha elaborato una prima definizione di criptoattività (cryptoassets) quale “attività di natura digitale il cui trasferimento è basato sull’uso della crittografia e sulla Distributed Ledger Technology”».

Il fatto che non ci sia stata una gara per selezionare la società quanto è grave?
«Innanzitutto bisogna sottolineare che la Pubblica Amministrazione, nel rispetto di determinate soglie di valore individuate all’interno del Codice degli Appalti, può procedere ad un affidamento diretto (ossia senza indire una gara pubblica). Tuttavia, se nel caso di specie non fossero state rispettate le indicazioni di legge, ci sarebbero delle conseguenze che inficerebbero anche la validità del contratto.

Uffizi e Cinello hanno fatto affermazioni diverse sul contratto stipulato. Leggendo il contratto si può fare un po’ di chiarezza sulle condizioni e sulla durata del diritto all’utilizzo delle immagini riprodotte?
«Leggendo il contratto la prima cosa che balza agli occhi è il fatto che si è regolamentata la riproduzione di una copia digitale legata ad un NFT come qualsiasi altra riproduzione delle opere su supporto cartaceo piuttosto che su oggetti, senza tenere conto delle specificità proprie di questa materia. Creare un NFT a cui legare un’opera d’arte digitale richiede che vengano poste delle clausole contrattuali maggiormente stringenti in tema di durata della cessione del diritto di riproduzione, controllo e proprietà delle riproduzioni. Ma questo certo non vuol significare che si sia “svenduto” un patrimonio artistico. Il Tondo Doni, solo per citarne uno, è ancora patrimonio dello Stato (ex lege) e appeso alle mura degli Uffizi. Tuttavia è certo che per garantire che un Museo possa avere un beneficio economico dalla realizzazione riproduzioni digitali è necessario che vi siano delle linee guida dal Ministero».

Si è utilizzato tanto il termine “svendita” riferito alle opere d’arte del patrimonio culturale italiano messe sul mercato come NFT. Questa considerazione diffusa potrebbe in qualche modo andare a minare il valore dell’NFT stesso? Viceversa, quali sono i rischi per le collezioni dei nostri musei da una speculazione commerciale che sembra sempre più concreta?
«Mi permetto di fare una piccola digressione, è molto comune gridare alla svendita o mala gestio dei beni culturali ritenendo disonorevole guadagnare con la cultura. Questo atteggiamento non è costruttivo atteso che spesso le richieste economiche necessarie per la cura di un (immenso) patrimonio culturale pubblico come quello italiano non trovano una risposta economica sufficientemente capiente, pertanto credo che sia opportuno riconoscere l’onorabilità di guadagnare dall cultura.
Fatta detta premessa credo che le riproduzioni commissionate dagli Uffizi e legate ad un NFT difficilmente perderanno il loro valore atteso altresì che gli Uffizi e la Cinello Srl hanno mintato solo pochi esemplari, creando un NFT c.d. “rare” che difficilmente perderà valore con il tempo. Tuttavia la cessione del diritto di riproduzione delle opere degli Uffizi in favore della Cinello srl non sono in esclusiva e pertanto un domani gli Uffizi potrebbero commissionare altri NFT sulle medesime opere facendo perdere lo status di rarità a quelle di cui ci stiamo occupando. Viceversa, se fatto nel rispetto delle leggi e secondo delle linee guida definite non vedo alcun rischio di un debutto negli NFT per le collezioni dei nostri musei, anzi in qualche modo credo che si potrebbe adempiere all’aspetto più nobile a cui è chiamato un museo: diffondere cultura».

L’ingresso degli NFT nel mondo dell’arte, e in particolare nel mercato dell’arte, ha sicuramente alterato equilibri e dinamiche. Sul piano normativo che cosa potrebbe o dovrebbe essere fatto per mettere a sistema le difficoltà interpretative di questo campo?
«Attesa la velocità con cui si muovono le cripto-attività e la corsa agli NFT nel mercato dell’arte digitale a cui abbiamo assistito, il Legislatore dovrebbe vedere in questo un’opportunità per creare un tessuto normativo che rispecchi realmente il mercato dell’arte contemporaneo. Solo ad esempio, l’obbligo per il mercante d’arte o intermediario di rilasciare l’autentica dell’opera al collezionista (ex art. 64 D.Lgs 42/2004), non potrebbe trovare alcuno spazio di fronte ad una compravendita di opera d’arte legata agli NFT, atteso che l’NFT per sua natura è già egli stesso custode dell’autenticità dell’opera.  Il mercato dell’arte digitale è nato molto prima dell’aggiudicazione in asta dell’opera di Beeple che ha sdoganato gli NFT nel mercato dell’arte più tradizionale e si può solo immaginare che molto presto i due mercati coesisteranno ma questo puo accadere solo se viene creato un sistema di tutela per gli attori del mercato dell’arte».

Il Ministro Franceschini nel servizio andato in onda su Le Iene ha dichiarato: «Oggi tutti sappiamo che cosa sono gli NFT, qualche anno fa non era così. Stiamo studiando le linee guida per un fenomeno del tutto nuovo». In ambito giuridico da quanto si parla di NFT?
«Nel campo del diritto dell’arte si parla di NFT e crypto art da meno di un decennio, solo negli ultimi anni, complice anche la pandemia ed il mercato USA in cui gli NFT non costituiscono già da tempo una novità, il volume di attenzione e di affari nel mercato dell’arte digitale è aumentato notevolmente e con lui anche le criticità che questo puo comportare. Ci sono stati casi in cui i collezionisti, inconsapevoli di non vantare alcun diritto d’autore sull’opera di loro proprietà, hanno mintato la propria opera e legata ad un NFT incorrendo così in una violazione del diritto d’autore. Credo che per stare al passo con quello che accade nel mondo reale avremmo nel giro di poco tempo un intervento normativo che regoli sia il commercio nel mercato digitale e gli scambi di NFT oltre ad un testo normativo sulla criprto-attività».