Federica Di Carlo racconta il suo progetto “Ti guarderò bruciare”, tra arte e cosmo

Roma

Andata e ritorno. Come lo sguardo di Federica Di Carlo, sempre impegnato ad andare a curiosare in mondi lontani per poi riportarne qualcosa indietro. E nel suo ultimo progetto, realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council, si è lanciata in una dimensione lontana e remota, lo spazio. Per poi restituire un’esperienza di un’avventura esaltante: la costruzione artificiale di una stella. Il lavoro Ti guarderò bruciare, infatti, consiste proprio in questo, vivere per 18 mesi con gli scienziati nelle varie fasi della costruzione della Stella Guida, all’interno dei laboratori italiani (INAF- OAR), e di quelli stranieri (Garching, Monaco di Baviera), fino ai test di accensione presso l’Osservatorio astronomico Roque de Los Muchachos sull’Isola de Las Palmas (Canarie). Un processo di andata e ritorno tra la terra e lo spazio, che sta regalando all’artista emozioni primordiali, che sta raccontando in un lungo lavoro di documentazione e che, in futuro, sarà tradotto anche in un’installazione ambientale.

A star is born”, è proprio il caso di dirlo… Cosa ti ha spinto a proporre questa idea all’Italian Council? Come è nato il progetto?
«Ti guarderò bruciare è il progetto con il quale ho vinto la decima edizione dell’Italian Council, sezione ricerca. Tra l’altro è la prima volta che viene inserita questa sezione e ne sono molto contenta, perché credo che la pandemia abbia evidenziato problematiche enormi soprattutto per la figura professionale dell’artista non inquadrata legalmente; è sicuramente un primo passo straordinario per essere supportati in maniera ufficiale dallo Stato in tutte le fasi del nostro lavoro. Tornando al titolo, Ti guarderò bruciare si ispira all’azione quotidiana che facciamo inconsapevolmente da quando siamo nati, ovvero, guardare il sole e tutte le stelle bruciare sopra i nostri cieli diurni e notturni. Questa semplice deduzione è stata un epifania anche per me, nata nel settembre 2020 mentre mi trovavo in residenza in Francia (Residance Saint Ange-Grenoble – interrotta chiaramente causa Covid_19); in quel periodo ero riuscita a creare una collaborazione con l’esperimento internazionale ITER, dove stavano (e stanno ancora) cercando di costruire un “Sole” sulla Terra. Mi aveva colpito questa azione così violenta e intensa dell’uomo che ancora una volta emula Dio, forzando addirittura tutte le leggi fisiche che ci governano per cercare di clonare e manipolare ciò che ci tiene in vita. Chiaramente con la pandemia abbiamo dovuto mettere in stand-by tutto, così mentre attendevo che la vita ripartisse, sono andata alla ricerca dell’azione diametralmente opposta a quella di “prendere dal cielo”. Grazie agli scienziati INAF (istituto Nazionale di Astrofisica) con i quali collaboro da anni, ho scoperto l’esistenza dell’esperimento Laser Guide Star, dove invece stavano “mettendo in cielo” una stella artificiale detta “Stella guida”. Questo esperimento è condotto da tre centri di ricerca internazionali INAF appunto, ESO (The European Southern Observatory) che ne è al comando e IAC (istituto Astronomico Canarie) che li ospita all’interno dell’Osservatorio Roque de los Muchachos. Ti Guarderò Bruciare, ha quindi la volontà di mettere insieme il – prendere dal cielo e mettere in cielo – per raccontare e riflettere su queste due azioni complementari».

Ti guarderò bruciare ©Federica Di Carlo

Qual è l’utilità di una stella artificiale per l’atmosfera e l’ecosistema spaziale?
«Bisogna pensare che l’astrofisica è forse l’unica scienza che fino ad oggi non può effettuare esperimenti diretti sul soggetto del suo studio, il che è anche molto poetico se ci pensiamo, perché sostanzialmente tutto quello che fa da sempre è unicamente guardare nell’universo il più lontano possibile. Quindi per riuscirci, deve continuamente sviluppare dei modi per osservare con estrema precisione, e il funzionamento di questa stella artificiale lo trovo stupendo. Vanno a creare una stella artificiale nel cielo, ma lo fanno utilizzando la polvere lasciata dalle code delle comete che hanno transitato in passato e che transitano anche oggi nella nostra atmosfera. Quindi in realtà, se ci trovassimo a 90km da terra, scopriremmo che questa stella artificiale non è altro che una nuvola di luce al sodio, di un giallo intenso. L’utilizzo di questa tecnologia è fondamentale, perché serve a guidare l’occhio del telescopio verso l’oggetto celeste che vogliono osservare e metterlo perfettamente a fuoco, e credimi non è per niente banale; difatti la Laser guide star permette di correggere la turbolenza atmosferica dell’aria che fa credere al telescopio di vedere sfuocato… un po’ come quando osserviamo  le strisce disegnate sull’asfalto che a causa dell’aria calda estiva ci appaiono mosse. Infine immaginano di poter usare questa stella anche per far parlare i satelliti tra loro a una velocità mostruosa, permettendo in futuro a tutti noi di comunicare anche in luoghi della Terra dove ad oggi non arriva né campo né internet».

Il tuo lavoro, in generale, è molto influenzato dall’osservazione dal basso verso l’alto ma anche dal rapporto tra uomo e natura. Ci racconti come nasce questa tua sensibilità? E dove ti sta portando questa ricerca?
«In realtà il mio sguardo fa sia andata che ritorno, cerca la verticalità ma anche la trasversalità e se possibile ogni tipo di curva. Mi interessano i collegamenti, le calibrazioni e gli equilibri del nostro essere qui. Parlo del sesto senso che la società ci ha insegnato a dividere in compartimenti stagni, al quale ha dato nomi pensando bastasse per delinearne confini… io cerco di tenerlo vivo con l’arte. Ogni progetto mi fa sentire più vicina a comprendere umanamente un pezzettino di mondo, a immergermi negli abissi e riemergere con una conchiglia o un pugno di sabbia bagnata per osservarla al sole. Lavoro in questo modo e per questo la fase di ricerca è per me essenziale, perché è a caldo che appaiono e scompaiono continuamente le possibili forme di un nuovo lavoro. Difatti mi è impossibile scorporare i lavori, sono come matriosche, un progetto è quasi la prosecuzione di quello precedente, come la vita. Se in Italia avessimo più possibilità in termini di spazi ed economie, costruirei esperienze più che mostre. Mi interessa immergere lo spettatore nel flusso creativo, nella storia, che è sempre la stessa storia tra uomo e natura. Quindi prima di arrivare all’installazione ambientale, la stanza immersa o altro, ci sono sempre tante “presenze” che sono corpi lavori satelliti che spesso creo in forma ripetitiva per pensare, come fossero schizzi preparatori. Sono foto, spesso polaroid, collage, disegni, sculture composte, tutti abitanti di uno stesso pianeta al quale cerco poi di dare vita e forma finali. Non riesco a non pensare in maniera spaziale e percettiva. Ed anche qui in osservatorio sta accadendo la stessa cosa, già ci sono nuovi abitanti nella mia mente e hanno sempre già preso la tensione del “prendo dal cielo / metto in cielo”».

Panorama dall’osservatorio Roque de los Muchachos ©Federica Di Carlo

In questi giorni stai vivendo una nuova tappa della tua esperienza a stretto contatto con gli scienziati. Dove sei? E di cosa ti stai occupando?
«Grazie al supporto dell’Iitalian Council e all’apertura degli scienziati INAF e ESO che mi hanno veramente accolta con grande calore, mi trovo in questo momento dentro l’Osservatorio Astronomico Roque de Los Muchachos sull’isola Canaria de La Palma. Il progetto Ti guarderò bruciare prevede che io li segua per 18 mesi tappa dopo tappa mentre realizzano, costruiscono e testano la Laser Guide Star. E poichè lo strumento laser dopo essere stato impostato presso L’Osservatorio di Monte Porzio (Roma) viene assemblato qui al Roque de los Muchachos, per 10 giorni ho il privilegio di dormire e vivere come un astronomo dentro uno degli osservatori più belli del mondo.  Pensa che ti scrivo a 2500 metri sopra il mare, da questa mattina siamo letteralmente dentro una nuvola, il che vuol dire che fuori dalla finestra non si vede altro che luce bianca, sembra veramente di essere in un altro mondo. Da quando siamo arrivati infatti per quattro giorni, non si è potuta creare la stella in cielo ad esempio: il fattore cambiamenti atmosferici influenza ogni singola azione degli astrofisici e quindi anche mia. Quando però il cielo si apre, le nuvole scendono sotto di noi diventando un mare bianco a perdita d’occhio. Queste sono le giornate in cui si può lavorare di notte. Ci sono regole precise, dal tramonto è vietato usare qualsiasi luce artificiale, le tende oscuranti devono essere messe in ogni finestra, guai a dimenticarsele, ci si muove a piedi con una torcia in testa o in macchina solo con i fendi nebbia quasi a zero. E questo perché ogni luce diversa da quelle delle stelle può interferire con le osservazioni dei telescopi. La routine è, sveglia, caffè nella residenza degli astrofisici, e poi si va al telescopio William Herschel, dove si trova il container con dentro la strumentazione della stella artificiale. Il team inizia le procedure, computer, assemblaggi, test, algoritmi. Si cena veloce dentro il telescopio dove c’è la cucina comune (pensa che sulla parete c’è una foto autografata di Brian May, perché non tutti sanno che prima di essere un musicista è stato un astrofisico e ha studiato e lavorato lì). Pare sia la seconda artista a mangiare con loro, un grande onore! Infine con un freddo mostruoso si inizia a lavorare alla stella guida per tutta la notte. Vederla la prima volta è affascinante, un fascio di luce giallo-oro che sembra scagliarsi fuori dalla nostra sfera celeste verso l’universo».

Come sta andando il tuo rapporto con gli astrofisici? 
«Molto bene, le persone che compongono la parte principale di questo esperimento, Domenico, Marco e Mauro sono prima di tutto esseri umani straordinari e a seguire scienziati di grande pensiero, apertura e talento. Sopportano la miriade di domande che gli pongo, si lasciano fotografare e filmare, mi permettono anche di entrare nel vivo dell’esperienza e, credimi, non è sempre così quando lavori in questo ambito. Ormai sono oltre dieci anni che mi rapporto con tante tipologie di scienza e quindi di figure professionali e a volte ho avuto difficoltà a comunicare. Alcuni sono molto ermetici e rigidi. Quando invece ti capitano i visionari, allora per me è chiaro che artisti e scienziati sono fatti della stessa materia stellare. Viviamo, mangiamo, respiriamo visioni… nonostante le difficoltà dei rispettivi ambiti. Sono molto grata a queste persone e di questa esperienza unica».

Arte e spazio, del resto, sono due mondi che dialogano da tempo. Cosa avvicina secondo te questi due “punti di osservazione” apparentemente così distanti?
«Gli intenti di visione. È lo sguardo alla vita, al non conosciuto, alla possibilità del diverso che ci rende specie simili. C’è una sorta di sensibilità nel percepire di essere parte di un tutto, una percezione che credo sia gli artisti sia gli scienziati si portino dentro e traslino dentro al proprio lavoro. O forse è il lavoro che ci permette di registrare queste tracce astratte, intangibili… noi con le opere, loro con i telescopi.  Per questo motivo nella mia ricerca questi due mondi si sono sempre sfiorati. Parto spesso da epifanie sugli equilibri del mondo, dell’universo, sul nostro provare a stare al ritmo per poi allontanarmi con in lavori in cerca di altri punti di vista. Amo la scienza come spettatore, la uso come punto di partenza per carpire e restituire impressioni, mondi e ambienti che in fondo riguardano tutti. Per questo prediligo costruire installazioni ambientali, che spesso subiscono l’influenza reale delle leggi che ci governano. Ti faccio due esempi, uno è il lavoro dal titolo The Unbearable Lightness of Being esposto al Mart di Rovereto nel 2019, dove con un fisico atmosferico del MIT avevo creato delle radiografie dei cieli inquinati, che avevo poi formalizzato in grandi lastre di plexiglass strette e ancorate da alcune morse alle pareti del museo; messe a varie altezze e posizioni, si piegavano unicamente per gravità fino al punto di massima tensione dei materiali. L’altra è la performance ambientale Flow esposta alla Triennale di Milano nel 2018, (creata a seguito di una esperienza simile fatta al CERN,) dove avevamo costruito uno strumento scientifico che captava le particelle delle stelle che morivano e che dallo spazio cadevano come una pioggia nel teatro della Triennale… l’opera ne percepiva le particelle, attivava dei laser verdi che ne disegnavano le traiettorie e un gong orientale risuonava in sala. Sono i miei tentativi per azzerare le distanze e produrre mondi nei mondi».

Esperimento Laser Guide Star – presso Osservatorio Astronomico Roque de los Muchachos ©Federica Di Carlo

Quali sensazioni stai provando nell’osservazione dello spazio? È un gesto che accompagna l’Uomo da millenni. Anche nel titolo del lavoro Ti guarderò bruciare menzioni, per l’appunto, l’atto dell’osservare. Quali riflessioni ti sta evocando quest’azione? E che peso ha nello sviluppo del tuo progetto?
«Parto dalla prima sensazione, avvenuta appunto nel periodo francese quando mi sono recata al Louvre, (tra l’altro senza turisti, un regalo!); lì ho riscoperto una serie di sculture classiche di cui mi aveva molto colpito le gestualità delle mani. Erano le rappresentazioni delle divinità che avevano a che fare con i corpi celesti… come Urania la dea dell’astronomia. Tutte erano accomunate da un gesto elegantissimo e per me estremamente potente, quello di sorreggere nel palmo della mano in perfetto equilibrio una sfera senza stringerla mai. La sfera era chiaramente la rappresentazione dei pianeti, del Sole o della Terra stessa. Così ho iniziato un primo ciclo di lavori fotografici dal titolo Volevo il Sole (da cui l’immagine guida del progetto, appunto) che mi hanno portata a riflettere sulla scomparsa ai giorni nostri di questa saggezza racchiusa nel gesto divino di tenere in equilibrio tutto il creato. Da qui la prima fase del progetto che si è concentrata sull’azione di una mano che prende e una che riposiziona nel cielo. Mentre sorreggi la sfera nel palmo della tua mano, la puoi chiaramente osservare, così è nato il titolo che evidenzia il fatto naturale del guardare bruciare di giorno il sole sopra le nostre teste, e di notte le stelle mentre brillano in cielo. Il titolo è volutamente provocatorio, è un’affermazione facilmente fraintendìbile che a seconda del contesto in cui viene inserita può diventare un atto violento o naturale. Ed è proprio su questa soglia che mi sto muovendo tramite i due esperimenti. Cosa accade quando l’essere umano modifica, clona, riproduce gli equilibri pre-costituiti dalla Natura o la Natura stessa?».

Il tuo progetto dovrebbe concludersi con un’installazione ambientale. Di cosa si tratterà? 
«Ancora non so esattamente la forma finale che prenderà il lavoro, siamo a metà corsa e davanti abbiamo altri sei mesi di gestazione e di scoperte per me. Immagino una mostra ambientale, un mondo in cui entrare, composto da varie “presenze”, ognuna incaricata di mostrare una sfumatura. Mi piacerebbe realizzare una video installazione, e un percorso composto da sculture e suggestioni, le stesse che sto vivendo ora. In questi sei mesi di ricerca e ispirazione ho già ad esempio sviluppato delle prime sculture delle mani che, come degli schizzi, mi guidino nel flusso, ma non so se saranno definite. È tutto un viaggio che non vedo l’ora di restituire. Intanto invito tutti a seguire le tappe del progetto sul sito dedicato (www.tiguarderobruciare.com, ndr) dove mese per mese si possono vedere le immagini e delle suggestioni di quello che vivo assieme agli scienziati».

IL PROGETTO
Ti guarderò bruciare è il progetto di ricerca dell’artista visiva Federica Di Carlo, realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (X edizione, 2021), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. L’artista ha iniziato il processo di ricerca che la vede nell’arco di 18 mesi seguire gli scienziati nelle varie fasi della costruzione della Stella Guida, all’interno dei laboratori italiani (INAF- OAR), e di quelli stranieri (Garching, Monaco di Baviera), fino ai test di accensione presso l’Osservatorio astronomico Roque de Los Muchachos sull’Isola de Las Palmas (Canarie). All’interno del progetto Di Carlo proporrà sia in territorio italiano che spagnolo, delle restituzioni sotto forma di simposi racchiusi dall’artista sotto la dicitura ” Esperimento per un dialogo# 1-2-3 “, durante i quali parteciperanno sia gli scienziati degli esperimenti e le personalità del settore artistico.

Ti guarderò bruciare ©Federica Di Carlo