La reazione delle Pussy Riot al terrore russo, gli attacchi a Rita Flores e gli NFT delle attiviste a sostegno dell’Ucraina

Le Pussy Riot organizzano una raccolta fondi tramite NFT per l'Ucraina ma nel frattempo il clima di tensione investe anche le attiviste

La condizione del conflitto in Ucraina non migliora. La grande ondata di proteste non accenna a fermarsi ma neppure la violenza della guerra non trova arresto. In questo drammatico scenario il movimento femminista russo delle Pussy Riot si attiva per cercare di trovare il suo ruolo nel sostegno della popolazione civile e lo fa attraverso l’arte digitale. La tragedia vissuta dall’Ucraina però è anche accompagnata dal clima di tensione nel territorio russo, dove il governo non permette libertà d’espressione a chiunque sembra volersi ergere contro lo strapotere e la follia del presidente Vladimir Putin e essere colpiti sono in particolare artisti e intellettuali. 

Terrore nel mondo dell’arte russo

Il mondo dell’arte in Ucraina è ancora in difficoltà e ai bombardamenti seguono nelle ultime giornate episodi di arresti e violenze ma anche in Russia la condizione degli intellettuali e dei creativi non è migliore.  Il 5 marzo 2022, il presidente Putin firma una nuova legge draconiana che rende illegale utilizzare il termine “guerra” per l’invasione russa dell’Ucraina, con il rischio per i trasgressori di 15 anni di reclusione. I rischi aumentano di giorno in giorno, portando a un muro di silenzio nel mondo dell’arte russo, con artisti e critici d’arte che, solo pochi giorni fa, criticavano la guerra e discutevano di risposte artistiche, chiudendo le loro pagine social o interrompendo la condivisione di contenuti sulle piattaforme digitali. 

A incentivare il clima di terrore è la comparsa del simbolo “Z” in molti luoghi pubblici e su molti automezzi civili e militari, lettera diventata strumento di terrore che testimonia il passaggio dell’esercito di Putin. Visto per la prima volta sui carri armati russi alla fine di febbraio mentre superavano il confine ucraino oggi la lettera latina è presente ovunque, su cartelloni a sostegno delle forze armate russe, nelle manifestazioni filorusse in Bielorussia e Serbia.

Una “Z” è stata anche dipinta con lo spray sulla porta del critico cinematografico Anton Dolin, che il 6 marzo ha annunciato in un post su Facebook di essere fuggito con la sua famiglia in Lettonia a causa della “guerra criminale in Ucraina”

Il membro delle Pussy Riot Rita Flores, abbandonata la Russia lo scorso anno dopo molteplici arresti, ha oggi la lettera latina “Z” che precede la frase “porremo fine a questa guerra” sulla porta del suo appartamento a Mosca il 5 marzo. Lo stesso simbolo è stato anche dipinto sulla porta del critico cinematografico Anton Dolin, che il 6 marzo ha annunciato in un post su Facebook di essere fuggito con la sua famiglia in Lettonia a causa della “guerra criminale in Ucraina” Un avvertimento da parte della forza invadente che non sembra avere intenzione di lasciare nessun dissidente libero di esprimere la propria opinione. 

Pussy Riot

Pussy Riot e Ukraine DAO

Nelle ore più buie della guerra le Pussy Riot hanno scelto di agire concretamente: già da tempo il movimento ha iniziato a operare attraverso il mondo delle Cryptovalute e a supporto della popolazione civile ucraina sottoposta all’invasione di Vladimir Putin, insieme ad altri dissidenti politici russi e attivisti, lanciano Ukraine Dao. Sulla piattaforma è possibile acquistare 10.000 non-fungible token raffiguranti la bandiera dell’Ucraina, coniati sulla Blockchain di Ethereum e l’intero guadagno è destinato all’approvvigionamento della popolazione e alle cure mediche necessarie ai feriti durante il conflitto. Il progetto nasce prima dell’invasione russa di fine febbraio. L’obiettivo degli organizzatori era infatti in origine quello di introdurre uguaglianza nel mercato dell’arte attraverso il sostegno di artiste donne appartenenti alla comunità LGBTQ+. 

Nei primi giorni di attività, Ukraine Dao ha raccolto 7,1 milioni di dollari. Una cifra ragguardevole ma insufficiente secondo Nadya Tolokonnikova che è ancora convinta della necessità di un’insurrezione collettiva capace di spazzare via ogni traccia degli equilibri che fino a oggi hanno mantenuto in piedi l’occidente, la Russia e i rapporti che sono stretti tra le due parti. Sempre sul quotidiano The Guardian l’attivista afferma: « Ci vorrebbe una rivolta di massa, milioni di persone che scendono in strada e si rifiutano di andarsene finché Putin non se ne sarà andato»

La rabbia del femminismo contro Vladimir Putin

Balaklava colorati e vestiti succinti, questo è ciò che indossavano cinque Pussy Riot quando nel 2012 a Mosca, entrano all’interno di una chiesa della città dove viene in scena una “preghiera punk” rivolta alla Vergine Maria con l’obiettivo di cacciare Vladimir Putin dal suo scranno di “dittatore”, appellativo con cui il collettivo di attiviste ha sempre definito il presidente russo. 

Pussy Riot

Tra le cinque manifestanti c’è Nadya Tolokonnikova. La donna insieme ad altre due partecipantialla protesta viene arrestata, rinchiusa per due anni, e allontanata insieme alle sue compagne dai loro figli. La lotta contro l’oppressione e la rabbia delle Pussy Riot non si è mai arrestata durante l’ultimo decennio, il movimento è cresciuto guadagnando una sempre maggiore rilevanza. Tolokonnikova è oggi sotto l’attento controllo delle autorità in quanto elemento pericoloso per lo stato Russo, ma nonostante la precaria libertà di cui gode l’attivista, la sua “missione” non trova pause.

Una sua dichiarazione al quotidiano britannico The Guardian pone ancora ben evidenza l’atteggiamento fortemente incriminatorio rivolto verso la follia di Putin ma anche verso l’occidente tutto, complice della tragedia che vediamo compiersi oggi: «Sono nel panico – commenta Nadya Tolokonnikova – piango ogni giorno. Non credo che fosse in alcun senso necessario, non credo che fosse in alcun senso logico. Non era qualcosa che doveva succedere, è un disastro che metterà fine alla vita di migliaia di persone. Sto impazzendo, la comunità globale era estremamente compiacente, e vedo due ragioni: l’ipocrisia, basata sull’avidità. Le persone facevano dichiarazioni che non appoggiavano la politica di Putin, e la sua oppressione dell’opposizione politica, e le guerre che ha iniziato – questa non è la prima guerra in assoluto. Ma allo stesso tempo continuavano a fare affari con lui»

A destra Nadya Tolokonnikova