Al via l’operazione Cosmo, non solo arte contemporanea nel nuovo spazio di Trastevere

Roma

L’operazione Cosmo ha tutta l’impressione di essere qualcosa di trasversale al contemporaneo. Se è vero, infatti, che nella prima presentazione ci si rivela per come si vuole apparire, il nuovo spazio incastonato nel cuore di Trastevere, diretto da Zaelia Bishop, che ha inaugurato ieri con la mostra Someone’s been here before us, ha dato l’idea di posizionarsi in un segmento in cui il contenitore prevale sul contenuto. La collettiva di Susan Howe & David Grubbs, Celia Hollander, Sofia Ricciardi e Poisinme è pensata per raccontare Cosmo, la sua nuova identità, il suo nuovo inizio. È una riflessione sullo spazio fisico, inteso come il risultato di uno sterminato processo di traslazioni e metafore, personali e impersonali, entro una continua e metamorfica deriva di pratiche. Tutti movimenti che ancora abitano il “corpo” di Cosmo, nella trasformata presenza di un supporto che reca traccia delle sue scritture.

Dall’allestimento allo stile mondano e modaiolo dell’opening, fino alle opere e alle installazioni, tutto sembra funzionale all'”operazione Cosmo”, vale a dire l’inserimento di un nuovo luogo nelle geografie romane della scena creativa, strizzando però l’occhio anche a nuovi concept e al dialogo con linguaggi differenti, potenzialmente anche oltre i confini dell’arte contemporanea. E infatti Cosmo l’arte contemporanea nella sua presentazione non la cita nemmeno. Si dichiara “luogo di incontro e scambio di nuove idee, concepito per generare innovazione e improntato alla sostenibilità. Un luogo in cui dare spazio alla creatività nelle sue forme plurime, proiettandosi verso un avvenire tutto da progettare”.

LA MOSTRA
Le opere nel complesso trasmettono la suggestione dell’enigmaticità, sono rivelatrici di tracce del passato e allo stesso tempo sembrano innescare il dubbio su quello che verrà. Sembrano suggerire l’esistenza di presenze passate “come messaggi in bottiglia che attendono di essere letti. Oppure come il segno di un futuro che è già qui e che non abbiamo la forza e la capacità di cogliere”. E in che modo chi visita la mostra può realizzare il suo compito? Si domanda il collettivo curatoriale Miniera (Giuseppe Armogida e Marco Folco, ndr). “Provando a percepire – scrivono – la presenza di un enigma rimasto in sospeso. Mettendosi in ascolto di questa realtà, fatta di intrecci, grovigli, di trascrizioni molteplici, di persistenze e risorgenze”.

Il progetto è ambizioso e ha attirato l’attenzione di molti appassionati e curiosi, che sabato sera hanno affollato piazza di Sant’Apollonia, quasi a far ricordare le vecchie abitudini pre-Covid. Ma se alla prima presentazione ci si mostra per come si vuole apparire, negli incontri successivi ci si rivela quello che si è. E allora non resta da vedere, con le prossime scelte, il quale “cosmo” vorrà esattamente collocarsi questo spazio.

Info: https://www.minieraroma.it/