La notizia dell’acquisizione da parte di Art Basel della location storicamente riservata alla mostra d’arte contemporanea parigina Fiac ha creato tensione la scorsa settimana nel mondo dell’arte. Dopo l’ufficializzazione del passaggio di testimone decretato dal consiglio di amministrazione della Réunion des musées nationaux – Grand Palais (RMN-GP) non sono mancati i malumori tra gli addetti ai lavori ne settore della cultura del panorama francese e internazionale.
L’acquisizione da parte del gruppo svizzero MCH, proprietario di Art Basel, determinerà certamente dei notevoli cambiamenti che avremo occasione di osservare direttamente durante l’avvio della fiera sotto queste nuove vesti in ottobre.
Il timore più diffuso riguarda in particolar modo le realtà artistiche di minore influenza che temono di non potersi ritagliare più all’interno della cornice della fiera uno spazio a loro dedicato. La radicale variazione d’approccio da parte dell’organizzazione ha però suscitato oltre che insicurezza anche forti tensioni. Il direttore di Art Cologne, Daniel Hug ha criticato pubblicamente Art Basel accusandola di “colonialismo”. L’atteggiamento espansivo della fiera sembra non trovare ostacoli e la diffusione a macchia d’olio del marchio nelle maggiori città del globo ne è la dimostrazione.
Hub, come riporta The Art Newspaper, ha pubblicato sui canali social un’invettiva ben argomentata di quelle che saranno a suo vedere le criticità a cui si andrà inevitabilmente incontro, mettendo addirittura in discussione la credibilità del gruppo MCH: «Adoro come tutti pensano che Art Basel renderà la loro città il centro del mondo… Ripercorriamo tutti i flop emersi da MCH Group:
1. Art Basel Cities Buenos Aires… quanti milioni ha investito Buenos Aires in questo?
2. India Art Fair – comprato poi venduto…
3. Art Duesseldorf – doveva sostituire Art Cologne… non ha avuto successo, ma ci ha rallentato notevolmente.
4. Art SG… Da vedere, sicuramente sarà meglio di Art Stage Singapore di Lorenzo Rudolf».
Un punto di vista che contesta non solo il futuro della fiera francese ma anche le passate vicende che hanno visto art Basel macchiarsi di alcuni fallimenti ancora ben impressi della memoria dei diretti interessati. Le critiche del direttore di Art Cologne vengono condite anche da accuse dirette e Hug non teme neppure di citare nomi e cognomi, in particolare quello di Marc Spiegler, direttore globale della fiera originaria di Basilea, e James Murdoch, imprenditore britannico e maggiore azionista del gruppo MCH. Hug a tal proposito aggiunge «Mi dispiace per Parigi. Odio darvi la notizia, ma MCH Group è solo interessato a fare soldi e mantenere Art Basel la fiera numero uno in tutto il mondo, Spiegler ha già detto che non la chiameranno Art Basel Paris, anche noi in Renania lo abbiamo sentito già nel 2017 quando MCH Group ha iniziato la Art Düsseldorf. In definitiva significa che Parigi non avrà mai una fiera d’arte di livello pari a Basilea, il gruppo MCH non lo permetterà mai, non è nel loro interesse. Inoltre, 10 milioni di euro sono noccioline per James Murdoch per uccidere la più valida concorrenza. PS. Aumenteranno anche l’affitto dello stand dal 20 al 30%»
Non ha tardato a farsi attendere una risposta da parte della fiera che ha commentato la riflessione di Hub in maniera pacata e rassicurante: «Abbiamo tutte le intenzioni di investire allo stesso modo in entrambe le fiere di Parigi e Basilea e crediamo che ci sia ampio spazio per entrambe le mostre per prosperare». A questa ha fatto fatto seguito anche un asciutto commento da parte di Marc Spiegler che si è espresso con queste parole: «Le buone fiere sono buone per le gallerie e buone per la creazione di una comunità di collezionisti, indipendentemente da chi le organizza».