Mixed Media alla Temple University Rome, l’evoluzione del femminismo e degli strumenti di comunicazione mass mediale nell’arte. L’intervista con la curatrice Gaia Bobò

Lo sguardo femminile è da sempre una lente capace di attivare un’azione di rottura rispetto agli schematismi che regolano le linee di pensiero tradizionali. La sensibilità e la capacità di proporre un sentire alternativo rispetto al convenzionale è emerso anche nel mondo dell’arte dove le indagini di artiste donne hanno saputo ribaltare ogni sistema di valore, indagando settori poco esplorati dell’esperienza umana. 

La figura della donna ha visto nei secoli, ma in particolare nel corso del ‘900, un’evoluzione dirompente che ha distaccato l’individuo femminile da qualsiasi stereotipò andatosi a creare nell’immaginario collettivo. L’emancipazione e la questione di genere sono però ancora alcuni tra i temi più caldi che accendono dibattito e mai come nel oggi sono oggetto di analisi da parte del mondo dell’arte. 

Nella nuova esposizione Mixed Media un dialogo transgenerazionale tra le due artiste Lucia Marcucci, figura pionieristica della Poesia Visiva e della Neoavanguardia italiana, e Angela Washko, artista e attivista americana, partorisce una riflessione sull’interazione tra tematiche femministe ed evoluzione dei media e degli strumenti di comunicazione. 

Mixed Media
Mixed Media, installation view presso Gallery of Arts, Temple University Rome. Ph. Giorgio Benn

Insieme a Gaia Bobò, curatrice dell’esposizione Mixed Media abbiamo fatto il punto sulla questione:

-Quali congruenze hai trovato, lavorando a Mixed Media, nell’esperienza di Lucia Marcucci e Angela Washko, due artiste appartenenti a epoche e realtà tanto diverse?

Il perimetro di libertà delineato dalla possibilità curatoriale di sintonizzare diverse temporalità e spazialità è, a mio avviso, una delle sfaccettature più stimolanti di questa pratica, capace di tracciare e ipotizzare delle genealogie utili a ripercorrere i processi di storicizzazione, e dunque di evoluzione, di un pensiero, senza doverle dogmaticamente sottoporre ad un’evidenza scientifica. Il soggetto assoluto di Mixed Media è uno sguardo femminile che dissemina micro-esplosivi capaci di creare delle fratture attraverso le quali accedere a punti di vista inediti, registrando le dinamiche di trasformazione, e dunque la persistenza organica, delle criticità che investono la condizione femminile attinenti alla sfera del linguaggio e della comunicazione massmediale. Un’attitudine che ben si sintetizza in quel “dovere del dissenso” evocato da Lucia Marcucci in una delle poesie visive degli anni ’70, e che ancora si afferma con forza nelle sperimentazioni artistiche di Angela Washko. 

Lucia Marcucci racconta di un panorama artistico, quello degli anni ’60, che preparava il terreno a quelle lotte femministe che hanno segnato una svolta epocale nel riconoscimento del ruolo delle donne nella produzione artistica. Tra i diversi linguaggi che hanno affrontato queste tematiche, la Poesia Visiva si è distinta per la vorace attitudine onnivora verso le immagini e i linguaggi del suo tempo, rovesciando gli assunti della cultura patriarcale che dettavano le dinamiche di rappresentazione del corpo femminile, tra mercificazione e oggettualizzazione. La pratica artistica di Angela Washko, allo stesso modo, è avversa a un patriarcato che gode ancora di ottima salute, e che ha agevolmente diramato le sue logiche nel terreno dei nuovi media. Questa dinamica viene scorporata dall’artista in un’incalzante pratica di detonazione, innestata grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie.

Trovo che le congruenze tra le due artiste siano molte, e tra queste mi sento di segnalare certamente dall’intento comune di decostruzione di un male gaze che continua a giocare un ruolo determinante nella rappresentazione del femminile. Le artiste, portando avanti questo boicottaggio, si fanno inevitabilmente testimoni e interpreti dei linguaggi e degli immaginari visivi del proprio tempo: da un lato il collage fotografico, sonoro e filmico in cui Lucia Marcucci registra le immagini dei giornali, della radio e della televisione, e dall’altro il video e l’intelligenza artificiale con cui Angela Washko rilegge lo spazio immateriale del web.

Angela Washko, At the Expense of Watching: Free Will Mode #3 (stills), 2014. PH. Giorgio Benni

-Come è cambiato a tuo avviso lo sguardo femminile verso i mass media nel mondo dell’arte durante gli ultimi anni?

Non è semplice dare una risposta esaustiva, e in effetti la mostra tenta proprio di stimolare una riflessione su questo tema piuttosto che offrirvi una soluzione univoca. Si può affermare che, in generale, la presenza femminile nella ricerca sui new media in ambito artistico è ormai una realtà consolidata e che si arricchisce di esiti di ricerca di assoluto rilievo e interesse, offrendosi sempre più spesso come un gate di accesso a una riconfigurazione della società e delle sue logiche. La pratica dell’attivismo, dopo una prima fase di storicizzazione, si è consolidata come costante tra le più interessanti ricerche del contemporaneo. La corrente di ricerca artistica femminista a livello internazionale è spesso tra quelle capaci di attivare le riflessioni più interessanti, come quelle di alcuni filoni venutisi a sviluppare a partire proprio da queste ricerche e premesse storiche, come quello transfemminista e queer, ecofemminista o cyberfemminista, per citarne alcuni.

-Quanto siamo debitori dell’influenza femminista nello scenario artistico contemporaneo?

Ne siamo debitori nella misura in cui oggi ci è permesso, diversamente da una manciata di decenni fa, di veder rappresentata una pluralità di pensieri e punti di vista, con una garanzia di maggiore inclusività. Fermo restando che la condizione femminile nel sistema dell’arte (e soprattutto nella sua storia) può ancora essere notevolmente implementata, ci troviamo oggi in una condizione in cui la spinta di affermazione della diversità si configura come motore propulsore capace di forzare il sistema verso un rinnovamento strutturale. Nella fattispecie della mia ricerca, mi interessa il femminismo come variante nel rinnovamento del linguaggio, energia che muta ed evolve nel tempo mettendo in crisi lo sguardo egemonico, e che richiede di essere ciclicamente interrogata, attualizzata e riposizionata.

Mixed Media
Lucia Marcucci, Poesia Auditiva (1970), in Gruppo 70, Poemi Tecnologici, 1971. PH. Giorgio Benni

-Quali sono i tuoi progetti futuri? Quale filo conduttore stai seguendo nell’attività di curatrice?

La mia ricerca si articola in ambiti di interesse e approcci che viaggiano su binari autonomi, poiché in effetti corrispondono a urgenze ed esigenze diverse. La ricerca sulle esperienze storiche della poesia visiva e sonora, ma più in generale il lavoro di archivio e scrittura, è una prassi quasi sempre presente nella mia ricerca. La prossima presentazione di questo lavorìo avverrà tra qualche mese grazie alla pubblicazione di una monografia che incrocerà diverse esperienze di sperimentazione poetica del secondo Novecento. 

Mi interessa allo stesso tempo continuare ad operare in contesti indipendenti e di sperimentazione, e registrare così l’impatto e il fascino magnetico che queste realtà esercitano nei territori di riferimento. In riferimento a progetti su scala locale, sono contenta di confermare la mia collaborazione con viaraffineria, spazio indipendente con sede a Catania, nello specifico grazie al progetto Sicilia Orientale, promosso da Untitled Association, articolato in una mappatura delle realtà culturali del territorio e in una programmazione capace di esaltare la ricchezza dell’identità culturale del Sud Italia. 

Il focus della ricerca sul patrimonio culturale immateriale rimane al cuore della mia ricerca, e sarà centrale in occasione di progetti che saranno realizzati prossimamente all’estero.

Parallelamente, porto avanti la collaborazione con CURA. Magazine e BASEMENT ROMA.

-Come curatrice indipendente come valuti Il tuo percorso fino a oggi?

Credo che l’attività di curatrice indipendente, segnata da una progettazione dal basso della macchina espositiva, abbia determinato in modo cruciale l’attuale conformazione del mio sguardo in merito alle implicazioni etiche e politiche del ruolo e degli obiettivi della curatela. Mi interessa in questo senso il concetto di cura dei territori, il potenziale dell’impegno individuale nella definizione di un orientamento culturale, nonché il principio di responsabilità dell’individuo di porsi come agitatore e catalizzatore di esperienze di ricerca volte a creare nuove narrazioni storiche e del contemporaneo.

Ph. Marta Scotti

Info: https://www.temple.edu

Mixed Media, Lucia Marcucci & Angela Washko, a cura di Gaia Bobò

18 gennaio 2022 – 2 febbraio 2022

Temple University Rome Gallery of Art

Lungotevere Arnaldo da Bresca, 15