Ci ha lasciati ieri all’età di 81 anni, a Berlino, Jimmie Durham, scultore, performer, saggista e attivista americano, considerato tra i nomi più influenti dell’arte contemporanea. Maestro rivoluzionario della scultura e attivista per i diritti civili, Durham era nato in Arkansas nel 1940, ma da molti anni viveva a Napoli. Negli anni ’60 e ’70 del Novecento si era impegnato per i diritti civili degli afroamericani e dei nativi americani ed è stato insignito nel 2017 del Premio Robert Rauschenberg e nel 2019 del Leone d’Oro alla Carriera alla Biennale d’Arte di Venezia. Durham ha sperimentato tutti i linguaggi dell’arte, lavorando alla decostruzione di concetti e stereotipi tipici della cultura occidentale, servendosi di pittura, scultura, performance, disegno, scultura, video. Le prime mostre le fece ad Austin nel 1965 prima di trasferirsi in Svizzera per studiare all’Ecole des Beaux-Arts. Poi il rientro negli Usa, dove lavorò per l’American Indian Movement, dedicandosi con passione ai diritti civili dei nativi americani. Negli anni ’80 a New York riprende l’attività artistica concentrandosi soprattutto sulle arti visive, senza mai lasciare la poesia. E ancora il Messico e l’Europa, dove arriva nel ’94 e dove si ferma a vivere con Maria Thereza Alves, compagna nell’arte e nella vita, dividendo il suo tempo tra le due case di Berlino e Napoli. Tantissime in tutto il mondo le mostre dei suoi lavori, dalla Whitney Biennial a Documenta IX di Kassel, dall’Institute of Contemporary Arts di Londra al Museo d’Arte Moderna di Anversa, al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, al Kunstverein di Amburgo e Monaco, al FRAC di Reims, alla Fondazione Serralves di Porto, il MAXXI di Roma, il MADRE di Napoli, alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia, oltre che alla Biennale di Venezia e alla Biennale di Gwangju.
La Biennale di Venezia ricorda “con affetto e ammirazione” l’artista americano Jimmie Durham, premiato col Leone d’oro alla carriera della 58esima Esposizione Internazionale d’Arte 2019. Durham, artista e anche performer, saggista e poeta, aveva partecipato in precedenza a diverse edizioni della Biennale Arte nel 1999, 2001, 2003, 2005, 2013. Nella motivazione del riconoscimento, il curatore Ralph Rugoff aveva dichiarato: «Ho indicato Jimmie per i notevoli risultati in campo artistico che ha raggiunto negli ultimi sessant’anni e, in particolare, per il suo modo di fare arte che allo stesso tempo sa essere critica, divertente e profondamente umanistica. La sua pratica eterogenea va dal disegno al collage, dalla fotografia al video, anche se le sue opere più note sono le costruzioni scultoree, spesso realizzate con materiali naturali e oggetti d’uso quotidiano di scarso valore che evocano storie particolari».
«Con Jimmie Durham se ne va un grande artista, un poeta, un attivista politico, un amico del MAXXI – ha detto Giovanna Melandri, Presidente Fondazione MAXXI -. È stato protagonista nel 2016 di una intensa monografica, ha preso parte alla collettiva della materia spirituale dell’arte e, durante il primo lockdown, insieme a Maria Teresa Alves ci ha regalato un video inedito per il nostro palinsesto online. Due ricordi mi affiorano alla memoria: il suo ingresso in Auditorium alla presentazione della mostra del 2016, accolto da un grande applauso di tutta la sala. E poi la sua opera A Proposal for a New International Genuflexion in Promotion of World Peace, video performance in cui Durham mima una genuflessione con un bacio e un inchino: un segno di accoglienza e benvenuto, per mostrarci come la speranza possa irrompere nel mondo attraverso un gesto di pace. Oggi siamo noi che ci inchiniamo a lui e alla sua vita».
Hou Hanru, direttore artistico del MAXXI, ha aggiunto: «Con Sound and Silliness, Jimmie Durham, l’uomo più saggio dell’arte, un combattente per l’amore, la libertà, l’umorismo, la poesia, la bellezza e l’umanità, è salpato, in questo grigio 17 novembre del 2021, verso una nuova avventura, senza di noi. Ha lasciato cadere una pietra dal cielo in un secchio e ha creato un Fleur de Pas Mal, un big bang di meraviglia ed energia. E poi è salito su un veicolo di sola andata che ha progettato per se stesso verso il cosmo infinito, salutandoci con una New International Genuflexion in Promotion of World Peace. Ci manca, ci manca questo gigante dall’immaginazione irrefrenabile, dalla gentilezza totalizzante e dal coraggio cristallino, che per tutti noi irradiava luce alla fine del tunnel e rendeva gioioso ogni pezzo di pietra e cianfrusaglia lungo il percorso tortuoso della vita, o quello che lui chiamava “Strada di Roma”. Egli è e sarà sempre con noi. Jimmie, facciamoci un’altra bevuta insieme, sul Tevere, come hai scritto tu: “Every Tevere beverage, wherever in Rome…” ».
La presidente della Fondazione Donnaregina Angela Tecce, la direttrice artistica Kathryn Weir e tutto lo staff del museo Madre di Napoli sui canali social hanno espresso tutto il loro dolore per questa notizia: “L’artista, saggista, poeta e attivista ha instaurato nel tempo una profonda relazione con il nostro territorio e con il quartiere, e ha condiviso con il museo d’arte contemporanea della Regione Campania molte tappe del proprio percorso creativo. Tra queste, ricordiamo la mostra organizzata nel 2008 nella chiesa di Donnaregina Vecchia”. Nel 2017 il Madre lo aveva anche insignito del Matronato alla carriera “per la sua ricerca artistica, improntata ad un supremo umanesimo”.