L’UNESCO dà ragione ad Atene: i marmi del Partenone devono lasciare il British Museum

Londra

La questione inerente la restituzione dei beni culturali e archeologici di cui sono stati privati i paesi vittime del giogo colonialista torna alla ribalta nel dibattito delle ultime ore.

L’occupazione e lo sfruttamento territoriale ai danni delle popolazioni aborigene è spesso stato seguito da un importante esproprio dei beni culturali che incarnavano la memoria storica dei popoli che di quei simboli hanno fatto il nucleo della propria identità.

L’attività invadente, portata avanti dalle maggiori potenze europee durante l’età moderna, ancora oggi presenta i suoi strascichi ed è scarsamente frequente una revisione del passato da parte delle forze che durante il periodo imperialista hanno sopraffatto le realtà nazionali più deboli.

La fenomenologia del colonialismo europeo si esaurisce nella seconda metà del XX secolo ma i decenni che intercorrono tra quel momento e l’attualità hanno difficilmente agevolato una rilettura di quelle tanto buie pagine della storia. Nonostante questa pressoché uniforme tendenza in tutte le popolazioni eredi della pratica imperialista, cominciano a sorgere oggi alcuni barlumi di sincera autocritica.

Le istituzioni cominciano a prendere parte al tavolo delle trattative ed è delle ultime ore l’intervento diretto dell’UNESCO che pone definitivamente la propria sentenza su uno specifico caso che già da tempo è riuscito a catalizzare l’attenzione della cronaca e dell’opinione pubblica più di molti altri: la restituzione dei marmi del Partenone ad Atene da parte del British Museum di Londra. 

Partenone

I marmi del Partenone sono oggi esposti nelle maestose sale del museo più celebre della Gran Bretagna. Il permesso di spostare beni tanto preziosi arriva nel 1812 da parte del gran visir dell’impero ottomano, il quale lascia che il VII conte di Elgin, Thomas Bruce trasporti in patria molti dei tesori che erano sopravvissuti alle razzie orientali. I manufatti vengono acquisiti dallo stato britannico, a seguito di un lungo processo che vede Bruce imputato di appropriazione indebita, dal quale però esce illeso.

La questione si riaccende oggi a causa del pessimo stato di conservazione in cui giacciono i monumenti che hanno per secoli impreziosito uno tra i templi più celebri del mondo antico. La Grecia reclama nuovamente i beni culturali che oggi, affermano da Atene, potrebbero essere restaurati come meriterebbero e accusa il museo inglese di non essere più in grado di sopportare i costi della gestione di un bene archeologico inestimabile.

Prove documentali testimoniano che alcune sale del British Museum siano compromesse dal punto di vista conservativo e che in casi circoscritti stiano attualmente delle infiltrazioni di natura piovana. 

Lina Meloni, Ministro greco della cultura e dello sport, si è espressa, su diverse testate di caratura internazionale, a supporto delle suddette accuse, invitando alla restituzione definitiva dei marmi del Partenone alla patria natia.

Le ultime dichiarazioni delle istituzioni britanniche non sembrano lasciare molto margine a un ripensamento di tale natura, protette dalla copertura giudiziaria che comprova la legalità dei documenti presentati durante il processo al conte di Elgin. Tuttavia l’intervento UNESCO potrebbe determinare una divergenza dalla posizione, fino ad oggi, mantenuta dal museo inglese.