L’Italia è celebre per il suo patrimonio culturale in tutto il mondo e la cultura è da sempre un grande vanto che ci rappresenta e costituisce un’importante fetta della nostra identità. L’Italia pone la tutela del patrimonio culturale, storico e artistico fra i suoi principi fondamentali e lo dimostra la presenza all’interno della nostra Costituzione dell’articolo 9 che recita: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio ed il patrimonio storico ed artistico della Nazione».
L’Italia detiene il primato per avere inserito nella propria carta costituzionale il rispetto e la tutela del paesaggio. La prima legge che regolava l’esigenza di difendere la propria eredità culturale risale al 1909; si tratta della n. 364 “per le Antichità e le Belle Arti”, riconosciuta come legge Rava-Rosadi. Tale legge segna il vero atto di nascita della disciplina nazionale italiana sulla tutela del patrimonio culturale, dalla quale venne poi ogni altra disposizione esistente fino ad oggi.
Questo impegno nella protezione delle belle arti italiane da parte dello Stato ha ottenuto ora una nuova vittoria legale.
LA VICENDA
Un Tribunale degli Stati Uniti, a New York, ha emesso una definitiva sentenza che chiude una diatriba aperta già da alcuni anni.
La vittoria legale ottenuta dall’Italia vede protagonista della disputa giudiziaria un busto di marmo risalente al 300 a.C., riconosciuto da molti esperti come il capo del celebre sovrano e condottiero Alessandro Magno.
Il cortocircuito nasce quando l’Italia viene a conoscenza, tramite un funzionario del Ministero Italiano della Cultura a New York, della presenza del suddetto busto nella città americana e organizza la confisca del manufatto che fino a quel momento era appartenuto a collezionisti privati.
Il busto arriva alla casa d’aste inglese Sotheby’s nel 1974 e da quel momento viaggia di collezione in collezione.
Le notizie più recenti vedono il busto di Alessandro Magno ritratto come dio Helios come proprietà di Alan Safani, mercante londinese che l’acquista durante un’asta organizzata da Sotheby’s nel 2017 per una cifra che supera i 150.000 dollari.
Da quel momento il busto entra a far parte della collezione della Safani Gallery che viene invitata poco dopo a consegnarlo alle autorità Statunitensi in attesa del processo.
La galleria newyorkese porta quindi lo Stato italiano in tribunale. Alan Safani afferma «[la statua] era stata ampiamente pubblicizzata ed esposta per decenni in fiere e aste frequentate dalle autorità italiane» e ribatte dimostrando la buona reputazione della propria galleria, non comprendendo per quale motivazione si ponga l’ordine di confisca proprio in quel momento.
La buona fede e la pretesa di Safani, di conservare un bene che è effettivamente presente sul mercato dell’arte da decenni, non si sono dimostrate sufficienti; il giudice ha dato ragione allo stato italiano.
L’Italia è stata rappresentata dall’avvocato con sede a New York Leila Amineddoleh che si è detta soddisfatta delle decisione del giudice il quale ha predisposto la consegna del manufatto alle autorità in maniera immediata. Rimane da attendere il ritorno sul suolo italiano del manufatto che porterebbe così la vicenda ad una felice conclusione.
Il futuro del busto è tuttavia incerto, in quanto l’avvocato della galleria, David I. Schoen, ha annunciato che ricorrerà al ricorso in giudizio.
La vicenda, insieme ad altre a questa similare risalenti agli ultimi mesi, evidenzia una tendenza crescente da parte delle autorità giudiziarie di prediligere la tutela del patrimonio da parte degli stati lasciando meno spazio d’azione ai player del mercato dell’arte come collezionisti e case d’asta.