Francesco Vezzoli irrompe nel cuore del Rinascimento italiano con la sua nuova installazione e guarda al fenomeno dilagante della cancel culture

Firenze

Firenze continua nella sua serie di operazioni che puntano al dialogo tra la tradizione storico artistica italiana e i nuovi linguaggi visivi contemporanei. Dopo le installazioni di Jeff Koons e Urs Fischer, l’artista bresciano Francesco Vezzoli si confronta con le meraviglie della città medicea.

Per l’installazione è prevista una permanenza di sei mesi nello spazio aperto fiorentino che si riallaccia alla scultura posizionata nello studiolo di Francesco I a Palazzo Vecchio che fa riferimento a Gli Archeologi di Giorgio de Chirico. 

La presenza dell’artista non si esaurirà all’interno del territorio fiorentino: è stata infatti programmata per il 2022 la sua mostra personale che approfondirà il linguaggio di Vezzoli all’interno del nucleo centrale della contemporaneità toscana, il Centro Pecci di Prato.

L’installazione a Piazza della Signoria 

Al centro di Piazza della Signoria irrompe un leone rampante che sembra pronto a ergersi sui titanici e apparentemente inoscurabili capolavori della Firenze del quattro e cinquecento. 

Con un intervento basato sulla miscellanea stilistica e temporale rievocata dall’installazione, composta da tre elementi riconducibili a tre differenti epoche storiche, Francesco Vezzoli destabilizza il pubblico e ne scompagina l’equilibrio. 

Senza timore la nuova installazione sfida il tesoro del capoluogo toscano, roccaforte dell’arte classica, porgendo al pubblico una riflessione inerente ad uno dei fenomeni più caldi che stanno segnando la cronaca recente: la cultura della cancellazione.

Osservando l’opera ci si scontra subito con l’aspro accostamento di un leone novecentesco e altri elementi evidentemente provenienti da un immaginario classico: tra le fauci del mammifero marmoreo infatti è stretta la testa di una statua antica che Vezzoli inserisce nell’installazione simbolicamente per un rimando alla volontà di cancellazione della memoria del passato importata dai movimenti di protesta oltreocenanici. 

L’artista agisce senza però prendere una posizione netta sulla questione ma semplicemente riportando la realtà per come appare. Come lui stesso ammette, l’artista agisce come cronista, narratore della contemporaneità che appunta i nodi focali delle vicende, rielaborando le informazioni che capta intorno a sé. La tematica in questione, inoltre, è attualmente al centro di un accesissimo dibattito e porsi formalmente come sostenitore di una delle due fazioni è oggi un compito che Vezzoli afferma di non avere la volontà di sobbarcarsi. 

L’installazione di Francesco Vezzoli all’interno dello studiolo di Francesco I a Palazzo Vecchio

Una passione per il passato

Nonostante la volontà dell’artista di non esternare un parere netto sulla cancel colture è impossibile dimenticare la costante attenzione di Vezzoli per la lotta alla censura e alla rivendicazione dell’importanza della conservazione del patrimonio artistico e archeologico.

La memoria e il dialogo con il passato rimangono presenti nelle operazioni di Francesco Vezzoli che durante gli ultimi anni si è ampiamente confrontato con l’eredità culturale del nostro paese, sia come creativo e intellettuale pronto ad interrogarsi nella sua ricerca artistica personale con i suoi poliedrici significati, sia nelle vesti di curatore, come nell’ultimo intervento nell’iniziativa bresciana dei Palcoscenici Archeologici. 

L’intervento di Francesco Vezzoli sottolinea una fondamentale importanza della revisione del passato che stimola ad un autonomo ragionamento nei riguardi della stigmatizzazione pubblica dei simboli antichi e moderni. 

La dannato memoriae rimane una strada sconsigliabile, data la ciclicità della grande storia: poter confrontarsi liberamente con le figure che ci hanno preceduto è l’unica strada per trarre insegnamenti fondamentali per non ripetere gli stessi errori in cui i nostri avi hanno già avuto la sfortuna di dover incappare prima di riconoscere il sentiero più corretto da percorrere verso il progresso.