Albino, cagionevole, timido e ossessionato dalla sua fobia di inadeguatezza estetica. Andy Warhol è tutto questo e, allo stesso tempo, esattamente il suo opposto. Una personalità unica e in grado di incarnare quel frenetico spirito di rivoluzione che contrassegna gli anni della rinascita dell’arte americana. Una vita dedicata alla smania creativa e alla sperimentazione, senza mai perdere la sua naturale e tagliente intelligenza da uomo d’affari.
La sua poliedrica personalità ha portato a un’eredità spesso poco bilanciata del personaggio che l’artista si è creato autonomamente, amministrato con precisione maniacale, e grazie al quale Warhol è tutt’oggi un’icona. La sua rappresentazione manca in molti casi di quel lato genuino, vittima del soffocamento della realtà patinata di cui Andy Warhol amava contornarsi.
Per supplire a tale mancanza evocativa, lo storico e critico d’arte Luca Beatrice cura la mostra di fotografie poco conosciute o inedite dell’artista di origine cecoslovacca scattate da Oliviero Toscani che, dell’uomo dietro il personaggio, ha potuto sbirciare lo spirito dall’occhiello della porta principale della sua leggendaria Factory. La selezione di fotografie è oggi esposta al pubblico nella Galleria milanese Antonio Colombo e sarà accessibile fino al 30 ottobre 2021.
La fortuna di Andy Warhol poggia proprio sulla sua grande capacità di osservazione, sul suo occhio critico acuminato e instancabile. La sua figura di artista e genio catalizza inevitabilmente l’attenzione di un pubblico via via più vasto ad ogni altro anno che lo vede protagonista della scena alternativa di New York. L’interesse di molti si trasforma in adorazione in molti casi e tende inevitabilmente verso l’ossessione in alcuni di essi. Nel 1968, Warhol è vittima di un attentato da parte di una sua ammiratrice. Un proiettile colpisce l’artista che sopravvive ma è costretto in un letto di ospedale per alcuni mesi in seguito al fatto.
I fatti del 1968 spingono l’artista ad una nuova fase della sua ricerca: la fotografia comincia a diventare il centro delle sue giornate. Ogni attimo delle sua quotidianità merita di far parte di un intimo reportage dove anche il meno rilevante dei dettagli può celare il fascino dell’inconsueto.
Oliviero Toscani si trova a New York durante questa fase della vita e della carriera di Warhol e ha l’occasione di conoscerlo da vicino, trascorrendo in sua compagnia gli anni che vanno dal 1971 e il 1975.
La passione per la fotografia li accomuna. Da questo rapporto nascono le fotografie protagoniste della mostra milanese: queste raccontano un uomo incapace di separarsi dalla sua compagna, uno strumento che ormai è appendice anatomica dell’artista e che non può che diventare coprotagonista della storia raccontata dal fotografo italiano attraverso i suoi scatti.
Oliviero Toscani non edulcora la scena. Le fotografie che vedono Warhol rappresentato nel bianco e nero dalla grana palpabile trasportano nostalgicamente al ruvido mondo dell’analogico. Il soggetto viene smascherato. L’atteggiamento naturale, e poco frequentemente filtrato da pose costruite, restituisce allo spettatore l’immagine dell’uomo dietro l’artista. Andy Warhol, nella sua assenza di costruzione, mostra un lato di sé mai così autentico.
Un dialogo tra Toscani e Warhol è quello che le immagini intrappolate dall’obiettivo del fotografo italiano testimoniano. La comune intesa tra i personaggi in questione si può intuire dalla condivisione di interessi artistici e professionali: entrambi si presentano come gli scardinatori delle regole che hanno fino alla loro apparizione sorretto il settore pubblicitario.
Il rinnovamento della comunicazione pubblicitaria attuata da Toscani dopo il suo ritorno da New York, a partire dalle campagne realizzate per l’azienda d’abbigliamento Benetton, danno modo di osservare come le influenze americane siano state per lui fondamentali e come lo zampino di Andy Warhol, forse, si sia nascosto per tutti questi anni dietro i suoi lavori.
Info: https://www.colomboarte.com/en/oliviero-toscani-photographs-of-andy-warhol/