Celebriamo oggi, 31 agosto 2021, il 114esimo anniversario della nascita di un uomo considerato, in maniera unanime, uno dei padri fondatori dell’Europa unita: una realtà, fino agli inizi del secolo scorso, esistente solo nell’immaginazione e nelle virtuose visioni di grandi uomini come Altiero Spinelli.
Uomo politico, intellettuale, attivo antifascista, Spinelli è stato in grado di dare corpo ad un pensiero straordinario, nato durante uno dei periodi più incredibilmente fecondi, seppur pieni di dolore, della riflessione umana, i primi anni Quaranta, mentre divampavano le fiamme del secondo conflitto mondiale e proprio l’Europa era più divisa che mai.
La tragedia, in talune circostanze, come quella in cui viene coinvolto Altiero Spinelli, ha sollecitato grandi personaggi ad una profonda meditazione, i cui frutti si sono dimostrati indispensabili per un ritorno alla civiltà, all’indomani del 1945.
Durante il confino sull’isola di Ventotene, Spinelli dedica il tempo di reclusione, con il sostegno del giornalista e attivista politico Ernesto Rossi, alla stesura di uno dei testi chiave riguardo le relazioni politiche tra gli stati, capace di andare alla radice delle questioni della pace e dell’ordine internazionale, cioè il vero nucleo da cui il conflitto allora in corso si sviluppava.
Il manifesto di Ventotene si inserisce nella tradizione della letteratura politica novecentesca, acquisendo il rango di classico e di conseguenza assume anche il ruolo di strumento per la divulgazione della memoria e dell’eredità culturale, soprattutto in un presente popolato sempre di più da coloro che sono figli di decenni di pace.
«Voi siete i figli di settant’anni di pace» dice Umberto Eco il 28 novembre 2014 di fronte l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e aggiunge: «Ed è dei padri fondatori dell’Europa Unita il merito: uomini come Spinelli, Adenauer, De Gasperi, Schuman. L’Europa ha radici comuni, lo vediamo nelle opere d’arte e di letteratura, dalle lingue e la musica. Culture diverse ma con forti basi comuni».
La cultura, in particolare attraverso l’arte, è un insieme di codici da sempre capace di superare ogni confine. Già all’inizio del XX secolo i movimenti d’avanguardia del vecchio continente basavano sullo scambio reciproco di intuizioni lo sviluppo della cultura figurativa occidentale: in particolare, è con Pablo Picasso che assistiamo alla carriera di un artista capace di incarnare i valori di uguaglianza, unione e cooperazione che sarebbero poi stati i pilastri del pensiero unico europeo. Con le sue opere e la sua attività, Picasso incarna un simbolo dell’Europa, come sarebbe stata sognata dai suoi padri fondatori.
Ed è quindi nella cultura che si è intuito fin dall’origine questo grandioso progetto, iniziato concretamente all’alba degli anni ’50, che si sarebbe rintracciata la formula capace di far crescere un popolo unito e non una semplice coesistenza territoriale, esclusivamente coesa da interessi politici ed economici.
Ma è nell’inverno del 1992, a Maastricht, che si ratifica il trattato in cui vengono delineati i tratti del volto dell’Europa che oggi conosciamo. Dopo l’atto unico europeo, sorge la consapevolezza che la visione strettamente economista è inefficace per far vivere in maniera prospera una comunità di popoli e il vero traino per il superamento di quella asfittica dimensione è la promozione e la tutela di un patrimonio culturale continentale.
Mentre si è costantemente immersi nella ricerca di un demos europeo, che si fondi sulla poliedrica composizione delle etnie nazionali, si può scorgere una Nazione europea in cammino, così la definisce il costituzionalista Michele Ainis, capace di percepirsi come il frutto dell’eredità delle generazioni passate, mescolata con quelle presenti e future e che si traduce di conseguenza in una volontà di vivere un’esistenza fondata su principi e valori condivisi.
Oggi viviamo una fase nuova della storia europea: le linee guida trasmesse da Altiero Spinelli, con il suo manifesto, e dagli altri suoi padri fondatori sono sentieri che ancora non sono stati percorsi fino in fondo. È compito di un’Unione più matura rispetto al passato essere ancor più consapevole del valore della coesione, soprattutto di fronte alle sfide che questa nuova decade sta ponendo di fronte al nostro sguardo.