L’esordio dello scrittore statunitense Herman Melville, prima del romanzo Moby Dick (1851), ad anticipare gli arrivi di Robert Louis Balfour Stevenson e di Paul Gauguin nel Pacifico, così come l’approdo di Corto Maltese protagonista di Una ballata del mare salato (l’incipit della rivoluzione letteraria nata dal genio di Hugo Pratt). Signore e signori, ecco a voi Taipi – “Typee: A peep at Polynesian life” –
romanzo breve (e attualissimo) tra i meno noti di Melville, che Matteo Guarnaccia – punto di riferimento della cultura alternativa e mai mainstream – scoprì all’età di 24 anni, restandone letteralmente folgorato. E che oggi ha trasposto in un romanzo a fumetti edito da Comicout (così come “Jimi Hendrix”, già pubblicato nel 1980 per Rolling Stone e ristampato, restaurato, nel 2020 dalla stessa associazione culturale).
Ed eccolo il graphic novel Taipi (78 pagine in bianco e nero, 15.90 euro), dove Guarnaccia, nome stranoto nella controcultura italiana e non, forte della sua pungente matita, ripropone il racconto di Melville con leggerezza (mai superficialità), ironia e voglia di scoprire – soprattutto, di far scoprire – un’altra cultura («Taipi era un romanzo “on the road”, anche se non si svolgeva sulle highway americane ma nei mari del sud», puntualizza l’autore). Gli stessi propositi del “papà” di Taipi, che proprio con quest’opera in parte autobiografica, oggi assai attuale considerando le pistole “facili”, ebbe l’esordio letterario nel 1846. In che modo? Narrando della sua avventurosa fuga dalla baleniera, rifugiato presso una tribù di cannibali (i Taipi, giustappunto) e della particolare convivenza con loro e con la natura paradisiaca del Pacifico.
Nella sua prefazione, Claudio Risé (scrittore, giornalista, docente universitario e psicoterapeuta) spiega: «Taipi racconta la fuga di due giovani uomini dall’ordine maschile della baleniera, militaresco e violentemente innaturale, verso la scoperta di un mondo incontaminato, ancora selvatico, sorprendentemente pacifico, affettuoso e apparentemente non violento. È un attraversamento dell’innocente selvaticità maschile, coi suoi sogni, rischi e avventure». Certo, gli esotici mari del sud non difettavano di tribù selvagge affamate della carne dei loro nemici («questi selvaggi ti nutrono amorosamente perché sia più buono e tenero. Saporito, quando ti mangeranno», prosegue Risé) ma ad essere rimarcata è soprattutto rivelazione di altre mentalità, la conoscenza della libertà assoluta e di una natura dura e incontaminata.
Il confronto – scevro da pregiudizi – con culture differenti, ma anche l’inclusione e la convivenza, nel rispetto dell’altro, rappresentano le assi portanti del racconto. Ed ecco che qualsivoglia punto di vista sui “selvaggi” e sulla supremazia dell’uomo bianco può trovare, nelle menti più chiuse, un margine di manovra. Evitando di restare ancorate alle proprie posizioni; salpando – come su un’imbarcazione che prende il largo – alla scoperta dell’altro. Per vivere una serie di avventure incredibili.
Storico del costume e critico d’arte – ha all’attivo oltre trenta saggi sulle avanguardie storiche e sui movimenti creativi antagonisti – Guarnaccia (milanese, classe 1954) qui tratteggia un universo underground che accoglie un racconto per immagini dove non manca la componente erotica (mai aggressiva), rievocando tanto i disegni dei marinai quanto l’arte “primitiva” polinesiana (la medesima che ha intensamente ispirato il già citato Gauguin nonché l’arte moderna). Taipi non è solo il nome di una tribù di cannibali dell’isola di Nuku Iva nell’arcipelago delle Marchesi al largo del Pacifico. È il titolo del libro (riscopritelo) di Melville e – oggi – è anche quello di un adattamento a fumetti dal retrogusto underground, che accarezza la nostra sensibilità.
di Massimo Canorro
Info: www.comicout.com