Battere all’asta il Colosseo con gli NFT: l’audace proposta di un gruppo di ricercatori infiamma il dibattito tra progressisti e conservatori.

Roma

Sono passati esattamente 1951 anni da quando il Colosseo ha aperto i suoi cancelli per ospitare i giochi che appassionavano decine di migliaia di cittadini romani. Quell’immenso monumento, frutto del genio architettonico dell’antichità, che è sopravvissuto a innumerevoli stratificazioni urbanistiche, epoca dopo epoca, ed è stato testimone di stravolgimenti sociali e politici che l’hanno condotto al mondo di oggi, ancora riesce a catalizzare l’attenzione come poco altro al mondo.

Giunge infatti una nuova notizia che porta l’anfiteatro Flavio, simbolo della Capitale, al centro di un acceso dibattito. Dopo l’annuncio del ripristino dell’arena al centro del teatro, per renderlo disponibile a ospitare grandi eventi, oggi il Colosseo è nuovamente catalizzatore di grande attenzione mediatica.

Sembra paradossale, eppure per parlare di questa notizia occorre porre in dialogo una delle più antiche testimonianze del mondo antico con una delle ultime invenzioni che l’uomo ha accolto nel suo quotidiano contemporaneo: gli NFT.

Sono proprio gli ormai famigerati Non Fungible Token (NFT) a suscitare una fiammeggiante polemica dopo la divulgazione del pubblico suggerimento di vendere l’anfiteatro Flavio sotto forma di criprovaluta, senza quindi dover toccare nulla di uno dei monumenti più importanti che il mondo moderno ha ricevuto in eredità da uno dei più aurei periodi della storia romana.

anfiteatro flavio
Anfiteatro Flavio, Nastya Dulhiier, courtesy by Unsplash

LA PROPOSTA
La proposta arriva da un gruppo di ricercatori composto da Alex Braga, Federico Clapis, Andrea Colamedici, Serena Tabacchi e Alessandro Fusacchia. L’idea nata dalle menti di questo collettivo è di porre sul mercato una copia del Colosseo realizzata attraverso la tecnologia blockchain, per poter essere quindi acquistabile da facoltosi collezionisti che, secondo i ricercatori, non tarderebbero a volersi accaparrare la propria versione personale del monumento più celebre e visitato del mondo.

L’occasione di vendere il Colosseo sarebbe quindi legata alla possibilità di creare un file digitale unico e non riproducibile. Garantendo l’autenticità dell’acquisto, un collezionista sarebbe quindi in grado di poter sfruttare l’alto potenziale del prestigioso Colosseo virtuale e avviare la peculiare pratica speculativa che si allaccia alla compravendita di NFT. 

A tal proposito è doveroso fare riferimento all’alto tasso di inquinamento che il mercato delle criptovalute sta alimentando e il paradosso che si andrebbe a creare facendo riferimento al nuovo progetto di riqualificazione della cavea dell’anfiteatro Flavio. Le tecnologie ingegneristiche più avanzate sono state messe in campo per progettare un restauro del monumento attento all’impatto ambientale: ricercare nuovi fondi attraverso un mercato tutt’altro che sensibile all’ecologia risulterebbe un controsenso se mal gestito dal punto di vista della comunicazione istituzionale.

Anfiteatro Flavio
Anfiteatro Flavio, Nastya Dulhiier, courtesy by Unsplash

La privatizzazione del bene pubblico è un altro tema affrontato in più di un’occasione e, per ciò che concerne il Colosseo, non può essere evitata la citazione della diatriba nata dalla volontà di Andrea Della Valle, imprenditore e CEO dell’azienda Tod’s, di restaurare lo storico anfiteatro che, solo dopo molti sforzi e compromessi, ha potuto godere del finanziamento promesso dalla fonte privata. Anche in questo caso sembra emergere nel dibattito una forte spinta conservatrice che tende a non lasciare margine di attività a coloro che intravedono nel connubio tra arte e tecnologia una via per il progresso e miglioramento delle condizioni in cui giacciono molte opere di carattere pubblico come l’anfiteatro romano.

Il museo degli Uffizi si è dimostrato un rappresentante dell’area progressista di altissima caratura nel momento in cui ha preso la decisione di sottoporre al miglior offerente la possibilità di acquistare un NFT del michelangiolesco Tondo Doni. L’opera è stata acquisita da un collezionista per circa 70.000 euro, i quali sono immediatamente passati nelle casse del museo al fine di finanziarne il quotidiano sostentamento e le nuove attività di ricerca che riguarderanno il futuro dell’istituzione.

La presenza di un precedente di tale spessore potrebbe essere la chiave per un’apertura al dibattito da parte della branca più conservatrice degli amanti della storia e dell’arte antica. Il futuro ci presenterà sempre più occasioni per confrontarci con l’esigenza di aprire uno spiraglio verso l’utilizzo consapevole delle nuove tecnologie nel mondo della cultura. Il mondo dei professionisti del settore culturale sarà sicuramente un motore fondamentale capace di avviare un meccanismo virtuoso in grado di far esplorare l’oceano di possibilità che il progresso scientifico sta cominciando a porre alla nostra portata.