Alchimia di luci

Roma

Vittorio Campana, classe 1990, giovane fotografo romano sensibile e introspettivo, nei suoi scatti esprime un suo modo di vedere la realtà. Attratto dai particolari delle architetture, dà vita a immagini ordinate e lineari, dove la geometria degli spazi diventa protagonista. Linee, luci, ombre, insieme al gioco che si viene a creare dall’interazione tra questi tre elementi, caratterizzano la sua produzione.

Da sempre interessato alla fotografia, Campana inizia i suoi studi nel settore del cinema, frequentando per un anno il DAMS di Roma, e la sua passione lo porta ad avvicinarsi all’immagine fotografica nel grande schermo. Lasciata l’università, segue il corso triennale di fotografia all’Istituto di fotografia e comunicazione integrata di Roma, così da apprendere la storia e le tecniche della fotografia, iniziando a lavorare nella fotografia di moda: «Mi sono avvicinato all’architettura – racconta Campana – perché alcuni amici architetti mi chiedevano di scattare fotografie dei loro lavori, da subito mi sono sentito libero da costrizioni esterne, a mio agio, e ho avvertito che era la strada da intraprendere per esprimermi. Per approfondire le mie conoscenze nel settore ho iniziato a seguire i fotografi di architettura per imparare dai loro lavori. Mi hanno ispirato Gabriele Basilico, Iwan Baan, ma soprattutto Luigi Ghirri, dal quale sono rimasto folgorato. Trovo incredibile la semplicità dei suoi scatti e la capacità di raccontare una storia con un’immagine; ti fa sentire gli odori, i profumi, i rumori, riesce a farti immergere completamente nella fotografia».

L’artista ha sempre sperimentato sistemi alternativi alla stampa su carta fotografica per presentare le sue architetture, come la stampa su alluminio, ma cercava una soluzione che gli permettesse di non perdere la profondità dei suoi scatti e che rendesse le immagini tridimensionali. Da qui l’idea della stampa su plexiglass, che permette un particolare e singolare equilibrio tra le luci e le ombre dell’opera. L’immagine che si viene a creare con l’ombra, infatti, svela delle geometrie che sulla fotografia originaria non risaltano o non sono visibili. «Il mio intento – spiega l’artista – è creare nello spettatore la sorpresa nel percepire che l’immagine sul pannello di forex non è un’altra fotografia o un disegno, ma solamente un’ombra che svanisce spegnendo la luce».

Nei suoi lavori predilige il bianco e il nero per due motivi, uno tecnico e uno personale: un problema della stampa su plexiglas è la perdita di colore, un cielo azzurro può divenire bianco, motivo per cui diventa necessario post-produrre l’immagine per la sua resa finale, per aumentare la carica dei colori in modo che il risultato finale sia il più simile possibile al reale. Quando l’immagine è in bianco e nero questo problema è più semplice da risolvere e il lavoro si concentra sullo scatto. Ma il bianco e nero è anche il modo che ritiene più idoneo per esprimere le sue emozioni, che gli consente di dare vita a una percezione più intima della fotografia. Il gioco di luci è fondamentale nella preparazione del suo lavoro, sia quella concentrata nello scatto, sia quella artificiale che illumina il plexiglass: «Con gli anni ho perfezionato la tecnica, ho imparato che la luce delle 18 non è idonea al plexiglass, perché è arancione e si generano troppe ombre, che complicano la stampa: i colori andrebbero modificati molto al fine di rendere l’immagine al massimo, ma in questo modo avrei un risultato completamente diverso dall’originale. La luce perfetta è quella che va dalle 12 alle 13». Realizza le fotografie girando le città alla ricerca di un elemento architettonico che esprima le sue sensazioni. «Milano mi piace perché è una città internazionale in cui stanno nascendo quartieri nuovi in cui ritrovo linee e geometrie affascinanti, ma sono attratto anche da città come Lisbona, molto simile a Roma sotto alcuni aspetti, in cui sorgono architetture più classiche e colorate. Di Roma mi piace che nella stessa città convivono architetture e quartieri completamente diversi tra loro e in ognuno di loro trovo uno scorcio che mi consente di esprimere una sfaccettatura del mio essere».

Con le sue opere Campana propone una sua intima percezione di ciò che osserva, dando la possibilità all’osservatore di confrontarsi con una libera interpretazione dello spazio: «Il mio obiettivo – conclude – è trasmettere lo stesso senso di libertà che provo quando scatto, chi guarda una mia fotografia deve percepire il mio punto di vista, ma deve anche potersene creare uno proprio. Cerco di accompagnare l’osservatore in una diversa prospettiva per guardare la realtà».

L’ARTISTA
Vittorio Campana nasce a Roma il 10 febbraio 1990. Dopo aver terminato gli studi al Liceo linguistico si diploma al corso triennale di fotografia all’Istituto di Fotografia e Comunicazione Integrata di Roma. Sin da piccolo è attratto dall’arte e dall’immagine, passione che lo fa approdare alla fotografia e al cinema. La sua carriera lavorativa inizia con le collaborazioni in alcuni set cinematografici e televisivi per poi dedicarsi esclusivamente alla fotografia, riuscendo a ottenere collaborazioni con fotografi rinomati a livello internazionale. Le geometrie attraggono la sua attenzione, sia come elementi di derivazione architettonica prodotta dall’uomo, sia come tracciati e solchi presenti nella natura. Il suo percorso artistico si è sviluppato in una serie di esposizioni in italia e all’estero.