Non si può non inquadrare L’Eredità Presente all’interno di una complessa e fitta rete di contesti ed eventi che fanno parte di un ciclo di produzione culturale iniziato nel 2017 e che trova un suo giro di boa circoscritto alla chiusura del 2019. Stiamo parlando del festival di performance prodotto e curato dalla galleria Myymälä2 all’interno del progetto di Collective Intelligence e incluso nella programmazione di BAM Biennale Arcipelago Mediterraneo. È stato realizzato a Palermo, tra Piazza Magione, Piazza Garraffello e la sede di Dimora OZ a Palazzo Sambuca. Luoghi e connessioni che rispecchiano, si reiterano, come ingranaggi di una riflessione che si interroga appunto sul concetto di eredità e continuità.
Prima di entrare nel vivo dell’analisi delle azioni artistiche presentate, giova mettere a fuoco e cronologicamente il lavoro sul contesto che direttamente e indirettamente viene realizzato in un breve excursus che offre una traccia narrativa, critica e progettuale.
Nel 2017 il gruppo di artisti Collective Intelligence era stato in residenza a Palermo, e grazie alla collaborazione con Dimora OZ aveva potuto giovare di un percorso creativo aperto alla cittadinanza attiva e all’incontro con artisti locali; la collaborazione continua nel 2018, quando Collective Intelligence viene selezionata da Manifesta 12 nel programma 5x5x5 con il progetto Il Traffico e nel programma degli Eventi Collaterali con KaOZ. Il rapporto con la Sicilia come luogo laboratoriale viene portato avanti anche durante una residenza artistica realizzata alla Fondazione Orestiadi di Gibellina, una città ”simbolo” di costruzione, recupero e destrutturazione dello spazio urbano. La sequenza di spazi, luoghi, gruppi, istituzioni ed eventi vertono tutti sull’idea di continuità, dove il progetto precedente mette le basi per il successivo, una costruzione realizzata in questi anni e che vede lo spazio urbano e il centro storico come dispositivo fondamentale, capace di interfacciarsi con prossimità logiche e simboliche, quali il fronte del porto composto dalla Cala/Foro italico/Sant’Erasmo e l’Orto Botanico/Villa Giulia. Grazie a questa sua contiguitá con il territorio, gli artisti, gli operatori culturali e gli spazi di ricerca artistica, il progetto L’Eredità Presente è stato promosso a livello nazionale da Kalsa Art District e inserito in Gravitas, un ciclo di talk per Transeuropa Festival sulle pratiche artistiche, sui temi sociali come il patrimonio immateriale, la mediazione culturale, gli spazi indipendenti e le pratiche di comunità.
La struttura de L’Eredità Presente porta quindi una testimonianza precisa e una volontà di unire situazioni e contesti richiamando una presenza proprio sul patrimonio materiale e immateriale e su come questo sia elaborato ma anche messo in pericolo e declinato dipendentemente da temi contemporanei quali la trasmissione del sapere analogico-digitale, il post-colonialismo, la post-verità, le migrazioni globali, la geopolitica, l’economia e l’ecologia come forma allargata di consapevolezza. La presentazione del contesto storico-urbano sviluppa proprio una cronologia che porta produzioni e azioni passate e presenti sul concetto di continuità. La presenza del mare, le caratteristiche architettoniche e botaniche dei quartieri del centro storico sono stati un humus fondamentale che ha richiesto appuntamenti ciclici. Una lunga semina che rientra nella ricerca di Egle Oddo che ha ideato e coordinato il festival. È un’artista transmediale che coerentemente col progetto Ark of Seeds, propone a Piazza Magione una semina che già aveva raccolto una sua azione durante Manifesta 12 e che partendo dalle suggestioni di Gilles Clément, trova il supporto e la collaborazione con il dipartimento di biologia vegetale STEBICEF dell’Università di Palermo. Le piazze coinvolte dalle performance sono piazze ricche di storie e contraddizioni. Piazza Magione è una ”non-piazza” sorta sul perimetro dei palazzi abbandonati e distrutti dalla seconda guerra mondiale, dall’abbandono del centro storico durante il boom economico e da un piano urbanistico (il primo del 1946-47 e poi del 1962) che sullo stile del sacco di Palermo, aveva espropriato e abbattuto numerosi palazzi per la costruzione di una arteria che unisse la nuova Via Roma con il mare; speculare a Piazza Magione, nel mandamento storico di Castellammare e alla Vucciria, Piazza Garraffello si apre con la fontana recentemente restaurata del Garraffo e due edifici, Palazzo Lo Mazzarino, coperto dalle impalcature per il suo restauro, e un edificio sventrato, una voragine dove durante Manifesta 12 Timo Tuhkanen aveva lavorato all’imbiancatura di un muro, ”un’opera al bianco” riattivata con l’intervento ”Aggiustare”, durante il secondo giorno del ciclo di performance dell’Eredità Presente, che nell’edizione di BAM e nel tema di quest’anno dell’Über-Mauer (un neologismo che si traduce nell’oltre/super/muro), si circoscrive all’interno di una costruzione che nel centro storico di Palermo richiama l’idea di patrimonio materiale e immateriale, architetture sociali e di comunità. Sempre sul muro come luogo immaginifico, Oliver Whitehead con Barely Visible ha riprodotto a polvere di carbone alcuni stencils raffiguranti forme umane archetipiche in azione. Le leggerissime silhouettes aleggiano su l’arricciato del muro in bilico tra la rappresentazione di un’impronta passata o la prefigurazione di qualcosa che sta per apparire. Due location, Piazza Magione e Piazza Garraffello, che raccontano con la loro forma e sostanza l’esperienza del dopo-guerra e che rientra fra i focus del festival. Un’oscillazione spaziale che è stata catturata da un movimento spazio-temporale nell’azione performativa di Roi Vaara, performer considerato a livello mondiale per il suo lavoro, sia come artista solista che con il gruppo Black Market International, provocando continue controversie nel mondo dell’arte già dall’inizio degli anni ’80. L’azione Pendulum si è realizzata attraverso la deformazione di una trasmissione radio, elaborata tramite l’oscillazione di un microfono come un pendolo, cadenzando il luogo di Piazza Garraffello attraverso una sorta di tappeto sonoro. Si passa dunque dall’indagine spaziale sul piano fisico ed eterico (la selezione casuale di trasmissioni radio), al sovvertimento filosofico simbolizzato dal microfono, strumento che di norma conferisce autorità al suono, qui posto invece come dispositivo di (de)selezione e destrutturazione del potere.
Leonardo Ruvolo, Claudia Di Gangi e Vishnu Vardhani Rajan si sono concentrati sul tema del retaggio. Il primo partendo dalla de-costruzione della parola ”together” fino ad arrivare a un quadro intimista del proprio ricordo come luogo della propria identità-definizione-disidentità, un esser corpo-memoria, corpo protettivo-proiettivo che è stato dispiegato da Claudia Di Gangi, giovane artista palermitana, con una modellazione ”terrestre” di un blocco d’argilla circoscritta da una ciotola trasparente, una plasticizzazione di se stessi che è diventata ”essere” e poi ”pelle” e SÉ, attraverso il gesto di cospargere l’argilla sul proprio corpo denudato e sparire nel buio. Per riapparire, poi, con una proiezione di immagini e personaggi di una seduta di costellazioni familiari (modello terapeutico sistemico creato da Bert Hellinger) come tema ”celeste” sul ventre pregno di donna-artista al settimo mese di gravidanza.
Relazioni e correlazioni, pattern, leggibili anche nella performance di Vishnu Vardhani Rajan, un rituale ”connettivo” attraverso alcuni lanci di fili di cotone verso il pubblico, un momento di connessione e superamento a ritmo di tip tap, come espressione del retaggio colonialista inglese impresso nell’origine della artista indiana. È un’indagine intellettuale e corporea al tempo stesso, dove la performer intreccia religioni, culture, divinità, metafore, miti, rituali, filosofie, addensando il tutto, durante l’azione ”Bessmyslista” a Palazzo Sambuca. Negli abiti che indossa, nella sua danza all’interno di un quadrato magico delimitato da candele accese, sopra una sorta di altare con offerte di frutta e bevande in richiamo alla Madre Terra, nel suo incedere maestoso e consapevole che rivela, dietro la maschera, la sua fragilità e la sua forza, le intense verità dell’essere stata donna in una società patriarcale, delle lezioni essenziali apprese durante il suo cammino: femminismo, consapevolezza di genere, uguaglianza, inclusività razziale.
Shinji Kanki, pluripremiato compositore giapponese attivo anche nella scena della musica elettronica, noise e dell’underground in Finlandia ha composto per BAM Un Albero, si Alza il Vento delicata partitura musicale – eseguita con la collaborazione dell‘Orchestra Giovanile Multietnica Quattrocanti – che trae i suoi atti dalle funzioni vitali dell’albero. I partecipanti, avvolti nella cassa di risonanza del colonnato del Palazzo, si sono lasciati trasportare da questo vibrante dialogo armonico che riconnette con la natura. Si può parlare di composizione, perfetto contrappunto a quella sonora di Shinji Kanki, con quella visiva di Tomasz Szrama, che ha coinvolto il pubblico in una produzione corale per il suo Testament. Il lavoro colpisce per la leggerezza e ironia con cui viene compiuto il gesto, che si coniuga con la profondità e l’intensità del contenuto narrativo, nonché del risultato finale della performance: un’installazione composta di residui e macerie di grande potere evocativo, concettuale ed estetico. Gli oggetti sono stati presentati dal performer, distrutti, involuti e poi evoluti, attraverso una nuova grammatica spaziale, una narrazione materiale post-moderna che esprime le pulsioni occidentali di distruzione, ordine e ricostruzione, attraverso un funambolismo fra cose e la loro funzione e rappresentazione. Proprio sulla rappresentazione di parole/concetti chiave sulla contemporaneità e la memoria, il lavoro di Willem Wilhelmus che con Fading Colours si è mosso sulla modalità della mimesi, con un esercizio a volte caricaturale e grottesco ma in fondo secco e spietato, che ha visto una lenta costruzione della propria immagine capovolta tramite una composizione di strisce di carta contenenti delle brevi frasi o semplici parole che sono andati a formare una retrospettiva di tutte le performance passate eseguite dall’artista. Lo stesso senso dell’humor di Wilhelmus lo ritroviamo nella performance di Dario Lo Cicero, Spaghetti Western Migrant, la rappresentazione di un apparente primo fra gli ultimi, di chi viene da un Sud non troppo a Sud o da una povertà pur sempre europea e occidentale che, come in fondo tutto, è pertanto relativa, e che non lo risparmia dall’umiliazione dei cliché e degli stereotipi.
L’ultima fase del festival è consistita nell’allestimento live di una mostra d’arte a Dimora OZ, un’azione corale e una composizione di opere in situ che ha creato un connubio fra i lavori di Erika De Martino, Nastia Eliseeva, Liina Kuittinen, Nkosilathi Emmanuel Moyo, Mohamed Sulaiman Labat e le tracce materiali delle performances accadute durante i tre giorni del festival. La mostra è visitabile fino a metà dicembre, a Palazzo Sambuca.
Il testo dell’Eredità Presente si apriva con numerose domande: in che maniera il presente agglomerato di generazioni riesce a rapportarsi con questi problemi a livello collettivo? Che tipo di collaborazione è auspicabile per mettere in connessione i differenti saperi necessari alla risoluzione dei problemi? Qual è il ruolo che si prefigura oggi per la memoria storica?
Tre giorni dove ovviamente non si sono trovate delle risposte definitive, ma che hanno allargato la consapevolezza delle domande a nuove connessioni e ampiezze.
Foto di Angela Benivegna.