Tutti noi e tutti i nostri spazi

Laura Stancanelli lavora con lo spazio, uno spazio in cui crea scenografie o in cui si muove, come nelle performance. Opere, opere interattive e istallazioni più complesse. E, la componente umana e, ancora, quella sociale rappresentano i tratti fondamentali della sua ricerca. Le relazioni umane e le reazioni umane. Quello che accade quando le persone incontrano uno spazio e si incontrano tra di loro. Componenti in qualche modo anche plastiche e vive, composte da più parti, che fanno dell’uomo il punto a cui arrivare. Mi piace pensare al lavoro di Laura come ad un lavoro ”organico”, un lavoro che coinvolge tutti noi e tutti i nostri i sensi.

Uno tra i tuoi lavori, Listening Room, non solo chiede al visitatore di ”avvicinarsi” ma porta ad immaginare senza vedere. Quanto è importante per te la componente immaginifica. Sei molto legata al territorio e, di volta in volta, provi a costruire un progetto che sia il più possibile site-specific. Listening Room è nato a New York ma in realtà, da come mi hai raccontato, l’avevi pensato già da prima. Un’opera che si inserisce perfettamente nella Grande Mela, intesa come ”territorio” veloce e contemporaneo, un nuovo spazio da analizzare, come il suono, il rumore che rendono vivo questo tuo lavoro. Un’opera che hai anche trasformato per l’edizione di Concetrica, 2014 (Listening Room III), molto vicina a Hole sweet Home. Raccontami anche delle ”trasformazioni” all’interno del tuo lavoro, chi le muove. Listening Room III e Hole sweet Rome, sono sorelle, non è vero?

Trattandosi di un’installazione sonora è l’udito in primis ad essere stimolato. Il fruitore avvertendo l’assenza di qualcosa da osservare scruta nel buio dei buchi sulla parete, e nell’attesa della scoperta, prestando ascolto, prende forma la componente immaginifica. Immaginare senza vedere e conoscere ascoltando. L’interesse per il suono è presente da molto prima della realizzazione di Listening Room, è una presenza a cui sono molto legata, rende viva la realtà invisibile. Poi, considera che il lavoro che precede la realizzazione dell’installazione è abbastanza delicato e complesso, interagendo con luoghi, persone e oggetti, vivo in prima persona il tempo presente dell’incontro. Riguardo l’installazione di Concentrica è in linea con Listening Room, concettualmente e formalmente molto simili; in quella occasione il visitatore si trovava di fronte ad una grande voragine nella quale rifletteva la sua immagine e poteva accedere all’interno della parete come in isolamento. Operazione diversa per Hole Sweet Home, ovvio il legame con il concetto di precarietà, ma con l’inserimento di una minuscola natività fatta di molliche di pane. Filo conduttore la costante condizione di precarietà.

Il tuo rapporto con quello che ti circonda anche quando non pensi a progettare un’opera, intendo quell’aspetto naturale che ti cattura e che ti fa pensare. Cosa ti rapisce di più quando sei in giro e qual è l’attenzione che dai alla componente armonica di quello che vedi. L’altro pomeriggio dicevo ad un amico quanto sia attratta anche da quello che non è immediatamente bello, e qui intendo, sia il decadente, sia il “brutto” (il brutto per la maggior parte!).

Scherzando mi dico di avere il ”disturbo dell’attenzione” perché mi distraggo facilmente, è come se sentissi amplificato dentro di me il riverbero di quel che mi circonda, che sfioro o incontro. Vivo una costante condizione di pace immersa nella natura, ogni fruscìo, ogni verso di uccello, ogni suono che fa sentire la sua presenza cattura la mia attenzione. L’armonia della natura mi fa spesso riflettere come l’essere umano non ne abbia appreso l’esempio. Cresciuta in una piccola città meridionale vivo come molti un sentimento di amore e di amarezza, conosco e scopro ogni giorno la bellezza e il potenziale dei luoghi che vivo, il disincanto però è una costante: luoghi abbandonati, ambienti degradati, anime emarginate. Nel corso della mia vita ho avuto la possibilità di vivere e collaborare all’interno di comunità di recupero e di integrazione sociale, questo mi ha reso più consapevole e attenta a volgere maggiormente sguardo e ascolto a ciò che solitamente si preferisce essere indifferenti.

 

Il corpo. Spesso ci sei anche tu nei tuoi lavori. Tu con il tuo corpo. Con un sapore cinematografico, se penso a Anima e Elementi, che mi ricorda alcune immagini di Jim Jarmusch, ma soprattutto quando penso a Natura Umana. Punto di partenza, una performance a due tempi che hai ideato insieme a Ehab Halabi Abo Kher, che ho visto quando vi ho invitati ad una rassegna in Calabria nel 2016. Tu, le incertezze, le fragilità. La natura e l’appartenenza. Tu e il tuo corpo.

Sai non avrei mai immaginato di appassionarmi tanto alla performance, di riuscire ad esprimermi attraverso il corpo. Sono un tipo abbastanza estroverso, ma sin da bambina in certe situazioni provavo invece un po’ di imbarazzo ed ero perennemente in conflitto con me stessa e il mio corpo. Ricordo molti dei miei compleanni sempre allo stesso modo, io con un’espressione arrabbiata, come se qualcuno mi avesse fatto qualche torto, stare al centro dell’attenzione mi rendeva particolarmente nervosa, e poi, alla mia prima partecipazione ad un’esposizione, sotto la spinta di un’artista, nonché mia docente Rosaria Iazzetta, mi presento proprio con una performance (Askatasuna, Ustrumbu 2011). È stato incredibilmente coinvolgente, è come se già sapessi cosa e come fare, forse perché era troppo importante ciò di cui volevo parlare. Sperimentandomi con la performance ho scoperto qualcosa in più su me stessa e sinceramente credo che mi abbia reso più forte e ad avere maggiore fiducia in me stessa. È stata necessaria per incanalare un’energia che altrimenti avrei sprecato in rabbia e angoscia, finendo per disintegrarmi. Nelle performance esprimo certamente qualcosa che rientra nella mia sfera personale, ma in realtà tutto parte dalla collettività. La motivazione nella condizione umana.

Libertà. Parliamo di libertà. Cosa associ a questa parola, limiti ed espansioni, raccontameli entrambi. Io associo a libertà l’infanzia, l’infanzia e i suoi ricordi. E quando penso a lei penso al vento. Penso ad una discesa veloce, silenziosa e ventosa nel sole (forse in bici e senza freni). Qual è la tua immagine di libertà. I tuoi sogni e le tue evocazioni quando la senti, la vivi o quando ci pensi. E Askatasuna, raccontami anche di quest’opera.

La prima immagine che mi viene in mente: una donna come ”pizzicata dalla tarantola”, che balla scatenata con espressione compiaciuta! Libertà è sentirsi pienamente se stessi, come la spontaneità dei bambini piccoli. Nasciamo con la propensione verso la libertà per poi diventare schiavi di un sistema, di un modo di vivere che non abbiamo mai scelto, vivendo l’eterno contrasto tra l’assurdità della vita e il senso di concretezza che diamo ad essa. Mi fa piacere che mensioni Askatasuna, ”Libertà”, performance e installazione audio-video realizzata assieme alla collega Paola Ascone, chiaro è il riferimento alla lotta per l’indipendenza del popolo basco. Noi, però, con la nostra azione performativa parlavamo di violenza. Violenza personale, subita privatamente, nascosta agli occhi di tutti, e violenza sofferta in maniera collettiva, quella che riceviamo quando chiediamo giustizia ad uno stato civile durante le manifestazioni nelle piazza delle grandi città. Siamo state abbastanza dure nella realizzazione di quest’opera, probabilmente anche immature nel caricarla di elementi simbolici, ma era necessario per gridare una verità, e per essere stata la nostra prima esperienza performativa, è stata una grande soddisfazione, una liberazione. 

 

Territorio, spazio. Sei appena tornata da SelliON Motion Village. Una sensazione dopo il rientro. E, c’è un posto in cui vorresti andare… Se pensi ad una parte del mondo, senza pensarci troppo. Un posto a freddo.

L’esperienza di SelliOn è stata molto stimolante, un’occasione davvero importante per me di collaborare nuovamente con il caro amico e artista Ehab Halabi Abo Kher al terzo capitolo di Natura Umana. PASSATO_PRESENTE/PRESENTE_ASSENTE, e questa volta rapportandoci direttamente ad un territorio e alla sua storia, realizzando installazioni audio nelle case abbandonate del borgo. Natura Umana nasce nel 2016 dalla condivisione di medesimi intenti narrativi, dalle tematiche comuni dei nostri lavori, ci sarebbe molto di cui parlare e avrei piacere farlo assieme ad Ehab, te la butto lì, fatecelo sapere quando siete pronti. Un posto dove vorrei andare? In particolare non saprei dirti, non ho visitato molto il mondo, potrei farti un’elenco: Cuba, Cambogia, Nuova Zelanda, Giappone, India…