Gian Maria Tosatti al Madre

Approda al Museo Madre il monumentale progetto che l’artista romano Gian Maria Tosatti (1980) ha realizzato a Napoli dal 2013. Sette Stagioni dello Spirito è stata raccontata più volte come un’indagine sui limiti del bene e del male nell’uomo, un viaggio spirituale – e indubbiamente lo è – ma la conclusione a cui si è giunti riguarda prima di tutto un’intromissione fisica tra le maglie sporche e abbandonate di una città meravigliosamente dannata, dove “i barometri non segnano più nessun grado, le bussole impazziscono”, un posto che è stato teatro e attore fondamentale di una drammaturgia visiva che Tosatti ha scritto da quando è arrivato a Napoli, decidendo di farsi scortare da Santa Teresa d’Avila e dal suo Castello Interiore. La mostra, a cura di Eugenio Viola, ne racconta le parti fondamentali e si pone come l’istituzionalizzazione di un’esperienza che ha avuto anche il merito di riscoprire la città in alcuni dei suoi angoli più dimenticati. Un’esposizione che propone un’analisi interna alla realizzazione del ciclo, a partire dallo spazio della project room del museo partenopeo, in cui è stata allestita una parte dello studio dell’artista, con pavimentazione originale, teoria per ricordi visivi affidata a negativi di polaroid e una teca col diario-sudario. In un ambiente adiacente un film ripercorre il lungo making of del progetto. La mostra prosegue al secondo piano, dove Tosatti dà luogo a un’autentica invocazione alla Musa, Joseph Beuys, affiancando oggetti e ricordi del suo percorso alla celebre opera La Rivoluzione siamo noi, rendendo in qualche modo omaggio anche alla collezione del museo. Le successive sette sale, definite dall’artista “stanze mentali”, raccontano le stagioni dello spirito tosattiane, attraverso disegni preparatori, numerosi e simbolici prelievi dalle installazioni originali e didascalie ragionate e concepite come un supporto anche per chi non ha avuto modo di seguire negli anni le varie fasi del progetto.

Quando nasce l’idea di fare una mostra finale?
«L’idea iniziale era quella di fare una mostra all’interno del mio studio alla fine di tutto il percorso. Sette installazioni più una mostra come sudario. È un pensiero che mi porto dietro dalle prime fasi del mio lavoro».

Sette Stagioni dello Spirito è un progetto che si è basato su una forte empatia tra te e il tessuto urbano e sociale napoletano. Si è rivolto alla città di Napoli e a suo modo l’ha stravolta. Perché poi concluderlo in un museo?
«Sono arrivato a Napoli nella stessa settimana in cui Andrea Viliani è diventato direttore del Madre. Abbiamo ragionato insieme sulla possibilità di destinare quest’ultima parte del progetto, la mostra, al contesto museale. Si voleva che la parte importante fosse dedicata alla città, al popolo, ma ugualmente si pensava di concepire la mostra come un inchino, un ringraziamento, un presentarsi alla fine dell’artista a Napoli e al suo cospetto. Ed è andata esattamente così».

Negli anni hai spesso sottolineato l’importanza dello spazio pubblico e di chi lo attraversa. Questa mostra è anche un tentativo di fare da ponte tra un’esperienza iniziale concepita tra la gente e per la gente e un museo d’arte contemporanea?
«I musei devono essere portatori di significati importanti e devono essere capaci di intercettare anche i bisogni della società. E il Madre ha cercato negli ultimi anni di coinvolgere molto la città. Sì, la mostra funge anche da invito, a tutti quei cittadini che hanno partecipato e vissuto da vicino il mio progetto, a trovare la strada verso il museo e cominciare ad abitarlo, a rendersi conto che questa è anche casa loro».

Cosa significa per te Napoli oggi?
«Prima dell’esperienza napoletana vivevo a New York. Quando mi sono trasferito ero alla ricerca di qualcosa che sapevo di poter trovare solo qui. Napoli mi ha insegnato quali sono i limiti del bene e del male nell’uomo e tutto ciò che si trova nel mezzo, e lo ha fatto con una precisione disarmante. Napoli è un presente sospeso, perpetuo, una città miracolosa. Proverò a tornare ad abitarci».

Fino al 20 marzo 2017; Info: www.madrenapoli.it

photo Amedeo Benestante

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