Palinsesto Urbano

Indagare lo spazio ridonando fluidità sia alla natura che all’architettura in un’attenta analisi del vivere quotidiano dove attraverso la specularità delle immagini le persone finalmente si rincontrano. Gli ultimi lavori di Alberta Pellacani hanno una visione piuttosto onirica del nostro territorio di cui l’artista attraverso i suoi Palinsesto Urbano ci offre una visione molto introspettiva ma che al tempo stesso invita a ampie e interessanti riflessioni.

Nelle immagini realizzate a Venezia e Mantova hai fatto emergere degli aspetti nascosti di queste due meravigliose città con le quali si capisce che è nata una forte empatia. Quali sono stati i momenti più sensibili durante le riprese e cosa cercavi in particolare da questi due territori?
«Da tempo cercavo una modalità di ripresa video e fotografica che permettesse di calarmi nell’ambiente stando nell’azione, ma aperta alla comprensione degli accadimenti e della volontà altrui. Porre l’intenzione del progetto e accogliere l’altrui era un’esperienza già fatta nei progetti partecipati, ma traslare e superare l’intenzione progettuale senza tradire l’opportunità del caso, era insperato per me fino a qualche anno fa. La modalità diretta ed esperienziale del lavoro di ripresa, mi ha permesso di ‘respirare’ da vicino queste due città, diverse tra loro per storia e ambiente e accomunate dall’attraversamento dell’acqua: l’una Venezia sempre perfetta e in décolleté, l’altra Mantova riservata, esigente, da scoprire. La luce della laguna avverte della vicinanza del mare, mentre l’apparente immobilità del fiume Mincio e dei laghi che avvolgono Mantova creano uno stato di sospensione, come una distanza dal tempo protetti dalla lussureggiante vegetazione che accompagna le acque fino al mare. Il fiume è stato una scoperta inaspettata, una dimensione unica emersa nei tre mesi di lavoro dall’antico Porto Catena verso il Po. Ricordo quando ho visto per la prima volta le immagini nella telecamera, era di mattino presto, a dicembre nei canali dei quartieri popolari di Venezia ed è stato indimenticabile. In modo dinamico le immagini delle abitazioni si definivano ai bordi per poi svanire al centro fagocitate dal movimento. Proprio ciò che cercavo per connettere il mio pensiero all’immagine sulla città senza cadere in soliti stereotipi. Suggerendo il principio per il quale di ciò che facciamo esperienza rimangono piccoli frammenti sedimentati nella memoria e solo a distanza possiamo pensare di comprendere, forse, cosa è stato il nostro vissuto. Tanto va perso e distorto, così di Venezia ho cercato punti insoliti, periferici, appostandomi di nascosto sotto ai ponti, o dietro gli affacci dei palazzi; e di Mantova ho inseguito le acque mescolate alla vegetazione fluviale fino ai monumenti che hanno accolto l’elemento acqua nella struttura architettonica».

Un altro aspetto particolare dei tuoi lavori è questa trasformazione sia fluida che speculare, ma meglio dire “riflessiva”, dell’ambiente in cui l’elemento acqua gioca un ruolo fondamentale. È così anche nella tua vita?
«Prerogativa femminile è andare in profondità. Lo scavo nella scrittura di autrici come Emily Brontë, Grazia Deledda, Elsa Morante, Virginia Woolf o amiche scrittrici e poetesse quali Elvira Seminara o Isabella Scalfaro sono assonanze traslate nella pratica della ricerca visiva, che per me inizia sempre dalla scrittura, dalla stesura del progetto molto tempo prima del fare. Riflessione e intuizione vanno di pari passo; terra e antenna due polarità che se ben equilibrare allungano lo sguardo creativo. Dalle prime installazioni degli anni ’90 mi sono interessata di adattamento quale metafora di umano e natura declinato nei capovolgimenti viventi di alberi che crescono tuttora a testa in giù; o nei ritratti di sorrisi speciali, ambigui tra la gioia e dolore, due estremi molto simili nelle smorfie dei volti, tra normalità e anormalità, segni appena decifrabili in leggerissimi acquerelli per impegnare l’osservatore a trovare una risposta a un dubbio d’interpretazione, quindi interessare un osservatore distratto (rif. Polittico degli eletti/1995). Cambiare il punto di vista, proporre diversi punti di vista è uno dei componenti che ricorrono nella mia ricerca anche in questi ultimi Palinsesti dove l’acqua è l’elemento che mi porta».

Trovo nelle tue immagini anche una sorta di monito nei confronti del rispetto dell’ambiente. Non a caso evidenzi “una perpetua e costante distonia/armonia” fra la natura e le architetture realizzate dall’uomo?
«È indubitabile che sul pianeta Terra non rimarrà la Vita. In un futuro molto lontano la Vita sarà su altri pianeti; guardando a oggi è utopistico pensare che l’uomo cambi in meglio, basti osservare ciò che sta succedendo. Visivamente proporre ciò che non si vede più per distrazione, per ignoranza, disinteresse e quindi nuove osservazioni di collegamenti, transiti, stratificazioni urbane nel contatto tra gli elementi umani e naturali. L’ accorgersi a dispetto di uno sguardo pigro è il primo e più difficile dei passi; attenzione contro distrazione, la cosa più semplice che risulta essere la più difficile. Il lavoro di scavo interiore è proporzionale all’attenzione verso ciò che mi circonda e dunque l’ambiente, il paesaggio, quale occasione di riflessione sul senso. Sono interessata alla ricerca di un equilibrio che arriva dal passato, in Italia ho a disposizione città antiche con cui proseguire questo lavoro».

Concludiamo con una domanda di rito. I tuoi prossimi appuntamenti e progetti?
«L’appuntamento più ravvicinato sarà venerdì 7 ottobre a Mantova alle Beccherie di Giulio Romano in pieno centro, con la videoproiezione in un’unica data di Palinsesto urbano MN||02 atto primo. Location suggestiva quella del sottoportico del Romano un tempo luogo di macellazione delle carni. Le acque provenienti dal Lago di Garda passano accanto creando un legame con la visione del video, mescolandosi al suono originale di Roberto Memoli. Nel prossimo anno presenterò le immagini fotografiche e i miei schizzi di viaggio foto luminescenti, che chiamo ‘senzaLUCE’. Andranno ad accrescere il taccuino degli appunti veneziani facendo riferimento al flusso di immagini, tra memoria e oblio che dipano al mattino nel dubbio di aver ‘copiato’ l’arte, la realtà o di aver immaginato tutto. Guardando al 2017 inizierò entro l’anno lo studio per le riprese di un nuovo Palinsesto su Torino, che insieme a Roma sono le città su cui vorrei lavorare».

Info: albertapellacani.it

 

 

 

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