Per i non milanesi la zona dei Navigli è il luogo della movida, dei mercatini dell’antiquariato e dei negozietti vintage. Per i milanesi, di nascita o d’adozione, invece, sono (forse) uno degli ultimi baluardi della vecchia Milano, una fortezza che racchiude tesori umani e urbani di raro splendore da scoprire pian piano con stupore e meraviglia. Nel crocevia sempre congestionato di macchine, dove i due navigli si incontrano, ha preso vita Edicola Radetzky, un luogo espositivo dedicato a ospitare opere site specific in stretto dialogo con la città, i suoi ritmi, il suo mutare, le sue memorie; un punto ideale della città nel quale rendere vera la mission di Progetto Città Ideale, collettivo nato a gennaio 2015, vincitore del bando comunale di quattro anni per la riqualificazione e promozione culturale di un luogo storico di Milano (la vecchia edicola asburgica, appunto).
Mirko Canesi, Fiorella Fontana e Stefano Serusi, tre artisti operativi a Milano e uniti dal comune interesse per la definizione del ruolo dell’artista e dell’arte nella società, attraverso i loro progetti hanno sempre attentamente riflettuto sullo spazio pubblico come luogo di sperimentazione, sia per quanto riguarda la progettazione che l’esposizione. Anche il restauro dell’Edicola è stato un momento che possiamo definire performativo (Cantieri Radetzky) che ha coinvolto sia gli artisti che gli stessi residenti del quartiere e che, come una vecchia locomotiva a vapore, ha trasportato il progetto di riqualifica dal piano concettuale a quello concreto con l’inaugurazione della mostra, L’imperatore era un Vecchio, di Daniele Carpi il 23 aprile, primo capitolo del ciclo espositivo dell’Edicola denominato Prima Stagione.
Alla vigilia dell’apertura del nuovo polo creativo, abbiamo incontrato Fontana, Serusi e il direttore artistico di Edicola Radetzky Andrea Lacarpia, per capire meglio la natura di questa impresa e per ascoltare i loro racconti sull’installazione di Carpi. In mezzo, fra la via luccicante del Naviglio Grande e la città che sale, una teca verde e trasparente si sta riempiendo di piante che la invadono fino alla copertura emergendo da un basamento di terriccio e insinuandosi anche sui baffoni del busto dell’imperatore Francesco Giuseppe d’Austria, troneggiante in atteggiamento decadente al centro del micro cosmo, che mi appare come una fantascientifica time capsule. Andrea spiega, allora, che l’opera di Carpi, è come «una terra di mezzo fra i due enti principali della realtà, natura e cultura, in cui interno ed esterno si uniscono nello stesso perimetro». La ricerca di Carpi indaga la ridefinizione di forme concrete e idealizzate, e si esprime nella sovrapposizione di vita biologica e stratificazione culturale nella quale la natura selvaggia invade la città (luogo per eccellenza dell’ordinamento civile) come un’apparizione interrompendo la continuità delle costruzioni che la caratterizzano.
La luce è un elemento predominante all’interno di questo progetto: lo spazio è fruibile a tutte le ore del giorno e muta di aspetto al mutare dell’illuminazione. I vetri che delimitano l’Edicola costruiscono così un paesaggio di riflessi nel quale sembra s’incontrino le immagini della città che corre con l’esotico paesaggio senza tempo al suo interno. Una declinazione effimera e personale dell’altrove, «inteso – continua Andrea – come spazio metaforico nel quale vengono proiettate le energie primarie che legano l’uomo alla natura originaria». La città appare, così, del tutto inaspettata e teatro per la creazione di una nuova mitologia urbana; l’elaborazione di un linguaggio simbolico legato all’archetipo, che si ripete inevitabilmente e che costituisce la base per la creazione è sintomo dell’evoluzione dell’essere umano e metafora della crescita personale, della sua storia, ma ne costituisce anche un trauma provocato dall’allontanamento dallo stato naturale originario.
«L’opera di Carpi, parzialmente ispirata al romanzo La marcia di Radetzky di Joseph Roth e al saggio Homo Sacer di Giorgio Agamben, racconta così la provvisorietà delle norme definite dalla civiltà degli uomini rispetto alla naturale rigenerazione della vita» rappresentata sfacciatamente da un ramo di rampicante che esce dal recinto dell’Edicola a ricordarci che «la natura va intesa come fondamentale, forza vitale che agisce rinnovando le forme della cultura».
Parallelamente a ogni ciclo di mostre, all’interno del Punto Enel di Via Broletto 44 (tra i sostenitori del progetto) verrà esposta un’opera dello stesso artista presente nell’Edicola con un reciproco rimando tra un luogo e l’altro. La riscrittura della città riguarda, in questo caso, un intero quartiere e incontra l’interesse di Progetto Città Ideale per lo spazio pubblico da interpretare. Fiorella e Stefano spiegano che la centralità del loro progetto è rivolta a portare gli artisti a riflettere, rileggere e ridisegnare la città prediligendo quei luoghi urbani dall’importanza storica ormai dimenticata; l’artista assume un ruolo fondamentale per creare sia una nuova idea di cultura che per creare dei collegamenti diretti con lo spazio urbano, divenendo un vero e proprio lavoratore nella e per la società, che predilige la forma e meno il concetto nello svolgere un’operazione volta a portare ordine tra confusi riferimenti visivi che travolgono la percezione (e il ricordo) della contemporaneità. Durante il periodo del cantiere le memorie del quartiere sono emerse dalle acque dei navigli attraverso il racconto dei milanesi che lì vivono da sempre e che hanno deciso di partecipare spontaneamente alla ristrutturazione della cabina. Racconti che, nella visione dello spazio espositivo, si sono come cristallizzati in questo scrigno magico, l’Edicola, che è al contempo passato presente e futuro.
Info: www.edicolaradetzky.it