La casa è un luogo dove ci sentiamo e dove ci dobbiamo sentire protetti. Ma cosa significa casa quando si vive in campi temporanei, costruiti con mezzi di fortuna dai migranti? Questa è una delle domande alla base della ricerca fotografica dell’italiano, di base a Bruxelles, Marco Tiberio. Una possibile risposta è nella serie intitolata, non certo a caso, Invisible cities, architecture of exsodus nella quale il fotografo immortala le costruzioni di fortuna dei profughi in fuga verso l’Europa. Architetture basilari che diventano espressione della cultura di chi le ha costruite, alcune diversissime tra loro, altre molto simili, tutte presentate in una stile distaccato ma che nasconde un dialogo con gli architetti improvvisati da parte dell’autore.
Scorrere l’intera serie è un modo per sfuggire alla standardizzazione dell’informazione che ci viene propinata, dove dei migranti viene mostrato solo quello che ci si aspetta: povertà e disperazione. Tiberio getta invece uno sguardo nuovo su un tema che come dimostrano anche le scelte fatte da Ai Weiwei non è certo estraneo agli artisti. Info: www.tiberiomar.co