Resort mirage

Matteo Nasini gioca con le aspettative per la sua prima personale da Operativa arte contemporanea inaugurata ieri sera. Chi conosce il lavoro dell’artista (qui l’intervista) si aspettava un organo eolico enorme. L’organo c’era, grande era grande (canne di legno bianco dipinte, di varia altezza, forate e installate sopra un tappeto colorato nel primo dei due ambienti dello spazio). Poco chiaro come quest’organo eolico avrebbe suonato fra quattro mura, senza vento. Ci si aspettava un colpo da maestro. Nella bonaccia della galleria, se così possiamo dire, l’organo, invece, rimane muto. Le canne diventano totem di una fantastica tribù e impongono solo se stesse in un rapporto frontale, come una sfida, con l’osservatore. Nasini, insomma, costringe chi lo guarda a concentrarsi sulla struttura immaginando il suono che da questa, con il vento, potrebbe scaturire. Un suono in potenza.

Ma una musica c’è, e spiazza chi non ne capisce subito la sorgente. Il grande organo, come prima, è muto. Ma si scopre un ventilatore. Davanti delle pale rotanti poggiano delle canne d’organo più piccole, forate, amplificate e attaccate a un mixer. Un cavo giallo, come un topo, corre lungo il battiscopa fino alla seconda stanza. Un amplificatore finalmente riproduce il suono. Quello, così, che potenzialmente potrebbe suonare, rimane in silenzio e quello che suona lo fa in un’altra stanza. L’artista con la complicità della curatrice Ilaria Gianni mette in scena tecniche di depistaggio che ingannano lo spettatore confondendo il rapporto fra struttura e funzione come un miraggio nel deserto. Resort mirage non per caso è il titolo della mostra.

Nella rottura dell’ordine fra struttura e funzione viene però a crearsi una nuova disposizione degli elementi, un ordine nuovo, così funzionale da essere quasi didascalico. Nella prima stanza troviamo solo elementi visivi, nella seconda solo il suono. I due ambienti, separati in teoria, trovano un’unione nella pratica dovuta alla natura difficilmente confinabile del suono che si propaga indisturbato in tutta la galleria. Suono artificiale che si differenzia dalla produzione abituale dell’artista. Nasini solitamente preferisce che sia il vento a decidere quando, se e come far suonare i suoi strumenti, lasciandogli in mano la forma sonora e la definizione di una musica aleatoria. Il ventilatore e l’amplificazione, invece, sono strutture che umanizzano il disumano processo della musica casuale.

Fino al 7 giugno; Operativa arte contemporanea, via del Consolato 10, Roma; info: www.operativa-arte.com

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