Il Mufoco rischia la chiusura, i lavoratori lanciano un sos con una lettetra aperta

Cinisello Balsamo

È una lettera aperta quella che segue, scritta dai lavoratori del Mufoco, il Museo di fotografia contemporanea di Cinisello Balsamo che ha da poco compiuto 10 anni. (Qui l’intervista alla direttrice Roberta Valtorta). Un sos lanciato per la rete perché la struttura con il mancato sostegno da parte della provincia rischia una situazione di forte instabilità economica o peggio la dispersione del ricco patrimonio che il museo conserva fra le sue stanze.

”Questa è la storia di un posto unico, fatto da persone uniche. Una storia che nasce dieci anni fa e che oggi rischia di interrompersi precocemente. E’ la storia del Museo di Fotografia Contemporanea e dei suoi lavoratori. Il Museo di Fotografia Contemporanea è stato fondato nel 2004 da Provincia di Milano e Comune di Cinisello Balsamo e possiede oggi un patrimonio di oltre 2 milioni di immagini che datano dal secondo dopoguerra ad oggi e 20 mila volumi dedicati alla storia della fotografia. Una collezione di importanza nazionale che comprende i più grandi autori italiani e stranieri – tra i quali Gabriele Basilico, Letizia Battaglia, Fischli&Weiss, Gianni Berengo Gardin, Luigi Ghirri, Candida Höfer, Mimmo Jodice, Uliano Lucas, Federico Patellani, Ferdinando Scianna, Thomas Struth – e l’archivio analogico dell’agenzia Grazia Neri, che ha raccontato per immagini la storia del nostro Paese degli ultimi 40 anni. E’ l’unico luogo in Italia, tra quelli dedicati alla fotografia, voluto, fondato e amministrato da Enti pubblici per promuovere la cultura dell’immagine e lo studio della fotografia come veicolo di crescita per la società e come fondamentale strumento di consapevolezza per affrontare la complessa civiltà dell’immagine. Fin dalla sua nascita, ha posto un’attenzione particolare al rapporto con il pubblico, ideando e sperimentando una serie di progetti di arte pubblica che hanno coinvolto un gran numero di cittadini e aperto le porte a pubblici nuovi e che ne fanno un’esperienza all’avanguardia in ambito non solo italiano. Il Museo è nato in un’ottica di Città Metropolitana ante litteram, azzardando una triplice scommessa: valorizzare un’arte che in Italia non aveva ancora trovato il riconoscimento di un’istituzione dedicata; ragionare su Milano e hinterland come un corpo unico, sviluppando nuove funzioni pregiate in aree decentrate; sperimentare un concetto contemporaneo di Museo come istituzione permeabile, aperta, interattiva, rivolta ai cittadini di ogni provenienza, età e livello culturale. Questa, pur tra tante contraddizioni e difficoltà tipiche del sistema italiano, la sua mission educativa e culturale. Una mission che si è evoluta e precisata in questi dieci anni anche grazie all’apporto di personale altamente specializzato e insieme estremamente duttile. Siamo noi, i lavoratori. Con i nostri sogni, desideri e problemi. Un gruppo formato da persone con competenze artistiche, comunicative e gestionali che hanno scelto di scommettere la propria vita professionale – e non solo – in un’impresa mai tentata prima. Era un azzardo, ma eravamo giovani, forti, pronti ad ogni sfida, animati da una grande tensione civile. In dieci anni abbiamo avuto modo di crescere, specializzarci, formare un bagaglio unico di conoscenze nel campo della fotografia e dell’arte contemporanea. Qualcuno ha preso altre strade, altri sono arrivati, tutti abbiamo combattuto giorno dopo giorno per un ideale comune. Anche se da quattro anni nuvole nere si addensano al nostro orizzonte, la fiducia e la speranza non sono mai venute meno. Abbiamo inaugurato mostre non sapendo se saremmo riusciti a ricevere lo stipendio, condotto laboratori nella speranza che i fornitori e i collaboratori sarebbero stati pagati nei tempi giusti, richiesto più volte una programmazione a lungo termine che avrebbe valorizzato il nostro lavoro e semplificato la nostra vita. Abbiamo atteso fiduciosi risposte dalle istituzioni che non sono mai arrivate. Nel frattempo siamo diventati grandi e come tutti abbiamo figli, mutui (anzi, affitti perché i mutui non ce li danno), rate della macchina, piccoli e grandi sogni da realizzare, ostacoli quotidiani da superare. La precarietà progettuale e contrattuale che viviamo continuativamente sta minando il nostro lavoro di operatori della cultura. Il mancato sostegno al museo da parte della Provincia significa per noi l’apertura di una crisi economica insanabile. Una crisi che porterebbe alla dispersione di un patrimonio storico e artistico unico ma anche alla perdita dell’inestimabile valore aggiunto delle nostre competenze ed esperienze, acquisite in dieci anni di lavoro sul campo. Continuiamo a combattere affinché vincano la speranza, la cultura, il coraggio delle scelte azzardate perché, ne siamo certi, sono le persone che con la loro tenacia costruiscono l’Italia giorno dopo giorno. I lavoratori del Museo di Fotografia Contemporanea.”

Info: www.mufoco.org