Manifesta: tra alti e bassi mancano solo pochi giorni alla Biennale

San Pietroburgo

Manca ormai davvero poco all’avvio della decima edizione di Manifesta, biennale itinerante di arte contemporanea, ma le polemiche ancora non si placano. Ogni grande evento, si sa, porta sempre con sé grandi controversie ma la crisi politica e la città ospitante sicuramente non hanno aiutato a calmare le acque. San Pietroburgo ospita, a partire dal 28 giugno, nelle sale del museo di Stato dell’Hermitage oltre cinquanta artisti nazionali e internazionali. Kasper König, accettando la curatela della Biennale, sapeva che le cose non sarebbero state semplici ma il passaggio della legge Propaganda gay, il caso Crimea hanno complicato la situazione e hanno rischiato di far saltare Manifesta. «È molto, molto interessante – dice König – ho fatto molte cose diverse in questo campo ma questa è sicuramente una nuova esperienza: un giorno mi sento profondamente depresso, il giorno dopo sono troppo ottimista, ma le persone giovani e fantastiche con cui sto lavorando mi dicono: sì, è molto difficile, ma tutto andrà bene».

L’origine della bufera risale a vari mesi fa quando, a marzo, Chto Delat, un collettivo di artisti, critici e filosofi russi, aveva annunciato il ritiro dalla Biennale, questo insieme all’artista polacco Paweł Althamer. La decisione, ovviamente, è stata un durissimo colpo per Manifesta. Per altri, invece, il tumulto si è rivelato una fonte di ispirazione: l’ucraino Boris Mikhailov ha dedicato il suo lavoro alle proteste che hanno scosso piazza dell’Indipendenza di Kiev all’inizio di quest’anno mentre la pittrice sudafricana Marlene Dumas ha creato una serie di ritratti di inchiostro e matita di noti personaggi gay e icone bisessuali. In questo clima di turbolenze, la squadra Manifesta ha mantenuto la linea che il ritiro sarebbe stato simile a una fuga e a una mancanza di rispetto verso la comunità artistica russa: «Abbiamo bisogno di passare attraverso le fasi difficili. Per Kasper, per me, per Piotrovsky, è molto frustrante –  spiega Hedwig Fijen, la direttrice di Manifesta – mi sto concentrando sul fatto che tutti i nostri artisti sono impegnati e coinvolti. In certi momenti, era come un dilemma shakespeariano: Dovremmo andare via? Dovremmo restare? Tuttavia, credo che la maggior parte degli artisti internazionali siano consapevoli che dobbiamo mostrare solidarietà». Nonostante le difficoltà, quindi, König ammette di non avere rimpianti: «Non posso risolvere tutti i problemi del mondo – dice – così vicino all’apertura, devo proteggere tutti gli artisti che ho invitato e devo lavorare nell’interesse del pubblico. Ho subito detto di sì, ma non ero sicuro di vincere. Era più come una cosa mentale, come quando vuoi fare un omaggio al compleanno di qualcuno. Si vuole creare qualcosa che sia interessante per il futuro e che non riguardi il passato. È più un’espressione di gratitudine». Info: manifesta10.org