Tobia Ravà, quasi un mistico

«Esso non rappresenta una tappa che potrebbe essere seguita da altre nuove tappe, bensì l’ultimo passo su una lunga strada, l’ultima parola dopo la quale la parola del pittore deve tacere, l’ultimo quadro creato da un pittore. Un quadro il quale dimostra eloquentemente che la pittura in quanto arte della rappresentatività, vale a dire quello che è sempre stata, si é autoeliminata».Taraboukine.

In questa contemporaneità che sembra aver messo da parte la pittura da cavalletto, in una sorta di agonia dell’oggetto museale per eccellenza, artisti come Tobia Ravà sperimentano attraverso il medium pittorico linguaggi enigmatici e dalle forti peculiarità mistico – religiose. Ravà ha affrontato durante il suo percorso professionale tematiche legate all’iconografia e alla cultura ebraica intraprendendo un sentiero artistico connotato da elementi spirituali che sfiorano il rapporto tra scienza e religione. La kabbalah, in particolar modo, rappresenta il filo conduttore di una visione legata alla numerologia. I codici numerici costituiscono l’impianto compositivo di tutto il repertorio iconologico perpetrato dall’artista. Ravà impiega i numeri per edificare il reale, costruisce un mondo dove la struttura portante del pensiero è condotta verso le illimitate possibilità concesse dalla matematica.

L’artista elabora la sua pittura grazie anche agli eterogenei supporti di cui si avvale: bronzo, raso, ceramica, alluminio divengono strumenti di elezione per veicolare il messaggio cosmico di ogni singola opera. Ravà si appropria di un’espressività gestuale che catalizza lo sguardo dello spettatore attraverso sequenze numeriche intricate che celano significati esoterici. Ogni composizione é dominata da una struttura che trascende il reale, l’illusionismo deriva dall’utilizzo di elementi simbolici che si stagliano all’interno del quadro come fossero infiniti tasselli di un puzzle in cui si articola una spazialità fittizia profondamente connaturata da ambientazioni concrete e tangibili. Ravà seduce lo sguardo in un gioco che contrappone i differenti livelli di percezione visiva lasciando l’osservatore nello spazio mistico dell’assenza.

Fino al 30 luglio, Ermanno Tedeschi gallery, via del Portico d’Ottavia 7, Roma; info www.etgallery.it

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