Architetture d’acqua

Milano

L’architettura d’acqua è un’architettura che cambia continuamente. Deve tener conto della legge del galleggiamento o prima Legge di Archimede – il peso del volume dell’acqua spostata dall’oggetto progettato immerso deve essere uguale a quello dell’oggetto stesso per non affondare -, del baricentro di una forma geometrica, del peso proprio, dell’appoggio. Il lago Maggiore, luogo entro cui gli studenti del corso sono stati idealmente chiamati ad intervenire, si trasforma in un giardino, superficie libera sulla quale una serie di padiglioni stanno, sospesi sull’elemento liquido, raggiungibili in barca e ancorati oltre che tra loro anche al fondale per mantenere la propria posizione. Formalmente gli atelier del primo anno si definiscono di introduzione all’architettura, una formula che indica un avvicinamento alla materia escludendone, o quantomeno sospendendone, il significato di una diretta appartenenza. Distinguere quando si fa architettura e quando no, ovvero quando si è ancora in un campo introduttivo piuttosto che applicativo, è rilevante perché chiede di interrogarsi su cosa sia. Questo periodo di avvicinamento gode quindi del lusso di immaginare il limite (se esiste), senza dover definire la disciplina nel suo specifico. Imparare a porsi domande senza trovare risposte precise è il primo paradosso su cui costruire le certezze del mestiere. Un progetto a cura di Atelier Blumer, USI–Accademia di architettura di Mendrisio, Atelier Verticale: Mario Botta, docente: Riccardo Blumer, assistenti: Matteo Borghi, Adrian Freire Garcia, Donata Tomasina.

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